Per capire bene cosa potrebbe accadere domani, e che senso avrà per tanta gente, soprattutto per quella più fragile e suggestionabile, vale la pena ripercorrere alcune tappe della vicenda di DJ Fabo e dall’autodenuncia di Marco Cappato.
Le ambiguità della legge 219/17 – Con l’ordinanza n. 207/18 la Corte costituzionale ha “ordinato” al Parlamento, Camera e Senato, di legiferare in tema di assistenza al suicidio (art. 580 Codice penale), e ha indicando in modo del tutto irrituale un termine entro il quale il parlamento doveva esprimersi per assicurare una corretta interpretazione della legge 219/17: quella sul fine vita, per intenderci. Perché per quanto ambigua, una legge sul fine vita c’è ed è stata varata proprio sotto il pressing emotivo indotto dalla vicenda di Fabo. Una legge che, com’è noto, apre all’eutanasia per almeno tre ragioni: legittima il rifiuto delle cure salvavita, identifica nutrizione ed idratazione con trattamenti sanitari che possono essere sospesi, e allarga l’ambito della sedazione profonda, anticamera della morte del paziente.
Ma questa legge, che ruota intorno al principio di autodeterminazione del paziente, non abolisce l’articolo 580 del Codice penale, quello che tratta del suicidio assistito, non parla esplicitamente di eutanasia e non la legalizza in modo chiaro, per cui non consente neppure il ricorso all’obiezione di coscienza. In altri termini la legge lascia la questione sospesa in una sorta di nebbia ideologica, che ha permesso a molti colleghi di votarla senza valutarne fino in fondo le conseguenze.
Cappato si accusa di aver aiutato Fabo a suicidarsi, contravvenendo all’art. 580 cp – Il Tribunale d’Appello di Milano, analizzando il caso di Marco Cappato, che in base all’articolo 580 del Cp si era autodenunciato per aver aiutato Fabo a suicidarsi, ha girato il quesito alla Corte costituzionale, chiedendo se dopo l’approvazione della legge 219/17 non si dovesse sospendere ogni condanna per aiuto al suicidio, dal momento che rientrava nel diritto di autodeterminazione del paziente. La Corte costituzionale a sua volta, recependo l’ambiguità della legge, ha rimandato il quesito al Parlamento ponendo come scadenza quella dell’udienza del 24 settembre 2019.
Il fatto ha voluto però che il Parlamento si sia trovato fortemente limitato nell’esercizio delle sue prerogative da una crisi di governo, che ha posto fine al governo Lega-M5s e ha capovolto le dinamiche di maggioranza ed opposizione dando vita ad un nuovo governo a trazione Pd-M5s.
Difficile crocevia istituzionale: Tribunale di Milano, Corte Costituzionale e Parlamento – Anche volendo prescindere da ogni giudizio circa il sovvertimento dei ruoli tra Parlamento e Corte costituzionale, così come emerge dall’ordinanza, è evidente che il legislatore non è stato in condizioni di rispondere alla sollecitazione del Giudice costituzionale nei tempi da lui prefissati.
È noto infatti che nel regime bicamerale, in vigore in Italia, quando un ramo del Parlamento inizia a trattare una questione, l’altro ramo deve attendere le sue conclusioni prima di poter intervenire. In questo caso la Camera dei deputati, pur avendo incardinato nelle Commissioni II e XII quattro diverse proposte di legge, aventi come oggetto la modifica dell’art. 580 Cp, non è riuscita a raggiungere una conclusione e il 1° agosto 2019 l’Ufficio di presidenza ha ritenuto di non poter più procedere.
Il Senato: diritto e dovere di intervenire. Non solo questione di forma! – A questo punto la questione passava legittimamente al Senato; ma eravamo al 2 agosto, a ridosso della pausa estiva, programmata a partire dal 7 agosto. A complicare le cose, l’8 agosto è iniziata la crisi politica che ha condotto a formalizzare la relativa crisi di Governo il 20 agosto. Quando il Governo è dimissionario i regolamenti parlamentari impongono la sospensione dei lavori di Camera e Senato fino alla ricostituzione del nuovo esecutivo, avvenuta il 16 settembre 2019, con il giuramento dei nuovi sottosegretari. Intanto il 10 settembre, nel corso del dibattito sulla fiducia il presidente Conte, rispondendo ad una mia precisa domanda, aveva auspicato che, prima della sentenza della Corte Costituzionale, il Parlamento potesse trovare il modo e le occasioni per approfondire la questione, sottolineando: “rapidamente”, e legiferare in materia.
Ma la prima Conferenza dei capigruppo a Palazzo Madama si è tenuta il 17 settembre e in quell’occasione tutti i capigruppo hanno sollecitato la presidente Alberti Casellati a informare, discretamente ma doverosamente, la Corte costituzionale della peculiare situazione in cui si è trovato il Senato, impossibilitato a operare. D’altra parte la XII Commissione del Senato, nel frattempo priva del suo presidente Pierpaolo Sileri, diventato viceministro della Salute, non ha ancora avuto la possibilità di istruire per l’Aula i disegni di legge su questo tema a (n. 912 Mantero, n. 966 Marcucci e n. S. 1464 Binetti), non essendosi ancora potuta riunire formalmente.
Parere della Corte e ruolo del Parlamento: l’approccio filoeutanasia dell’ordinanza – Domani capiremo cosa intende fare la Corte costituzionale e se ritiene giusto riconoscere dei tempi supplementari al Senato per poter esercitare il suo pieno diritto ad esprimersi su questo tema, che nella stessa Ordinanza della Corte viene definito come un ambito che coinvolge l’incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere. Escludere il Senato dal dibattito sull’eutanasia, dopo che la Camera ha trattenuto per 11 mesi, senza giungere ad alcuna soluzione, i ddl in materia, appare a molti di noi come qualcosa di più e di peggio che uno screzio istituzionale. La Corte è chiamata a giudicare della costituzionalità di una legge fatta dal Parlamento, non a sostituirsi al Parlamento. Tanto più se, come è accaduto in questo caso, ha già prefigurato la sua decisione. A suo avviso infatti la norma denunciata violerebbe gli articoli 2 e 13 della Costituzione, ispirati al principio personalistico, che pone l’uomo, e non lo Stato, al centro della vita sociale, e comprometterebbe il principio di inviolabilità della libertà personale. I due articoli, secondo l’ordinanza della Corte, riconoscerebbero la libertà della persona di autodeterminarsi anche in ordine alla fine della propria esistenza, scegliendo quando e come essa debba aver luogo.
È proprio il modo in cui è impostata l’ordinanza della Corte che fa sentire a molti parlamentari l’urgenza di potersi esprimere prima della sua pubblicazione definitiva, dal momento che sembra andare in una direzione ben precisa: autorizzare l’aiuto al suicidio, intendendolo come parte integrate del principio di autodeterminazione del paziente. Per lo stesso motivo altri colleghi, favorevoli all’eutanasia, vogliono che la Corte si esprima con chiarezza su questo punto per orientare in modo definitivo l’eventuale dibattito sui ddl in materia.
Biodiritto, bioetica e biopolitica: la vita al centro – Per noi è impossibile non tener conto delle parole che il Papa ha pronunciato recentemente ricevendo in udienza in Vaticano la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri: “La medicina è al servizio dell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo”, quindi “si può e si deve respingere la tentazione indotta anche da mutamenti legislativi di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”. Eutanasia e suicidio assistito sono, per Francesco, “strade sbrigative di fronte a scelte che non sono, come potrebbero sembrare, espressione di libertà della persona, quando includono lo scarto del malato come possibilità, o falsa compassione di fronte alla richiesta di essere aiutati ad anticipare la morte”.
Su questa linea di principio e di valori continueremo a batterci nella piena consapevolezza che c’è una corrente di pensiero e d’azione che vuole porre il diritto alla morte sullo stesso piano del diritto alla vita e vuole vincolare lo Stato a riconoscere il diritto al suicidio medicalmente assistito, il che significa sdoganare una eutanasia di Stato, a carico dello Stato, magari inserita nei Lea, con letti dedicati in ospedale e con assistenza domiciliare garantita. Tutte cose che molti malati reclamano come espressione diretta dell’articolo 32 della Costituzione, che garantisce il diritto alla salute di tutti attraverso la somministrazione di cure gratuite. Diritto alla salute e non ad anticipare la propria morte!