Sabato 14 settembre è nato a Roma Vox Italia, un partito sovranista che ha scelto Diego Fusaro come suo ideologo. Il partito si definisce sovranista, socialista e non liberista e nega qualsiasi comunanza con Vox, partito spagnolo di destra. Subito dopo il suo lancio, Vox Italia ha subito un temporary ban su Facebook durato 4 giorni, per poi riapparire sul social il 25 settembre. È l’ultimo degli atti di censura più eclatanti avvenuti su Facebook. C’era stata la chiusura di pagine a sostegno di partiti politici colpevoli di diffondere fake news, ben motivata ma avvenuta il 12 maggio, un paio di settimane prima delle elezioni europee. Poi è stata la volta dei movimenti di estrema destra Casapound e Forza Nuova. Abbiamo contattato Fusaro per parlare della censura su Facebook, degli obiettivi e dell’ideologia del nuovo partito e dello scenario politico attuale.
Filosofo e frequentatore di salotti televisivi, Diego Fusaro, allievo di Costanzo Preve, viene accusato da sinistra di travisare i classici del pensiero comunista. Risponde citando autori anche di tradizione non marxista, come Weber o Gobetti. Il nemico numero uno resta il liberismo, in tutte le sue forme. Ma attacca anche femminismo e ambientalismo contemporanei, spostandosi così lontano dal campo progressista, specie nelle sue ultime accezioni mediatiche.
Vox Italia è tornata online. Ci sa dire che cosa è successo? C’entra il linguaggio che avete utilizzato?
Non conosco i dettagli tecnici, so solo che siamo stati oscurati in contemporanea su Wikipedia, Facebook e Instagram. Sulle motivazioni della censura lo staff di Vox Italia non sa nulla. Non credo sia per il linguaggio: ne usiamo uno istituzionale, paradossalmente è quanto di più affine alla politica ci possa essere.
Lei comunque non si è iscritto.
Io sono una voce esterna. Vox Italia vuole tradurre in politica le mie idee: starò a vedere cosa faranno, io ho consacrato la mia vita allo studio, non alla politica.
Parliamo della mozione Ue volta a equiparare comunismo e nazismo, che tra l’altro stabilisce come causa dello scoppio della seconda guerra mondiale il patto Molotov-Ribbentrop, una motivazione discutibile. Lei crede che l’Unione Europea stia mettendo in atto una strategia volta a delegittimare i partiti alle estremità, destra o sinistra, o anche solo i non allineati?
È una mossa maldestra dal punto di vista storico, chi l’ha fatta dovrebbe tornare alla scuola elementare della saggezza, direbbe Hegel. Ed è del tutto ideologica, volta a delegittimare chi non è liberale in politica, liberista in economia, atlantista in geopolitica e europeista in ambito più generale. È un totalitarismo liberale, quello in atto.
Non sembra neanche così liberale in fondo, nel senso della libertà di parola.
Il mondo liberale è liberale a parole, parla dei morti fatti da comunismo e fascismo ma non parla mai dei morti fatti dal liberalismo. L’ha fatto Domenico Losurdo, nella sua Controstoria del liberalismo, di cui consiglio sempre la lettura.
Di recente Greta Thunberg ha parlato all’Onu. È parso una riedizione del discorso del 1992 dell’allora dodicenne Severn Suzuki. Lei pensa che la tecnocrazia punti a neutralizzare il campo delle scelte politiche, in questo caso per imporre l’ambientalismo?
Certo che sì. Usano tendenzialmente delle ragazzine giovani e inesperte: che siano Greta, Carola la navigatrice, o Olga l’antiputiniana. Associano l’innocenza e la bontà alla competenza, di modo che non si possano criticare. Chi critica Greta non ha cuore perché se la prende con una bambina, idem nel caso di Olga o Carola. Il tutto a supporto dell’ordine dominante. I veri rivoluzionari non vanno in prima pagina, vengono massacrati.
E chi sarebbero?
I gilet gialli in Francia, che scendono in piazza in nome dei diritti sociali e dei salari. Sono stati manganellati, mica esaltati su Repubblica o sul Corriere. Anzi, Fabio Fazio a loro proposito parlò di antisemitismo.
Questo anche se lo stesso Finkielkraut, il filosofo francese che aveva subito un’aggressione antisemita vicino a un corteo dei gilet gialli, si era rifiutato di inquadrare l’intero movimento nell’antisemitismo. Anzi, all’inizio lo aveva pure supportato.
È come delegittimare l’intera rivoluzione francese perché qualcuno ha detto qualcosa di inaccettabile. Ci sarà stato sicuramente anche allora. Va condannato il singolo che ha fatto quel gesto, ma non si può usarlo per delegittimare tutto il movimento.
Lei ha rivendicato di non essere post ideologico, e questo punto è stato sposato da Vox Italia.
Bisogna fare il punto sull’ideologia. Ne do due concezioni: in senso marxiano è una falsa coscienza necessaria, il modo in cui si ipostatizza una realtà storica sociale spacciandola per unica possibile. In senso gramsciano è una visione della vita e della cultura che diventa politica. Chiunque ha un’ideologia, in qualunque spazio o tempo: chi pensa di non averne una è un imbecille. Noi nel primo senso ci sentiamo gli smascheratori dell’ordine dominante, nel secondo portiamo avanti orgogliosamente una nostra visione del mondo.
Al Sussidiario Paolo Becchi ha detto che il governo precedente aveva un collante forte nel sovranismo, dove i 5 Stelle fornivano la parte sociale e la Lega quella identitaria. Lei pensa che sia una visione corretta?
È la mia stessa lettura, il vero può nascere da punti di vista diversi, come diceva Gobetti. L’obbiettivo del sistema era dissolvere quest’esperienza, e far suicidare i 5 Stelle nelle sinistre cosmopolite e la Lega nella destra berlusconiana. Comunque vada, vincerà il liberismo, sovranista o cosmopolitista che sia.
Guardando ai fatti, secondo lei per quali motivi il governo Lega-5 Stelle è finito? Crede alla versione ufficiale?
La versione ufficiale non ha credibilità, perché secondo quella Salvini sarebbe un demente, visto che avrebbe staccato la spina perché stufo di governare. Io invece lo ritengo scaltro, ma ha ricevuto ordini precisi da Washington, da cui era stato convocato pochi giorni prima. Inoltre il Russiagate, sempre orchestrato dagli americani, gli stava esplodendo in mano. Il governo gialloverde, facendo benissimo, aveva pestato i piedi a Washington e aperto a Russia e Cina. Questo non gli è stato perdonato.
Però l’atlantismo in politica estera sembra difficile da mettere in discussione. Gli Usa sono il nostro punto di riferimento da dopo la seconda guerra mondiale, e abbiamo 12mila soldati americani sul nostro territorio.
Come disse Lutero, “non potevo fare altrimenti”. Noi seguiamo la via della verità: che siamo una colonia degli Stati Uniti va detto, che gli Usa sono il principale nemico del genere umano va detto. La verità non si mette ai voti, se saremo gli unici non importa. Anche se ne prenderemo dieci voti saremo lieti di essere nel vero.
La maggior parte degli italiani non vuole uscire dall’Unione Europea. Secondo lei l’Europa, così com’è, è riformabile?
No. L’Unione Europea è fondata sul liberismo, non importa chi comandi nel dato frangente. L’unica possibilità di salvarsi è uscirne.
La sua ideologia non sembra comunista rivoluzionaria, ma più di recupero dell’identità, della comunità. Sembra più socialismo ben temperato che comunismo.
La mia è una concezione hegeliana dello Stato: lo Stato deve essere al di sopra dell’economia. L’economia di mercato deve esserci, ma non deve essere in contrasto con i bisogni della comunità. E non deve mai porsi al di sopra dello Stato.
Spesso la accusano di snaturare i classici del pensiero comunista, specialmente Gramsci. Pochi giorni fa lo hanno detto su The Vision, ma non è la prima volta, le è successo anche in televisione.
Io ho scritto dei libri su Gramsci, l’autore dell’articolo che lei cita non so, ho il sospetto che parli per sentito dire. Gramsci non era affatto un europeista, parlava di nazionalpopolarismo. Aveva l’idea del radicamento nazionale, di “andare al popolo”. Gramsci era internazionalista, che è una cosa che comporta la presenza di Stati sovrani, senza i quali parlare appunto di internazionalismo è impossibile. Oggi invece per internazionalismo si intende cosmopolitismo, credo sia lo stesso errore che ha fatto chi ha scritto quell’articolo.
Le viene rinfacciato di avere un linguaggio pittoresco, non adatto al ruolo di filosofo.
Per me è pittoresco il linguaggio chi parla con gli inglesismi, chi dice spending review, storytelling… Non lo è chi parla la propria lingua in tutte le sue accezioni dantesche o petrarchesche.
Ma non sembra a disagio in situazioni ironiche. Per fare un esempio, spesso è stato ospite della trasmissione radiofonica la Zanzara.
Perché no? Di fronte ai barbari l’ironia può essere divertente. Far valere un elemento culturale, una lingua ricca, può mettere a disagio solo gli stupidi che si esprimono per slogan inglesi o tramite frasette con le parolacce.
Lei dice spesso che le danno del fascista da sinistra e del comunista da destra, ma in realtà gli attacchi li riceve principalmente da sinistra. Che cosa rimprovera al progressismo contemporaneo?
Siamo di fronte alle sinistre più stupide da quando ne esiste il concetto. Le sinistre oggi sono il vero riferimento culturale del capitalismo: propagandano l’apertura cosmopolitica, l’abbattimento delle frontiere, l’abbattimento di qualsiasi limite etico o psicologico di modo che circoli solo la forma merce. Queste sinistre sono il problema, non la soluzione. Percorrere la via di Gramsci e Marx oggi è andare contro le sinistre.
Qual è la sua posizione sul femminismo contemporaneo?
Il femminismo contemporaneo è una forma di divisione di massa. Inquadra come nemico il maschio operaio sfruttato mentre esalta la donna manager indipendente, che si appropria del modello culturale del manager rampante, precedente maschile. E poi questo femminismo è individualismo, propone la liberazione della donna, ma nel senso di emanciparla dalla famiglia. Questo lo dicono anche le studiose femministe marxiste, come Nancy Fraser.
(Lucio Valentini)