Il settore manifatturiero, che è portante per l’economia italiana, mostra da tempo segnali di crisi causati da una molteplicità di fattori: riduzione dell’export dell’industria tedesca che importa componenti prodotte in Italia; ritardo nell’adeguamento tecnologico; difficoltà di accesso al credito per le unità produttive più piccole e, in generale, di reperimento di capitali per la crescita; complessivamente, vulnerabilità crescente alla rivoluzione (eco)tecnologica in atto globalmente.
Da un lato, il sistema industriale è ancora forte e con capacità competitive formidabili. Dall’altro, senza una politica che metta al centro l’industria, e si concentri sulle specificità di quella medio-piccola, questa è destinata a subire crisi competitive destabilizzando l’intero sistema economico. Il Governo sta predisponendo un progetto di bilancio 2020 che concede solo incentivi fiscali insufficienti all’adeguamento tecnologico 4.0 e niente altro di rilevante in termini di politica industriale, pur positivo il tentativo di ridurre il prelievo fiscale nelle buste paga.
Si può comprendere che le condizioni di finanza pubblica non lascino grande spazio a stimolazioni. Ma è incomprensibile che non aumentino quelle per l’adeguamento tecnologico, tagliando spesa pubblica improduttiva, e, soprattutto, l’inerzia al riguardo di misure qualitative con grande efficacia che potrebbero essere fatte senza spesa, contando sul fatto che in Italia i capitali privati e le competenze ci sono e che si tratta solo di connetterli con norme e veicoli adeguati.
Esempi. La relazione tra imprese e ricerca universitaria è ancora ostacolata da barriere burocratiche sul lato delle università: rimuoverle totalmente darebbe alle imprese un accesso facilitato alla tecnologia. Molte piccole e medie aziende fanno fatica a trovare capitali di investimento per finanziare l’espansione. Creare società di investimento semplificate e un segmento di pre-quotazione per piccole imprese darebbe a migliaia di queste la possibilità di reperire capitali in cambio di azioni o quote societarie, considerando che su circa 4mila miliardi di risparmio italiano ora meno dell’1% è investito nel sistema produttivo italiano. Creare contratti di lavoro semplificato e flessibile favorirebbe l’ingaggio di giovani in start-up. Ecc.
In sintesi, mettere al centro l’industria significa, oltre a ridurne i costi, lasciarla il più libera possibile e facilitare gli strumenti per la sua capitalizzazione.