Finora solo Lucia Annunziata ha tentato una vera sintesi giornalistica sul “Contegate”: dall’Italia, ma comunque su una testata statunitense come HuffingtonPost. In realtà l’ex presidente della Rai si è limitata a mettere in un’unica sequenza ragionata le tappe dell’ultima crisi politica e i passi del premier gialloverde divenuto in corsa giallorosso, mentre esponenti del massimo livello dell’amministrazione Trump hanno chiesto e ottenuto direttamente da Conte la collaborazione dei servizi italiani di intelligence su un capitolo oscuro del Russiagate.
Ma anche un semplice esercizio di cronotassi ha portato Annunziata a porsi infine interrogativi pesanti, finora tuttavia assenti sui grandi media nazionali. Si è domandata, la direttrice dell’Huffington, se un premier di per sé singolare nella storia repubblicana – non eletto in Parlamento eppure in rapida successione a capo di due maggioranze di governo contrapposte – non sia in realtà un “avvocato delle spie”: confermato – se non addirittura fin dapprincipio approdato – a Palazzo Chigi per ragioni che poco avrebbero a che vedere con la normale vita politica e il regolare funzionamento della democrazia in Italia.
Per questo Annunziata ha sollecitato Conte a fornire spiegazioni molto più aperte e politicamente impegnative di un’informativa burocratica al Copasir: con cui il premier sarebbe intenzionato a chiudere un “non incidente”. Salvo procedere – secondo alcune indiscrezioni rilanciate ieri da Repubblica – a un rimpasto immediato dei vertici dei servizi italiani da lui dipendenti, con la rapida uscita di scena dei vertici operativi coinvolti nel Contegate.
Resterebbero nel frattempo ancora spenti i fari sulla Link University: il discusso ateneo retto dall’ex ministro Dc Vincenzo Scotti, da sempre al centro di voci su coinvolgimenti d’intelligence. Da Link – legata all’Università di Malta – è giunta direttamente Elisabetta Trenta, il ministro della Difesa del Conte-1 (lo ha sottolineato il Financial Times in una dettagliata corrispondenza da Roma sul Conte-Gate) ma il centro studi è considerato strutturalmente vicino a M5s. A Link insegnava il maltese Joseph Mifsud, braccato in Italia dal ministro della Giustizia americano William Barr per un ruolo non meglio chiarito nel Russiagate che assedia la Casa Bianca.
In questa cornice il Corriere della Sera ha raccolto ieri una lunga intervista dal premier, ma la spy story è stata sbrigativamente minimizzata nella penultima domanda-risposta. Senza altri contenuti di cronaca o d’inchiesta.
La medesima scelta (ignorare gli sviluppi del caso) era stata fatta del resto da Repubblica il giorno prima: quando lo stesso Corriere aveva dedicato al Contegate una sola colonna di una pagina interna. Le altre sette colonne – a fianco – erano invece riservate agli sviluppi del “caso Savoini”.
I giudici del Riesame del Tribunale di Milano hanno infatti respinto i ricorsi del dirigente della Lega indagato anche dalla Procura di Milano per uno specifico Russiagate italiano: i presunti abboccamenti fra Lega ed esponenti russi per ipotesi di finanziamento elettorale del partito dell’ex vicepremier Matteo Salvini. Sul caso Savoini – approdato all’opinione pubblica attraverso la controversa diffusione su media italiani e statunitensi di un video girato di nascosto in un albergo di Mosca – i giornali italiani hanno speso intere prime pagine a cavallo delle elezioni europee di maggio e quindi a ridosso della crisi di governo (un caso analogo, che ha coinvolto personalmente l’ex vicepremier austriaco Heinz-Christian Strache, ha portato Vienna direttamente alle elezioni anticipate). Benché un punto acquisito sia che nessun finanziamento è mai transitato effettivamente dalla Russia verso la Lega, il “Savoinigate” continua ad attirare un interesse mediatico oggettivamente molte volte superiore rispetto al Contegate.
Nel frattempo, Repubblica ha aperto ieri le sue pagine a un personaggio apparentemente periferico nel Contegate: Simona Mangiante, avvocato italiano sposata con George Papadopoulos, ex membro dello staff di Donald Trump nella campagna presidenziale 2016. Papadopoulos è stato il primo condannato negli Usa per il Russiagate, avendo reso dichiarazioni false nell’inchiesta Muller. Sono stati lui e la moglie i contatti sensibili cercati e trovati da Mifsud in Italia. Ed è stato Papadopoulos – inizialmente rispondendo alle domande della Verità – a fornire una versione specifica del Contegate: la Casa Bianca vorrebbe capire meglio se dietro gli approcci del professore maltese con lo staff elettorale di Trump vi sia stato il tentativo di ambienti democratici americani di costruire fin da allora il Russiagate per sabotare la candidatura di The Donald.
Papadopoulos ha evocato un ruolo dell’allora presidente dem americano Obama e dell’allora premier Pd italiano, Matteo Renzi, che ha subito annunciato querela. Il quadro è stato tuttavia rilanciato ieri dalla moglie di Papadopoulos, con molto risalto su Repubblica. Ed è un quadro che ridà improvvisamente peso al Contegate, spostandolo però sul nuovo leader scissionista di Italia Viva: da subito spina nel fianco del premier.
Due pesi e tre misure: almeno in attesa di nuove puntate.