L’apertura dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicato alla cosiddetta “Regione Panamazzonica” è stata preceduta da mesi di polemiche che hanno visto contrapporsi, sempre di più in un’ottica politica, quanti ritengono che il pontificato di Francesco sia solo una parentesi e quanti – al contrario – ravvedono nelle linee tracciate dal pontefice argentino in questi sette anni una vera e propria declinazione metodologica del Concilio Vaticano II, soprattutto per quanto attiene ai rapporti della Chiesa di Roma col mondo e la modernità.
Questi due blocchi ormai corrono apertamente verso il prossimo conclave, trasformando ogni episodio della vita della Chiesa in uno spunto per riaffermare le proprie tesi e rafforzarsi nel consenso dei grandi elettori del prossimo successore di Pietro. Da questo punto di vista non c’è dubbio che giovi a entrambi gli schieramenti alimentare la confusione attorno ai grandi appuntamenti della Chiesa, non ultimo il succitato Sinodo.
Lo strumento del Sinodo, in verità, può essere utilizzato da un pontefice in tre modi: in via ordinaria, quando l’assemblea rappresentativa dei Vescovi di tutto il mondo è chiamata – sotto la guida del Papa – a riflettere e a discutere questioni inerenti la vita della Chiesa che lo stesso Vescovo di Roma ritiene particolarmente dirimenti; in via straordinaria, quando il Papa ravveda una particolare urgenza nel prendere posizione e nel riflettere circa una determinata problematica; in via speciale, qualora il Romano Pontefice giudichi significativa la situazione di una certa area del mondo, al punto da soffermare su di essa lo sguardo dell’episcopato di quella stessa area e – più in generale – dei rappresentanti della Chiesa di tutto il mondo.
È quest’ultimo caso quello da cui prende il via la riflessione sull’Amazzonia quale terra di “nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. L’Amazzonia è indicata da Bergoglio come efficacissima sintesi del nostro tempo: in essa, infatti, emerge come l’economia capitalista consumi le risorse del pianeta senza ricrearne di nuove e – fatto ancor più significativo – senza preoccuparsi delle conseguenze umane, spirituali ed etiche che tale consumo comporta.
L’Amazzonia è il simbolo di un liberalismo che ha vinto la battaglia con il comunismo, ma che non è stato in grado di affermare e diffondere il benessere per tutti gli uomini, aumentando gli squilibri sociali e riducendo non di poco le potenzialità insite nell’ecosistema del nostro pianeta.
È dunque il tema di una casa malata, inospitale, maltrattata quello che sta al centro dell’Instrumentum Laboris del Sinodo, un riassunto potente e preciso di come la responsabilità umana possa – con le sue scelte – compromettere lo sviluppo e il diritto alla felicità di ogni persona. Tale diritto, dice proprio il documento in preparazione al Sinodo, è particolarmente leso nella misura in cui le condizioni sociali, economiche e politiche di una regione non rendano agevole il cammino dell’annuncio del Vangelo, quasi che la diffusione della Buona Novella alle popolazioni più lontane della terra abbisognasse di quella “pienezza dei tempi” che già alle origini del cristianesimo aveva permesso alla fede di penetrare nei gangli più profondi della società.
Non è dunque un Sinodo sull’ecologia quello che si apre oggi, e neppure un Sinodo economico, bensì un’assise che mette ben in evidenza il rapporto tra il modello di sviluppo che una società sceglie e lo spazio che in quella stessa società può quindi occupare la persona in quanto desiderio di felicità e la Chiesa come risposta a quel desiderio.
È come se il Papa volesse dire a tutti gli uomini del nostro tempo che perseguitare l’ambiente, sfruttarlo, manipolare la società con forme sempre più becere di liberalismo, porta al collasso l’umano e la stessa possibilità per la Chiesa di essere testimone credibile dell’annuncio cristiano. Di qui tutta una serie di proposte, alcune anche fantasiose, per inserire nella vita della comunità uomini di provata fede che possano sostenere il cammino sacramentale del popolo anche in assenza di sacerdoti ordinati.
Il Sinodo, essendo un luogo di libertà, non censura nessuna delle risposte che sono state prospettate per questi ingenti problemi, ma sollecita la coscienza umana a riflettere senza pregiudizio sulle strade da intraprendere come “comunità” e come “pianeta” dinnanzi alle sfide del nostro tempo.
È ancora presto per comprendere che cosa emergerà: di sicuro il Papa avrà l’ultima parola, potendo approvare e modificare intere parti del Sinodo attraverso l’emanazione di una esortazione post-sinodale che rappresenterà il vero lascito dell’assemblea. Nella certezza che, ancora una volta, dalla povertà degli uomini potranno sorgere risposte nuove e imprevedibili perché la Chiesa, anche in questo XXI secolo, si candidi ad essere maestra di umanità, madre degli afflitti, ma – soprattutto – serva inutile di un tempo che ha bisogno di tutto, ma in definitiva ha solo bisogno di ritrovare, dentro ogni cosa, le tracce e i segni di una vera compagnia, una compagnia che non si divida tra fazioni e schieramenti, ma lavori, insieme, per costruire luoghi di fraternità capaci di cambiare – e di sognare – il mondo intero.