La risposta da dare a Greta

Si sta parlando molto di quel che ha detto Greta Thunberg all'Onu, ma nei termini sbagliati, pur avendo il suo discorso dei punti deboli

Mancava Putin al coro di commenti e reazioni al discorso, di non più di cinque minuti, che Greta Thunberg ha pronunciato il 23 settembre alle Nazioni Unite. E l’uomo che viene fotografato a cavallo, con il torso nudo nella steppa e che vuole resuscitare i vecchi sogni imperialisti della Russia ha sentenziato che l’adolescente svedese è malinformata e che “il mondo moderno è complicato”.

Per due settimane questo mondo moderno si è diviso tra sostenitori e detrattori di Greta in dibattiti che hanno ponderato le forme, il contenuto e la denuncia di una “estinzione di massa” sul pianeta. La denuncia contro “gli adulti” che non sono riusciti a fermare in modo adeguato le emissioni di gas serra. Le critiche sono arrivate a Greta da tutti i fronti. In un editoriale del “liberal” New York Times, Christopher Caldwell ha affermato che Greta è antidemocratica quando afferma che la sua generazione non può aspettare per salvare la Terra. “La democrazia è spesso una chiamata ad aspettare e vedere, la pazienza è la virtù cardine della democrazia. Il cambiamento climatico è una cosa seria, ma dire che non possiamo aspettare è creare un problema più grande”, ha scritto Caldwell, sottolineando i rischi del millenarismo di Greta. Sul The Federalist, Jonathan Tobin ha avvertito, da parte sua, dei pericoli che comporta il prendersi cura di una bambina che ha costretto i suoi genitori “ad adottare una dieta vegana” e “ha spinto sua madre a lasciare la sua carriera professionale perché doveva prendere degli aerei”.

Dopo la domanda di Greta “Come osate?” e le sue denunce contro l’avidità di denaro, molti hanno guardato con paura verso i FridaysForFuture per il loro catastrofismo. C’è chi, per superare gli effetti della rabbia di Greta, ha ripreso la lettura di Steven Pinker. C’era bisogno di sentir dire, ancora una volta, che la valutazione negativa dello stato del mondo è un errore intellettuale se si presta attenzione ai dati. Hanno voluto leggere ancora una volta che tutto è andato meglio da quando il razionalismo illuminista è diventato la base della loro organizzazione sociale tra il XVIII e il XIX secolo.

L’effetto Greta ha anche aumentato la consultazione dei testi di Pascal Bruckner e della sua denuncia del fatto che l’ambientalismo è la forma più evoluta di un marxismo che accusa il capitalismo di opprimere i popoli più poveri. Bruckner spiega, a coloro che si sentono inquieti per le parole di Greta, che la Terra è diventata il nuovo proletariato e che dobbiamo occuparci della causa verde perché è facile finire agli estremi del Movimento per l’estinzione volontaria degli umani. Questo neo-marxismo ambientalista, trasformato in puritanesimo verde, sarebbe l’ultimo avatar di un triste neo-colonialismo che starebbe predicando alle culture non occidentali una saggezza che non avevano mai avuto e che avrebbe posto limiti al loro sviluppo, inevitabilmente accompagnato dall’inquinamento.

I punti deboli del discorso di Greta sono evidenti. La dialettica dell’opposizione tra “giovani e adulti” si rifà al vecchio discorso manicheo, alla facile divisione tra buoni e cattivi. La minaccia di un cambiamento impossibile da fermare ha il sapore del materialismo storico. E quindi? La cosa sorprendente è che il discorso aspro di un’adolescente arrabbiata ha avuto risposta dai leader mondiali e dagli editorialisti come se stessero ascoltando il presidente del partito di opposizione mondiale o delle Nazioni Unite. I dati sono indiscutibili, gli obiettivi di riduzione dei gas serra fissati nel summit di Parigi nel 2015, per limitare l’aumento della temperatura globale durante questo secolo, non vengono raggiunti e non sono sufficienti. Il vertice di New York si è chiuso a settembre senza impegni sufficienti. Non siamo di fronte al pericolo di un’estinzione di massa, ma non riusciamo a fermare l’aumento della temperatura globale.

Il discorso di Greta appartiene al genere dell’esagerazione e non dobbiamo escludere un uso ideologico. E allora? Abbiamo solo buone idee per dare il “giusto termine” equilibrato ai FridaysForFuture contaminati da neosessantottismo, panteismo e antiumanesimo?

Non arricchisce ascoltare risposte che si confrontano con Greta sul terreno delle buone idee, che non sanno come salvare, valorizzare, abbracciare il desiderio di autenticità che batte nell’ecologismo della ragazza svedese. La partita non si gioca tra idee buone e cattive, ma tra il nichilismo che ha portato molti giovani europei negli ultimi anni ad arruolarsi nel Daesh e il desiderio di felicità o di giustizia. Se c’è desiderio, per quanto inquinato possa essere, c’è vita. Il lavoro è difficile perché vuol dire immergersi nell’esperienza umana di tutti.

E se Greta fa ancora paura si può leggere Scruton. Il grande filosofo del neoconservatorismo afferma che non esiste una causa politicamente più in linea con la visione conservatrice dell’ambientalismo, perché rispetta la lealtà tra le generazioni, la priorità di quel che è locale e la ricerca di una casa.

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