Il giorno dopo l’invio del testo della manovra finanziaria a Bruxelles, con un documento firmato “salvo intese” (quindi tutto da rivedere), rivela la grande fragilità e le contraddizioni di una maggioranza che si è formata per uno scopo principale: evitare le elezioni anticipate e cercare di bloccare l’ascesa e la popolarità che sino alla fine di luglio Matteo Salvini e la Lega continuavano ad accumulare nella situazione politica italiana e di riflesso anche nelle incerte e appannate istituzioni dell’Unione Europea.
La verità e la realtà alla fine sono sempre la ricetta migliore per superare le difficoltà. Si possono ipotizzare tanti retroscena: il suicidio politico del “capitano” o la paura di affrontare lo shock di una manovra marcatamente anti-europea; la condanna quasi ultimativa, allarmata e drammatica, del sovranismo e del populismo lanciata da molti governi; gli intrecci in Italia tra “basisti” interni ed esteri, compreso l’operato di servizi segreti, per un cambio di rotta politica; il bluff lanciato da singoli protagonisti come Grillo; lo scalatore del fascino da periferia “Giuseppi Conte”, l’uomo dei due volti, quello uno, quello bis e pure quello 2; l’irruzione sulla scena di Matteo Renzi, con una scissione e la fondazione di un nuovo partito nel ruolo di attore-pirata, aspirante a un nuovo centro come ago della bilancia nel futuro politico italiano. Sembra avanspettacolo, non gioco politico.
Quasi tutti i bluffatori sono estranei, o drammaticamente pressapochisti, rispetto sia alle reali questione italiane, sia ai problemi dell’Italia in un quadro geopolitico in completa evoluzione e ricco di continui e imprevedibili colpi di scena. Di fatto, e in realtà, tutti i titolari in difficoltà delle forze politiche del centro e della sinistra hanno convinto e conquistato i cinquestelle, sottraendoli alla loro inconsistenza governativa e all’egemonia leghista. Operando in questo modo un ribaltamento di maggioranza che ha letteralmente fatto girare la testa agli italiani per ragioni di comprensione e mettendoli oggi nella condizione di scelte problematiche: accettare un’acrobatica manovra di palazzo (come ad esempio dice espressamente Matteo Renzi); illudersi su una nuova formazione politica ampia che rilanci il Paese e risolva problemi decennali, soprattutto quelli lasciati in eredità dalla crisi liberista-finanziaria del 2008; ritirarsi ancora di più nell’astensione politica e di riflesso nel momento in cui si andrà a votare; alimentare maggiormente il rancore e al contempo un’operazione nostalgia delle prima repubblica che sta diventando imbarazzante.
Per valutare soprattutto la pericolosità delle due ultime opzioni citate, si pensi che l’ultimo sondaggio di Alessandra Ghisleri rileva che il 51% degli italiani boccia la manovra e solo il 31% l’approva, fotografando così una situazione paradossale: quella di una maggioranza parlamentare che è inferiore nei numeri a coloro che dovrebbero approvare la sua manovra. La stessa Ghisleri allarga poi il bacino dell’astensione alla cifra inquietante del 44%.
Si aggiungano a questi dati l’incredibile successo della ricorrenza celebrata da “Giuseppi” (uomo a questo punto per tutte le stagioni, anche quella nostalgica) per il democristiano Fiorentino Sullo, diventato, nelle cronache, un personaggio paragonabile a una sorta di Joseph Schumpeter avellinese.
Infine, l’ironia dissacrante di un protagonista del dibattito politico televisivo come lo storico Aldo Giannuli, che, di fronte ai nuovi protagonisti della politica italiana, lui ex trozkista, anti-democristiano da una vita, approva i discorsi di Paolo Cirino Pomicino e dice esplicitamente di rimpiangere la prima repubblica.
In una simile confusione era forse meglio riservarsi la funzione di “barriera” contro Salvini e quindi affrontare pochi problemi importanti senza tanta enfasi, con un’inevitabile scadenza elettorale da affrontare, magari tutti insieme su alcuni punti precisi. Invece si è scelto una sorta di “grande imbroglio”, tra risse, sedute notturne e divisioni continue (mascherate con fatica), per una “manovra immaginaria” di rilancio del Paese, dove la parte più consistente e corposa sarebbe rappresentata da una lotta all’evasione fiscale di una paccata di miliardi, di una lotta alla ricchezza che ha tratti inquietanti e di estrema genericità. Non si capisce se sia un’invenzione o un’illusione.
Tra lotta al contante, altre questioni marginali con il denaro elettronico in grande spolvero, l’unico fatto positivo è l’Iva da non pagare, ma l’ombra di un assalto alla ricchezza degli italiani, a colpi di manette come specifica urlando e con illustrazioni il direttore de Il Fatto Quotidiano, fa pensare a una stangata sulla casa (vera ricchezza diffusa degli italiani) che impoverirà ancora di più un Paese già condannato, nel quadro di una recessione economica mondiale, a essere il fanalino di coda secondo il Fondo monetario internazionale. E la non crescita infelice italiana, raggiunge così, secondo gli economisti veri, un bel quarto di secolo.
A questo punto l’incertezza economica, unita a tutti i problemi che restano sempre sul tappeto, avrà un riscontro politico inevitabile nella attuale maggioranza di governo. I giochi sono già ingarbugliati tra i pentastellati, ma lo sono altrettanto nel Partito democratico, guidati da un segretario che non sembra l’ispiratore di visioni politiche, ma un osservatore dei contrasti interni piuttosto impotente. È inevitabile che, malgrado il cemento anti-Salvini riesca ancora a tenere, le contraddizioni interne finiranno col provocare rischi con il passare del tempo. Tutto diventa a rischio. Come sarà la prossima Leopolda? Come sarà la manifestazione del centrodestra? Come evolverà la situazione economica e quante Whirlpool possono ancora arrivare?
Può durare questo Governo, ma deve convivere con un inevitabile e incombente rischio-implosione. Ed è davvero un bel non vivere. Accontentiamoci di una povera classe politica, dei comici apocalittici che spaventano i bambini e dei “duelli” tra aspiranti protagonisti di quiz televisivi che sono “cascati” in politica.