Clima di altissima tensione in Bolivia dopo i risultati preliminari delle elezioni presidenziali tenutesi domenica 20 ottobre 2019. I dati infatti hanno preannunciato la vittoria del presidente uscente Evo Morales senza il bisogno di ricorrere al ballottaggio, come invece sembrava chiaro dai primi risultati annunciati. E sono scoppiate le proteste in tutto il paese, a partire dalla capitale La Paz: i manifestanti antigovernativi si sono scontrati con i sostenitori di Morales, le forze dell’ordine sono intervenute utilizzando gas lacrimogeni ma non solo. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Abi, il presidente uscente ha denunciato un tentativo di colpo di stato nelle proteste ed ha dichiarato lo stato di emergenza. Morales – accusato dagli antigovernativi di aver truccato i risultati – ha giustificato la misura facendo riferimento alle violente proteste: alcuni manifestanti hanno incendiato gli uffici elettorali di Sucre e Tarija.
BOLIVIA, DICHIARATO LO STATO DI EMERGENZA
Dopo le vibranti proteste registrate in Cile, situazione di altissima tensione anche in Bolivia. I manifestanti antigovernativi si sono scagliati contro la dinamica con la quale il Tribunale Supremo Elettorale ha diffuso i risultati di un conteggio preliminare dei voti: dopo una prima pubblicazione – Morales al 45,3 e lo sfidante Mesa al 38,2% – lunedì il sito del TSE ha mostrato risultati che vedevano Morales al 46,85% e Mesa al 36,74%. Le regole elettorali boliviane prevedono che non si debba ricorrere al ballottaggio qualora un candidato avesse il 10% di distacco sul secondo, situazione prevista nell’ultimo aggiornamento dei voti. E i sostenitori dei partiti di opposizione hanno dato il via alla protesta: scontri, saccheggi e violenze senza sosta. L’Oea (Organizzazione degli stati americani) ha espresso dubbi sul processo di voto, chiedendo spiegazioni al presidente uscente Morales: sulla stessa linea anche Ue, Usa, Brasile e Argentina.