Il protagonista dell’intervista singola in onda questa sera durante “Le Iene Show” è Mecna, nome d’arte di Corrado Grilli, il rapper foggiano che a pochi giorni dall’uscita del suo ultimo album, racconta alcune curiosità sulla sua vita privata. Proprio la sua recente fatica discografica, “Neverland”, è stata l’occasione pochi giorni fa per scoprire qualcosa di più su colui che troppo spesso viene bollato con alcuni stereotipi che faticano ad essere poi archiviati. Quali? Per esempio quello di “rapper delle ragazze” o “rapper depresso”. Mecna è molto di più, ma “sconta” di fatto il suo non essere “machista”, la sua qualità di penna intimista, e in un certo senso anche un “complesso di Tenco”. Su quest’ultimo aspetto il rapper non ha nascosto la sua particolare attitudine in fase di scrittura in un’intervista concessa pochi giorni fa a “rockit.it”:”Un po’ è vero. Nel senso che quando scrivo non sto per forza soffrendo, ma cerco sempre la mia dimensione. Penso di essere affetto da una “sindrome di Tenco”, ma non in una versione così pericolosa, così drastica. (…) Quel che vuole il pubblico dal sottoscritto è ascoltare canzoni tristi. C’è chi aspetta i miei concerti per piangere. Li capisco, anche a me capita nei confronti di altri artisti. Il mio pubblico vuole vedermi soffrire”.
Mecna, “io rapper sfigato? No, ragazzo normale”
Chissà se nell’intervista singola di oggi a “Le Iene” ci sarà spazio anche per parlare con Mecna di quell’etichetta da “sfigato” che per alcuni può essere una nota di demerito per altri una cifra di riconoscimento. Sempre nel dialogo con rockit.it, a tal proposito il rapper foggiano aveva spiegato il suo punto di vista e fornito anche una chiave di lettura fuori dagli schemi per inquadrare la sua arte:”Quando era uscito “Disco Inverno” bazzicavo molto con Ghemon, già ai tempi mi ricordo che ci confrontavamo molto su questa nostra difficoltà, del fatto che nel rap non si potevano trattare tematiche che oggi sono super consolidate. Mi riferisco proprio a un mood, un’attitudine compositiva ormai comune. Io non ho mai fatto gangsta rap, perché non sarei stato credibile; allo stesso tempo non mi sono mai rispecchiato nella figura tipo del rapper macho. Francamente non penso di far musica da sfigati, non mi sento sfigato, ma volevo emergere come figura di rapper più umano. Sono un ragazzo normale, uno che può andare sotto per una ragazza. E poi ho sempre ricercato la libertà d’espressione, sul piano compositivo come su quello musicale. Forse quest’aura della sfiga mi è rimasta addosso perché sono stato fra i primi a trattare questi temi in Italia”.