Non è assolutamente chiaro, al momento, cosa sia successo davanti al pub dove è rimasto ucciso Luca Sacchi, durante quello che era sembrato uno scippo e poi si sarebbe rivelato una compravendita di droga, anche se non c’è certezza neanche di questo. Tutto ruota intorno alle parole della ragazza ucraina Anastasia Kylemnyk, che ha più volte cambiato la sua testimonianza e che, sembra di capire, non dica assolutamente la verità su cosa è successo veramente. Lo dice anche il questore di Roma, Carmine Esposito, che definisce l’omicidio di Sacchi come “una vicenda drammatica più complessa di quello che appare”. Ce lo ha detto anche Flaminia Savelli, giornalista di Repubblica, esperta di cronaca nera, autrice di quattro libri molto approfonditi sulla scena criminale romana (Roma giallo e nera, Giovani carini ma assassini, I cento delitti di Roma e Misteri, crimini irrisolti di Roma che scandagliano a fondo diversi episodi di criminalità nella capitale), da noi intervistata: “Mancano troppi tasselli per dare un filo a questa storia, ci sono troppi buchi”. Quello che caratterizza e rende ancor più misteriosa la vicenda, è che non siamo di fronte a un caso di criminalità organizzata e neanche l’usuale spaccio da parte di extracomunitari. Luca Sacchi, ci ha detto la Savelli, ad esempio, “faceva parte di un ambiente sociale assolutamente sano. Ho potuto parlare con un suo carissimo amico, con cui era cresciuto e mi ha parlato di un contesto familiare sano, con genitori, due ristoratori che, ha detto l’amico, si sono sacrificati per garantire ai figli serenità. Luca ha studiato in ottime scuole, aveva intrapreso la carriera sportiva con quello che vi ruota attorno e cioè alimentazione sana, cura del corpo, addirittura non beveva. E’ difficile pensare che fosse un consumatore di cocaina”. Anche i due fermati, sebbene coinvolti in episodi di spaccio, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, non provengono da un ambiente sociale particolarmente disagiato: “Anche qui c’è una grossa anomalia anche se non determinante ai fini dell’indagine. In tutte le grandi città non solo a Roma esistono due tipi di criminalità, la grande e la piccola. La piccola alleva i giovani, crescono in un determinato ambiente, ma questi due ragazzi non erano stati abbandonati, erano stati seguiti dalle famiglie, in particolare le madri. Valerio Del Grosso, quello che avrebbe sparato, era addirittura stato denunciato dalla madre che diceva meglio che lo arrestino che faccia il latitante. Lo stesso discorso vale per Pirino. E’ vero che da piccolo dopo la spedizione dei genitori il padre in qualche modo lo aveva seguito molto poco, ma la madre lo aveva sempre fatto, già quando verso i 5, 6 anni aveva avuto dei problemi. La madre si è sempre adoperata tantissimo, è stata una madre presente”.
IL RUOLO DI ANASTASIA KYLEMNYK
Ci sono analogie, ma anche differenze, ci dice Flaminia Savelli, con il recente caso di Manuel Bortuzzo, il nuotatore rimasto paralizzato dopo essere stato colpito alla schiena da un colpo di arma da fuoco lo scorso febbraio sempre a Roma: “Ci sono analogie ma anche grandi distanze. I due ragazzi che spararono sono risultati positivi alla cocaina, erano sono effetto della droga. Forse anche nel caso Sacchi i due aggressori sono stati sottoposti a test analoghi, ma non lo sappiamo, non sappiamo in che condiziono fissero”. Sul caso in questione, la Savelli precisa un passaggio importante, per spiegare come la storia non sia stata riportata in modo corretto da molti media: “E’ stato detto che al pub quella sera c’era anche il fratellino di Luca, che lui e la ragazza ucraina avevano accompagnato si prendevano cura. Non era un ‘fratellino’ di pochi anni. Il fratello di Luca ha 19 anni, non era sorvegliato da loro. Erano due fratelli molto uniti che come tanti altri si erano trovati al pub a vedere la partita di calcio tutti assieme quella sera”. Così come va anche smentito il ruolo del piccolo spacciatore che si trovava anche lui nel pub quella sera e che per via della sua attività criminale è stato associato a Luca: “Erano ragazzi, in molti quella sera si erano trovati al pub a vedere la partita, nessuno può dire che fosse andato lì per incontrare Luca, anzi è facile pensare ci sia andato per conto suo e che la sua presenza fosse del tutto casuale”. Insomma, resta la baby sitter ucraina, è lei la chiave di svolta per capire cosa sia veramente successo: “Non si è ancora capito il movente dell’omicidio, nessuno lo sa. Le prove raccolte sono determinanti per capire chi ha sparato, ma cosa ci sia dietro quanto avvenuto al momento nessuno lo sa. Sicuramente non è stato uno scippo, come detto subito. Anastasia non dice quello che sa, ci sono molte stranezze. E’ lei l’anello di contatto fra tutte queste persone, non sappiamo perché Luca è morto”.