Il massacro compiuto contro gli Armeni dall’esercito turco-ottomano nel 1915, in piena Prima Guerra Mondiale, da oggi viene riconosciuto come “Genocidio” a tutti gli effetti anche dalla Camera Usa. Lo “sgarbo” lanciato da un ramo del Congresso americano arriva, non a caso, a due settimane dalla cruciale visita del Presidente Erdogan alla Casa Bianca da Donald Trump e soprattutto in “risposta” alla guerra lanciata dalla Turchia contro i curdi nel nord-est della Siria. Il genocidio degli Armeni è uno di quegli snodi culturali, storici e politici che Ankara non ha mai voluto accettare – come per decenni anche le principali cancellerie europee e mondiali – nel proprio passato: non tanto per una volontà di “difendere” l’esercito ottomano, ma perché dietro alla politica genocidiaria contro il popolo armeno (ma anche delle minoranze assire e greche) stava il padre fondatore della “nuova Turchia”, Kemal Atataturk in quel periodo a capo dei Giovani Turchi (gruppo al potere nel 1915 proprio dopo la caduta dell’Impero Ottomano). Con un voto bipartisan schiacciante (405 sì su 435 voti) la Camera Usa approva il riconoscimento del genocidio perpetrato dai turchi contro gli armeni con un testo, non vincolate, che invita «a rifiutare i tentativi di associare il governo americano alla sua negazione». Tra 1,2 e 1,5 milioni di armeni sono stati uccisi durante la prima guerra mondiale con lo stesso Presidente Trump che all’indomani della sua elezione aveva già definito l’operazione di epurazione come «una delle peggiori atrocità di massa del XX secolo».
TRUMP, DOPPIO SCHIAFFO ALLA TURCHIA
Non lo aveva definito “genocidio” solo perché proprio dietro a quel termine vi è tutta una discussione e scontro storico-politico tra la Turchia e le principali cancellerie mondiali: Barack Obama prima di essere eletto nel 2008 si era impegnato a riconoscere il genocidio armeno ma poi non fece nulla, mentre ora il Congresso approva a larga maggioranza il provvedimento che suona come il primo “schiaffo” di Trump a Erdogan dopo le recentissime frizioni tanto sulla Siria quanto sulla lotta all’Isis. Nel frattempo, sempre ieri, il Governo Usa ha approvato le prime canzoni nei confronti di politici e militari turchi di alto rango come conseguenza delle azioni di guerra compiute contro i curdi nel mese di ottobre. Nel frattempo, lato Turchia, l’ambasciatore Usa ad Ankara David Satterfield è stato convocato al ministero degli Esteri turco a seguito della risoluzione approvata dalla Camera Usa. «Decisione ad uso interno, priva di qualunque base storica e giuridica», rilancia Erdogan condannando la decisione americana sul genocidio armeno; quanto avvenuto tra il 24 aprile 1915 e il 1918 è uno degli orrori che l’Europa ha tentato di “nascondere” durante la Prima Guerra Mondiale, evitando così di produrre in tempo quegli “anticorpi” che sarebbero poi stati necessari nel frenare la Shoah e le politiche genocidiarie della Russia comunista fino quasi agli anni Ottanta. Come ha più volte ricordato la grande scrittrice italiana di origini armene Antonia Arslan, la Turchia ha sempre dimostrato «Una volontà di negare, perché in qualche modo l’orgoglio nazionale turco che hanno cercato di coltivare dal tempo della presa di potere da parte di Kemal Atatürk è sempre stato centrato su di un insegnamento che viene fatto ai bambini sin dalle scuole elementari: “siamo un popolo straordinario, che non potrebbe mai commettere una cosa del genere”».