È uno dei più grandi “macroniani” di Francia ma è anche uno degli ex direttori della World Bank più giovani e innovativi della storia finanziaria recente e ha una proposta tanto pretenziosa quanto interessante: «la finanza riuscirà a salvare il mondo», se lo chiede con un punto di domanda finale nel suo nuovo saggio Bertrand Badré, figlio di un senatore francese ed economista tra i più brillanti in Europa. «La finanza può essere una forza distruttiva se ne perdiamo il controllo, ma, guidata con responsabilità, può avvantaggiare tutti», spiega Badré in una lunga chiacchierata con Francesco Grillo sul Corriere della Sera Economia di oggi. L’informatica e la finanza, secondo l’ex direttore della World Bank, sono le uniche due “lingue universali” a far superare la Torre di Babele: «ci ha permesso di vivere meglio. Tuttavia, una finanza che non riusciamo più a regolare diventa un linguaggio che parla parole (prezzi) non più capaci di dire il valore dei beni che ci scambiamo e ciò può essere distruttivo. C’è però un’altra ragione molto pratica per la quale parlare di finanza è, oggi, essenziale». Usa le cifre per far capire come la finanza possa risolvere molto e nello stesso tempo rovinare tutto come avvenuto nelle ultime due crisi mondiali: «Ci sono 14 trilioni di dollari parcheggiati in titoli con rendimento negativo. È come se il mercato pagasse i debitori per indebitarsi ulteriormente. In nessun altro mercato, l’acquirente di un bene o di un servizio è pagato per comprarlo». Si eliminerebbero povertà assoluta e fame, istruzione a tutti e sviluppo più sostenibile; invece si ha la “paura” di osare, secondo Badré, anche perché la conseguenza della Grande Crisi di 10 anni fa ha portato «una burocratizzazione di molte istituzioni finanziarie che hanno perso capacità di rischiare e innovare».
IL “MACRONIANO” CHE SFIDA LA CINA
Eccola la parola chiave del “macroniano” saggista esperto di finanza: burocrazia, con il rischio di una crisi economica futura ben più grave di quella appena passata. Per evitarla gli strumenti ci sarebbero anche – «Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, banche centrali, G20 e G7, Financial Stability Board» – eppure per Badré occorre un deciso cambio di passo che possa “salvare” il mondo economico e quindi reale: «Bisogna farli lavorare, liberandoli da zavorre burocratiche e concentrandoli su pochi obiettivi. È costoso in termini di tempo necessario a raggiungere consenso, ma non abbiamo tempo di inventare istituzioni nuove». Non solo salvarsi però, secondo l’ex n.1 della World Bank, occorre anche mantenere dei “paletti”, ovvero «conservare la legittimità del nostro modello — democratico — di governare le cose del mondo. Del resto, un’alternativa c’è: si chiama Cina». Secondo però Badré tutto ciò è possibile solo se la società mondiale e occidentale ripensano ad un “vecchio” concetto decisamente necessario: «Dobbiamo ricominciare a pensare come società. A concepirci come comunità (locali, nazionali, sovranazionali) fatte di istituzioni, aziende, associazioni in grado di sperimentare soluzioni. Non è più possibile affidarci all’idea che il sistema si autoregoli, perché la crisi del 2008 dimostra che non è vero».