Novembre. I giovani studenti di terza media sono chiamati a scegliere la scuola in cui continuare gli studi secondari. E immancabilmente, insieme ai primi freddi, calano i risultati della classifica di Eduscopio, portale della Fondazione Agnelli. Sicuramente un aiuto a orientarsi nel panorama delle scuole superiori per studenti e famiglie. Ma cosa significano tali risultati per chi la scuola la fa, la costruisce, giorno per giorno?
Ho assunto a settembre l’incarico di rettore delle scuole della Fondazione Grossman, il cui liceo classico, “Alexis Carrel”, è primo in classifica a Milano e il cui liceo scientifico è salito al settimo posto; ho avuto modo di apprezzare negli anni scorsi i successi dei licei della Fondazione Sacro Cuore, allora in qualità di preside delle medie. Scorrendo le classifiche ho naturalmente provato soddisfazione nel vedere queste scuole presenti nella top ten dei migliori licei milanesi. Ma tale sentimento si è quasi subito tramutato in un vertiginoso senso di responsabilità: il riconoscimento del successo universitario dei nostri ex-studenti si è trasformato da fattore d’orgoglio a indicazione di un compito.
Responsabilità è un termine derivato dal verbo latino respondēre: essere responsabili significa avere il compito di rispondere a qualcuno, a qualcosa. I buoni risultati dei licei della Fondazione che dirigo – di cui non posso peraltro vantare alcun merito – mi hanno stimolato a pensare a chi la nostra scuola debba rispondere e in che modo.
Riflettendo sul lavoro di questi primi due mesi, posso dire che in primis rispondiamo agli studenti stessi: dall’impostazione oraria alle scelte didattiche, alla gestione degli spazi, qualsiasi aspetto della vita della scuola, che viene sistematicamente affrontato in dialogo con i direttori e i presidi della Fondazione, è finalizzato a mettere ogni studente in condizione di poter apprendere. La conoscenza è infatti un avvenimento, ma affinché diventi sistematica a scuola, occorre porre tutte le condizioni possibili affinché accada. Un pennarello che non scrive bene alla lavagna può costituire un ostacolo dell’apprendimento della matematica tanto quanto un contenuto affrontato nel momento errato del percorso!
Rispondere agli studenti significa contestualmente rispondere alla società nella sua interezza: sono loro le energie vive del presente e le risorse future per la costruzione del nostro Paese. E sappiamo quanto sia difficile educare oggi soggetti costruttivi, dalla mente aperta, disposti a prendere sul serio i loro desideri e a combattere per realizzarli. Proprio ieri uno studente di quinta liceo mi diceva di alcuni suoi amici che non hanno desiderio di vivere e che si lasciano morire, perché vuoti di senso e di scopi. In questi giorni ho visto invece studenti all’opera con i loro docenti per preparare l’open day. Suddivisi in gruppi interclasse allestiscono mostre ed eventi per verificare se quanto di ciò che si studia e si impara a lezione aiuta a capire, conoscere e giudicare tematiche scottanti dell’attualità: mi sono stupita nel vedere quanta energia di pensiero, quante domande si aprono nei ragazzi, quanto, se adeguatamente interrogati e responsabilizzati, possono creare in autonomia e collaborando.
Ma qual è la prima condizione per far crescere soggetti liberi, ragionevoli e creativi, tanto che poi siano in grado di continuare a studiare all’università con passione o di immettersi da adulti nel mondo del lavoro? Occorrono adulti liberi, ragionevoli e creativi. Adulti autorevoli, capaci di testimoniare con la loro ricerca del vero e del senso, con la dedizione al compito, con la passione nello studio e nel lavoro che la vita vale la pena di essere vissuta. La prima responsabilità di chi dirige una scuola è dunque nei confronti di sé stesso: occorre che abbia cura della sua crescita umana, professionale, culturale. E che questa stessa cura l’abbia per la formazione continua dei docenti. Perché genera solo chi è continuamente generato.
Non è un caso che scuole come la Fondazione Grossman, il Sacro Cuore, il don Gnocchi di Carate Brianza e alcune altre paritarie diffuse sul territorio italiano si trovino nella top ten dei licei migliori, nonostante le difficoltà che essere una minoranza spesso poco riconosciuta o addirittura mal vista nel sistema pubblico comporta. Se c’è un segreto, è da ricercarsi nel metodo educativo di Luigi Giussani a cui le suddette scuole si ispirano e da cui tutte sono continuamente generate, in un lavoro costante di riflessione sull’esperienza, studio di testi, confronto tra docenti interno alle scuole e tra le scuole per verificare se, e a quali condizioni, quanto ricevuto dalla tradizione può aiutare ciascuno a trovare la sua strada in questo mondo, tanto contraddittorio e imprendibile quanto stimolante per la libertà e la ragione di ogni singolo uomo.