Eni e Total avrebbero sospeso le attività di perforazione nel blocco esplorativo 7 di Cipro. Al di là delle motivazioni addotte dal ministro per l’Energia cipriota Yiorgos Lakkotrypis – motivazione di ordine geologico puramente fittizie – la reale motivazione di questa sospensione è determinata dalla proiezione di potenza turca che attraverso due incrociatori che affiancano la sua nave di perforazione Yamuz ritiene che le risorse presenti a Cipro Nord appartengano storicamente e geograficamente alla Turchia e non a Nicosia.
Vediamo adesso di ricostruire sotto il profilo geopolitico e storico il modus operandi turco a Cipro. Recentemente il presidente Recep Tayyip Erdogan ha presenziato ad Ankara alla cerimonia di messa in servizio della quarta corvetta Tcg Kinaliada prodotta in Turchia e anche alla cerimonia per la prima nave di classe Milgem che sarà venduta al Pakistan.
Dal punto di vista geopolitico è estremamente rilevante il fatto che abbia sottolineato come la Turchia intenda non solo consolidare la sua proiezione di potenza marittima ma anche conseguire l’autosufficienza militare entro il 2023. Infatti la proiezione di potenza marittima alla quale ha fatto riferimento Erdogan si riferisce da un lato alla necessità di conseguire sempre di più un’autosufficienza militare, e dall’altro lato alla necessità di salvaguardare i propri interessi a Cipro contesa con la Grecia in funzione antieuropea e antiamericana (non dimentichiamoci che la Turchia negò ad Obama l’uso della base di Incirlik per contrastare l’Isis).
Ebbene, l’isola di Cipro – isola mediterranea che occupa una posizione nevralgica tra Europa, Asia e Africa – rappresenta una sorta di naturale infrastruttura militare che consente di sorvegliare il Mar Caspio e il Golfo Persico, il Golfo di Aden e lo stretto di Hormuz.
Inoltre, da un punto di vista storico, non solo la Turchia garantisce a livello militare la protezione della Repubblica turca di Cipro Nord (nata ufficialmente nel 1983 a seguito del golpe turco nel luglio del 1974) ma fra gli obiettivi turchi – velleitari o meno che siano – vi è quello di annettere Cipro Nord (come la Cina vorrebbe fare con Taiwan). Inoltre la presenza di ampie risorse energetiche nel Mediterraneo orientale sta rendendo sempre più conflittuali a livello politico le relazioni non solo con la Grecia ma anche con Italia, Unione Europea, Israele ed Egitto.
È noto infatti che Ankara vuole sfruttare le rilevanti risorse di gas naturale presenti nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale.
Proprio in giugno il primo ministro greco, Alexis Tsipras, ha invitato l’Ue a condannare senza riserve le azioni illegali della Turchia relative alle operazioni off-shore in acque considerate parte della zona economica esclusiva di Cipro da parte della nave turca Fatih. Per quanto riguarda invece l’Italia l’anno scorso la Turchia aveva impedito alla nostra compagnia petrolifera Eni di porre in essere operazioni di perforazione inviando navi da guerra, operazioni queste che si sono concretizzate nel blocco navale della Saipem 12000 nel febbraio del 2018.
A tale proposito Erdogan aveva sottolineato come qualsiasi operazione per individuare risorse di gas naturale in quella regione rappresentasse una minaccia per Cipro Nord e per la sovranità economica turca.
Un altro motivo di tensione è quello relativo al pozzo Glaucus-1 che ha un potenziale di risorse stimato tra i 142 e i 227 miliardi di metri cubi scoperto il 28 febbraio 2019 da ExxonMobil e situato nel blocco 10. Questa scoperta è di estrema rilevanza geopolitica perché, insieme alle risorse presenti presso i pozzi di Calypso e di Afrodite, consente a Cipro di avere una posizione più significativa nei suoi partenariati energetici con Egitto e Israele, e di conseguenza le consente di implementare il suo peso geopolitico sia nei confronti dell’Ue che degli Stati Uniti.
Sotto il profilo della deterrenza militare, il conflitto tra Cipro e la Turchia riveste un ruolo sempre più significativo a causa da un lato della presenza costante di fregate navali turche nelle acque cipriote e dall’altro lato dalle relazioni trilaterali Grecia-Cipro-Egitto e le relazioni trilaterali Grecia-Cipro-Israele. Infatti la Grecia conduce importanti esercitazioni militari congiunte con Egitto e Israele.
Ad esempio, le esercitazioni aeronautiche congiunte annuali di Iniohos ospitate dalla Grecia che si sono svolte nell’aprile 2019 includevano Stati Uniti, Italia, Cipro, Israele e Emirati Arabi Uniti. In questo contesto un ruolo di estrema rilevanza è svolto dagli Usa, che possiedono un’infrastruttura militare a Creta e che il 13 dicembre 2018 hanno avviato un dialogo strategico Usa-Grecia.
Proprio allo scopo di consolidare questa partnership, volta a tutelare gli interessi delle imprese petrolifere americane, nell’aprile del 2019 il senatore americano Bob Menendez – membro del Comitato per le relazioni estere del Senato – e Marco Rubio hanno presentato al Senato degli Stati Uniti la “Legge sulla partnership per la sicurezza e l’energia del Mediterraneo orientale” che prevede 3 milioni di dollari di finanziamento in ambito militare per la Grecia e 2 milioni di dollari alla Grecia e a Cipro per l’addestramento militare.
Un altro player significativo è la Francia attraverso la Total francese che sta conducendo operazioni sul gas naturale al largo delle coste di Cipro in collaborazione con Eni. Anche sul piano militare, nel gennaio 2019, la fregata francese Aconit aveva condotto tre giorni di esercitazioni di interoperabilità con le navi militari di Cipro in funzione di deterrenza antiturca.
Vediamo adesso di trarre delle conclusioni. Le azioni della Turchia nelle acque intorno a Cipro devono essere intese come reazioni alla percezione di Ankara di una politica di contenimento da parte degli Stati Uniti e da molti altri suoi alleati della Nato che hanno interessi economici nel gas naturale del Mediterraneo orientale. Ebbene, fino a quando Ankara interpreterà il modus operandi degli Usa e della Nato come player che agiscono per danneggiare o contenere gli interessi regionali della Turchia, Ankara porrà in essere azioni di deterrenza che potrebbero portare a un’escalation che comprometterebbe le relazioni – fra l’altro già tese – con gli Usa e la Nato.