Grazie alla sua confessione l’omicidio del Commissario Luigi Calabresi – assassinato da Lotta Continua a Milano nel maggio 1972 a seguito degli attacchi della Sinistra di allora per la presunta responsabilità nella morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli dopo la strage di Piazza Fontana – è stato “risolto”, anche se i suoi “ex compagni” lo bollano da tempo come un infame e un traditore. Stiamo parlando di Leonardo Marino, l’esecutore materiale assieme a Ovidio Bompressi “reo confesso” dell’omicidio del Commissario, nel quale furono ritenuti mandanti le menti di Lotta Continua come Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani: in un lungo dialogo con il quotidiano Libero Marino si racconta, a partire da quegli attimi terribili della mattina dell’attentato (guidava la macchina mentre Bompressi materialmente sparò a Calabresi) fino al pentimento e al perdono ricevuto dalla vedova Calabresi, la straordinaria Gemma Capra. Fu Leonardo Marino a redimersi e auto-accusarsi per l’omicidio, facendo il nome di Bompressi, Pietrostefani e Sofri e per questo ormai i suoi contatti con la sinistra sono del tutto stati troncati: «In quegli anni ci fu un vero e proprio linciaggio nei confronti del commissario. A creare in noi la convinzione che Calabresi fosse un nemico fu l’ atteggiamento dei grandi nomi della cultura di quel tempo. Non passava settimana che L’ Espresso non pubblicasse pagine intere contro di lui», attacca Leonardo Marino su Libero. Per l’autista della strage, il manifesto degli 800 (l’intellighenzia italiana schierata contro Calabresi ben prima del suo assassinio) aiutò eccome al clima di odio generalizzato dove poi Lotta Continua si sentì “legittimata” a compiere l’indegno omicidio: «in quell’atto d’ accusa contro Calabresi cui aderirono i nomi più importanti della cultura, da Scalfari alla Cederna, da Umberto Eco a Tinto Brass, per arrivare a Pierpaolo Pasolini».
IL PENTIMENTO E IL PERDONO: PARLA LEONARDO MARINO
Leonardo Marino racconta di non aver più contatti con quel mondo dopo la confessione nel 1988 e ribadisce «non ci tengo per nulla dopo tutto il fango che mi hanno buttato addosso. Credo che lo stesso valga per loro: molti di loro hanno sempre pensato che io dicessi cose false. A parte Giampiero Mughini, che ha sempre confermato che Sofri sapesse dell’ azione contro Calabresi». Non solo, dopo il pentimento Marino viene dipinto dall’intellighenzia come un infame, «quando in realtà io mi sono accusato e il mio gesto è stato coraggioso e di verità . Ho avuto la fortuna di avere al mio fianco mia moglie, che ci ha lasciati poco tempo fa, e i miei figli Adriano e Giorgio. Tutta la mia famiglia mi ha sempre sostenuto e guai, per i miei figli , se qualcuno osa attaccarmi». Il pentimento, la conversione religiosa e il perdono ricevuto completamente “gratuitamente” dalla vedova del Commissario: «Io ho perdonato Leonardo Marino perché è un vero pentito; non era in carcere e non ha deciso di pentirsi per avere sconti di pena. Viveva a casa sua e non esisteva e su di lui non esisteva nessuna indagine in corso… Marino, che dopo essersi costituito ha subìto le peggiori angherie, è un uomo che ha molto sofferto e siccome la sofferenza, anche se di origini diverse, accomuna, io mi sono sentito molto vicino a lui e ho sentito che dovevo perdonarlo» è il passo di Gemma Capra nella postfazione del libro di Marino anni fa sull’omicidio Calabresi. Leonardo marino spiega di aver proceduto alla confessione sia per il pentimento profondo e sia per voler rompere una volta per tutte con il mondo del terrorismo di sinistra «Che se rimani “uno di loro”, alla fine ti chiedono di fare qualche rapina o qualche cosa di brutto e, se magari hai bisogno di soldi , lo fai anche». La dedica finale dell’intervista è poi tutta da segnalare, quando Marino senza fare nomi conclude così «chi non stimo? Sono un cattolico e di profonda fede, non esprimo giudizi. Mi piace però ricordare il necrologio che la moglie del commissario scrisse sui giornali: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno“. Quel necrologio lo dedico a quelle persone che mai si sono pentite di essere il substrato di odio che ha causato l’ omicidio del commissario Calabresi».