Che cosa succede in Europa? La Commissione europea non riesce a trovare una stabile configurazione perché la macchina dei partiti europei – così come si dispiega nel Parlamento europeo – non trova una “entente cordiale” che sarebbe l’uovo di Colombo. Aver respinto da parte di tutti i partiti francesi la formula dello Spitzenkandidat si è rilevato nefasto. La chiamata neogollista trasversale di Macron è tracimata in una lenta e pericolosa frammentazione di tutte le subculture politiche. È paradossale che nel mentre il presidente del Parlamento europeo tuona contro sovranismo e nazionalismo, queste due forze culturali agiscano su chiamata del president synthétique che più di tutti vuol farsi interprete di una nuova Europa: quello francese di oggi. Ma proprio perché questa nuova Europa dovrebbe essere a dominazione francese, l’entente cordiale “trasversale” alle subculture politiche non riesce a costituirsi.
Breton, ex amministratore delegato di una multinazionale dei big data, riesce a passare di misura la seconda forca caudina delle procedure di accettazione (dopo la rovinosa caduta della signora Goulard) unitamente alla candidata rumena Valean, ma il candidato ungherese Várhelyi cade rovinosamente. E questo rischia di essere un precedente significativo più che mai. È il candidato del Partito popolare europeo e quindi la sua mancata nomina accentua le faglie tra partiti e tra nazioni. Il colmo si raggiunge poi con la dichiarazione con cui i Verdi hanno motivato il loro voto contrario, ossia spiegando che il candidato sostiene e sosteneva… il Governo ungherese in carica, oltre a essere titolare di un importante studio legale. Alzi la mano chi non lo è o non lo e stato, come ci dimostra l’eclatante e devastante – dal punto di vista della Costituzione (che non c’è) – nomina della signora Lagarde alla Bce!
Prodigi dell’essere un impero senza Costituzione, senza Parlamento, senza centro e senza esercito, dove il nazionalismo e il sovranismo albergano esattamente nelle forze del “potere situazionale di fatto” che domina le procedure e le tecnocrazie miste (tra politica e interessi) di un’Europa a trazione franco-tedesca e oggi a dominio francese per i vari malanni di cui soffre tanto lo Stato tedesco che – poffarbacco – esiste, come dimostra il salvataggio della banca anseatica testé avvenuto in barba a ogni regola, che si fa solo applicare agli altri Stati.
Ma allora come si può spiegare alle anime semplici che specie di costrutto socio-giuridico sia codesto impero europeo? Le regole chi le fa e chi risponde di esse? Mi pare che dalle odierne tristi vicende imperiali la risposta emerga con nettezza: le regole si fanno e si fanno rispettare volta a volta nel momento in cui si dispiegano gli interessi nazionali che sono attivi e operanti.
È di codesto sovranismo e di codesto nazionalismo straccione che bisogna far parola e su cui meditare, anche da parte del presidente del Parlamento europeo. Antonio Gramsci definiva l’imperialismo italiano imperialismo straccione. In verità lo era, ma di cartapesta e per questo non esitava dinanzi ai massacri etiopi e libici. L’imperialismo europeo è qualcosa che ancora non si può definire con l’attuale cassetta degli attrezzi delle scienze sociali. Ma quel che è certo è che quando dobbiamo leggere che il Regno Unito – culla del Parlamento come ideale e come praxis (sino all’infamante referendum brexista, come lo sono tutti i referendum) – dovrebbe essere sanzionato per voler nominare il “suo” commissario che a quel grande, passato, serio e tragico impero spetta solo dopo aver votato, ebbene dobbiamo cominciare a capire che per definire che cosa sia l’Unione Europea non possiamo più usare gli attrezzi dei paradigmi democratici atti a comprendere e a definire le moderne poliarchie.