Industria 4.0 cambia nome e anche un po’ format. Le slides con cui il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha presentato il pacchetto “Transizione 4.0” inserito del progetto di manovra 2020 ricalcano in parte grafici e tabelle forniti dall’Ucimu, l’associazione dei produttori di macchine utensili e riprendono in parte non trascurabile le istanze e le attese dell’intero sistema manifatturiero nazionale. Ma non è facile, a caldo, valutare l’impatto della rimodulazione degli strumenti, adottata dal Conte-2 principalmente con due motivazioni: allargare la platea delle imprese a bordo della digitalizzazione industriale e accentuarne il profilo green.
Il Mise non mostra dubbi sulla forza strategica dell’originario “Piano Impresa 4.0” alla prova del flusso di investimenti che hanno beneficiato di superammortamento e iperammortamento. Ne è conferma la volontà – chiaramente dichiarata dal ministero – di consolidare la portata “poliennale” del piano nazionale originato da Carlo Calenda (era questo un cambio di passo molto atteso sul piano politico-industriale dal presidente dell’Ucimu, Massimo Carboniero). Nel merito, invece, lo spartito cambia: anche se – si è premurato di specificare Patuanelli – a parità di risorse disponibili (7 miliardi) nel bilancio dello Stato.
Entra in gioco il credito d’imposta “a intensità crescente” come veicolo agevolativo principale: a riconvertire sia il superammortamento sull’acquisto di beni produttivi innovativi, sia il più ambizioso “iperammortamento” riservato ai progetti strategici di digitalizzazione manifatturiera. In un approccio che il Mise qualifica come “semplificativo” viene riformato anche il credito d’imposta sulle spese di ricerca e sviluppo industriale. E al di là del gioco delle aliquote – che necessiterà di un esame approfondito e di una “ri-formazione” delle imprese sul piano amministrativo – l’anticipo della fruizione del beneficio (al gennaio dell’anno successivo all’investimento) è indicato dal Mise come la quadratura del cerchio fra la conferma di un incentivo fiscale finora concretamente appetibile e l’obiettivo di aumentare fino al 40% lo spettro delle imprese coinvolgibili.
Nel portafoglio 2020 di “Impresa 4.0” troveranno posto budget singoli per singole “etichette” di politica industriale innovativa: “Agenda Digitale”, “Industria sostenibile”, “Agrifood”, “Fabbrica intelligente”, “Scienze della Vita”, “Calcolo ad alte prestazioni”. In totale 1 miliardo: un monte-risorse che avrebbe potuto essere destinato ad aumentare strutturalmente lo stanziamento per “Formazione 4.0”: confermato nelle agevolazioni per il costo dei dipendenti in fase di addestramento, non per i costi di un’education tutt’altro che di base. Il test imposto dal Mise del Conte-2 a Impresa 4.0 al suo quarto anno di vita forse si gioca qui. Gli industriali del settore avevano contavano sulla “volta buona”. Patuanelli ha deciso diversamente. L’auspicio è ovviamente che non abbia visto sbagliato.