In principio fu il popolo del pratone di Pontida ed il nemico era “il malaffare partitocratico”.
Poi apparvero i girotondi, il cui nemico apparente s’incarnava nel “Caimano” (al secolo Silvio Berlusconi) e quello vero nella dirigenza del “nuovo partito comunista”. Memorabile la frase di Nanni Moretti: “con questi non vinceremo mai!”.
Quindi venne il tempo dei “Vaffa Day” e il nemico di Beppe Grillo, comico divenuto affabulatore politico, tornò ad essere il sistema istituzional-politico regno di “malgoverno” e corruzione.
Infine la piazza delle “Sardine”: una festa di popolo (non già, un popolo) la cui identità (come quella del governo giallo-rosso) sembra riassumersi – e risolversi – nell’anti-salvinismo.
Tutto appare vecchio sotto il sole!
Le sardine “non legano” soprattutto a sinistra, con quel Pd di cui sono evidente controcanto.
Le composte piazze di Bologna e Modena non hanno bandiere, non contestano, non gridano e persino, non parlano; ma ci sono.
Ecco la loro forza: le Sardine altro non sono che un “moto di testimonianza”; l’onda lunga della paura ma, al tempo stesso, un argine discreto di speranza.
La politica è altrove: nelle cene, nei talk show, nei comizi. Qui c’è l’umanità del quotidiano, nient’altro che una sobria normalità.
“Bologna non si Lega” più che uno slogan appare un metodo ed un monito.
Le Sardine – è dichiarato – non si incatenano a nessuno né di qua, né di là: contano in quanto ci sono. E fin quando ci saranno!
Non sono proposta ma semplice presenza.
Certo, l’obiettivo politico c’è ed è assai preciso, ma la finalità politica non sembra essere la sconfitta della Lega. Salvini difficilmente vincerà in Emilia-Romagna e il movimento delle “Sardine” finirà per divenire una mano “benedetta” e del tutto inattesa per l’apprezzato presidente Stefano Bonaccini.
Ma nulla è legato. Niente conquistato.
Le sardine si muovono a branchi: oggi viaggiano in una direzione… domani, chissà.