Le corde di metallo, quelle corde che sanno di antico, di purezza, di fascino. Walter Muto sa come farle scintillare, siano di chitarra, mandolino, ukulele, banjo. Addio a quei maledetti suoni campionati, a quell’elettronica cialtrona, che è oggi il pane quotidiano di chi pretende di “fare musica”. Addio, almeno per la durata di questo splendido disco.
Corde che ci introducono con delicatezza in un mondo altrettanto antico, canzoni di Natale. Non il solito prodotto commerciale che fanno tutti o quasi, ma una ricerca storica e popolare di alta classe. E’ il caso di Vieni, o fonte benedetta, ispirata dall’inno Come Thou Fount Of Every Blessing scritta dal pastore Robert Robinson a 22 anni nel 1757. Muto la rilegge in una danza in ritmo dispari, traducendola in italiano, salvando l’originale in inglese per l’ultima strofa. Una sfida coraggiosa: per le classiche Antifone ‘O’ 1 & 2, addirittura di origine gregoriana, usa una chitarra resofonica suonata con il bottleneck, il collo di bottiglia reso famosi dai bluesmen afro americani. Le altre antifone sono affrontate qua e là nel disco come intermezzi di raccoglimento e di preghiera.
Viene ripresa poi E’ Natale, brano di Paolo Amelio che Walter Muto aveva prodotto per il suo cd del 2005, trasformandola da influenze sudamericane a una vivace ballata dai sapori country: fingerpicking di classe, chitarra resofonica, ukulele e banjo. Tutto suonato da lui naturalmente come in tutto il disco. Muto poi compone di sua mano Nuova attesa, che ricorda certe composizioni di Claudio Chieffo, quelle più intime. Un classico della tradizione natalizia viene affrontato in modo ambizioso in Noi, i tre re, composizione di John Hopkins risalente al 1857. Apertura orientaleggiante con sitar, un dulcimer che riporta alla tradizione popolare. I ritornelli, come anche in altri canti dedicati allo stesso tema, inneggiano alla stella cometa che ha guidato i Magi fino alla grotta della Natività.
Il disco si chiude con una saltellante e briosa versione in chiave swing di un altro classico, Early on one Christmas Morn (che qualcuno ricorderà nella splendida versione del cantautore canadese Bruce Cockburn, a cui Muto si ispira dichiaratamente). E’ il mattino di Natale, che la gioia esploda in tutta la sua bellezza.
Un disco colto, che permette di riprendere in mano l’immenso patrimonio natalizio, oggi dimenticato e sfregiato da canti che nulla hanno di religioso, al contrario di quel popolo che dedicava tutto se stesso per celebrare l’Avvenimento del figlio di Dio che si faceva uomo. Il recentemente scomparso Colin Mawby organista, direttore corale e compositore, commentava a proposito della Messa natalizia a cui aveva appena assistito: “La musica era spaventosa e sarebbe stata più appropriata in un locale notturno – grida e invocazioni in un accompagnamento in scatola. Me ne andai rapidamente, chiedendomi perché la Chiesa fosse affondata a tali profondità per rendere popolare l’adorazione”.
“Nel fare un album dedicato al Natale, questo era quello che mi interessava di più: cantare il fulcro di questa festa, e cioè la nascita di Gesù” commenta invece Walter Muto (sul sito waltermuto.it è possibile leggere genesi e approfondimenti di ogni singolo pezzo).