La cosiddetta Cappella del Barolo (nome che si rifà al celebre vino rosso DOCG prodotto dalle uve locali), in Piemonte, non è solo una delle più curiose e insolite attrazioni di una delle zone più belle d’Italia (non a caso i Paesaggi Vitivinicoli delle Langhe-Roero e Monferrato sono stati riconosciuti quali Patrimoni Mondiali UNESCO) ma anche la chiesa più colorata che si può trovare lungo tutta la penisola. Si trova infatti nei pressi del comune di La Morra, in provincia di Cuneo, questa piccola chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie e che rappresenta per coloro che si trovano a passare da quelle parti un “must” per i patiti di Instagram anche per via della singolare storia che ha alle spalle e che, da pregiata ma pur sempre anonima Cappella, dopo il restauro del 1999 da parte di due artisti di fama internazionale è diventata uno degli “attrattori” della zona delle Langhe, tanto da essere stata citata più volte in articoli e pubblicazioni estere dedicate all’arte. Scopriamo dunque cos’ha di speciale la Cappella del Barolo e la storia di un edificio che si presenta ai viandanti non tanto come un luogo di culto quando proprio come un vivace caleidoscopio di colori.
LA COLORATISSIMA CAPPELLA DEL BAROLO NELLE LANGHE
Situato nei pressi di La Morra, nel Cuneese, la Cappella di Barolo è un luogo di culto che, però, va ricordato, non è mai stato consacrato e la sua storia comincia all’inizio dello scorso secolo: la piccola chiesetta fu costruita infatti nel 1914 da dei contadini del luogo e pare che inizialmente servisse molto semplicemente come un rifugio per coloro che lavoravano nei vigneti delle Langhe o in campagna nelle stagioni in cui si poteva venire sorpresi all’improvviso da un acquazzone e si era impossibilitati a tornare a casa. Dunque la definizione di chiesetta destinata al culto della Madonna delle Grazie è impropria nel senso che non fu mai consacrata per celebrare la Santa Messa ma si tratta di qualcosa entrato oramai nell’uso comune. Negli Anni Settanta, invece, fu acquistata dalla famiglia dei Ceretto che divenne proprietaria pure dei terreni adiacenti ma questo non servì a preservare l’edificio dall’abbandono, dimenticata da tutti e inutilizzata: ma, come accennato, nel 1999 ecco la svolta con la rinascita venne affidata a due artisti, lo statunitense Sol LeWitt (nome importante del filone dell’arte concettuale e scomparso poi nel 2007) e al suo collega David Tremlett, scultore e fotografo inglese oggi 74enne, che si occuparono rispettivamente del restauro degli esterni e dell’interno, dividendosi equamente il lavoro.
LA STORIA DELLA CHIESETTA MAI CONSACRATA CHE POI…
Come è noto, grazie all’impulso della famiglia Ceretto, è di LeWitt l’idea di colorare l’esterno della Cappella del Barolo, o delle Brunate come la chiamano molti per via dei vigneti circostanti, dando vita a quella trama di forme geometriche gialle, rosse, verdi e blu, trasformandola così da rudere a edificio più fotografato della zona: non meno originali sono le intuizioni di Tremlett per gli interni e il pavimento marmoreo, contribuendo a quel contrasto cromatico con il paesaggio circostante che rappresenta oggi uno dei motivi del successo di questa chiesetta mai consacrata e che secondo alcune stime attira ogni anno più di 60mila tra turisti e semplici appassionati di arte contemporanea. Non va dimenticato che, in un territorio riconosciuto come Patrimonio UNESCO, la Cappella “idealmente” dedicata alla Santissima Madonna delle Grazie si trova lungo un suggestivo itinerario panoramico, rappresentando un passaggio quasi obbligato per chi visita quelle zone. E proprio in questo 2019 è caduto il ventesimo anniversario di quel felice restauro, occasione che ha portato la famiglia Ceretto a organizzare alcuni eventi per ricordarlo: innanzitutto una mostra chiamata “Keeping Time” in onore dei due artisti anglosassoni e pure la cerimonia nel corso della quale la via che passa davanti al coloratissimo edificio è stata ribattezzata “Strada alla Cappella del Barolo di Sol LeWitt e David Tremlett”: “Mai avremmo immaginato nel 1999 che l’arte sarebbe diventata una componente così importante della nostra attività” ha spiegato in una intervista Roberta Ceretto, responsabile dell’omonima azienda vitivinicola di famiglia e membro della Fondazione CRC, dichiarandosi sorpresa ancora oggi per il “moderno pellegrinaggio” che molti fanno recandosi presso la chiesetta durante i loro tour della Valle del Barolo.