“Scacco alla mafia nigeriana” titolano oggi molti media, in seguito a una operazione su scala internazionale che ha coinvolto Italia, Germania, Francia, Olanda e Malta. In particolare risultano colpite due organizzazioni diverse che si occupavano di riduzione in schiavitù, estorsione, rapina, lesioni, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. In particolare poi la Direzione distrettuale antimafia della procura di Bari si è occupata dello sfruttamento e delle violenze sui migranti che si trovano nel Cara, il centro di accoglienza richiedenti asilo di Bari Palese dove si sono registrati tanti incidenti e omicidi. Ma cosa è esattamente la “mafia nigeriana” di cui si sente spesso parlare ma che non si sa bene cosa sia? Lo abbiamo chiesto a Sergio Nazzaro, autore di reportage d’inchiesta sulle criminalità organizzate nazionali ed internazionali, il cui ultimo libro, Mafia nigeriana: la prima inchiesta della Squadra antitratta è da poco stato pubblicato ed esamina a fondo il fenomeno: “La mafia cosiddetta nigeriana non è un fenomeno indipendente, qualsiasi tipo di mafia agisce perché ha il permesso delle mafie italiane. Per fare un esempio, a Castelvolturno ognuno paga un pizzo su ogni pezzo di strada dove ci sono le prostitute, o dove si spaccia”. Una “sotto-mafia” in un certo senso, che si occupa del “lavoro più sporco”. Ci spiega infatti Nazzaro che al proposito esistono due falsi miti: “Che la mafia nigeriana possa prendere il posto di quella italiana, cosa che non succederà mai, perché comanda sempre la mafia italiana. I nigeriani hanno il monopolio soprattutto nelle periferie dei grandi centri urbani del Nord, occupandosi di quei crimini che sono anche i più pericolosi per chi li pratica. I nigeriani si occupano dello spaccio al dettaglio, che è la cosa più pericolosa”.
CRIMINALITÀ PER SODDISFARE LE VOGLIE DEGLI ITALIANI
Ha fatto scalpore nell’operazione di queste ore il fatto che diversi nigeriani del Cara di Bari si siano rivolti alle autorità chiedendo aiuto proprio dai loro connazionali: “Come ogni volta, le mafie sfruttano innanzitutto i propri connazionali, come è successo in America all’inizio del secolo scorso. Le prime vittime sono nella loro comunità, non abbiamo mai visto africani taglieggiare attività italiane. Loro sfruttano i loro connazionali. Ci sono dozzine di indagini che dimostrano come si tratti di una risposta a una domanda del mercato che è la domanda dell’uomo bianco, l’italiano: droga e prostituzione. Per fare ciò le prime vittime sono i loro connazionali”. Questa ultima operazione si è svolta a livello internazionale: “La criminalità coinvolge sempre paesi esteri, ciò dimostra la ramificazione esistente in Europa, la fluidità e la strutturazione. Non è una criminalità improvvisata”. Ma è vero che ogni gruppo fa capo a una centrale che si trova in Nigeria? “In Nigeria è la casa madre ed è in Nigeria che si svolgono gli scontri per il predominio tra i vari clan, la conquista del potere con infiltrazioni come succede da noi all’interno delle istituzioni. Tutte le mafie sono globali, si muovono con velocità, non hanno confini, sono transnazionali e così devono essere le polizie ma anche la legislazione. Importante è avere una legislazione unitaria, perché se vai nel paese vicino dove la mafia non è riconosciuta, questo diventa un problema”. Esistono agenti italiani infiltrati in Nigeria? “Questo non è dato saperlo, ma i nostri investigatori sono molto bravi. Ho seguito inchieste a vari livelli, da carabinieri ai Ros ai vigili urbani di Torino distaccati presso la procura ed è di loro che parlo nel mio ultimo libro, un gruppo unico in Italia, la Squadra anti tratta”. Di cosa si occupano? “Lo racconto nel libro, hanno concluso una operazione importantissima infiltrando microspie a Bologna dove si teneva un meeting internazionale di boss. Da queste intercettazioni si sono capite molte cose: chi sono i capi e cosa pianificano per il futuro. Ma soprattutto è stata svelata la loro mentalità criminale. È intervenuto un vice capogruppo straniero che candidamente ha detto di non voler fare il mafioso tutta la vita, ma di volersi godere i soldi, diventare commissario di polizia o deputato, scalare le gerarchie”. Viene da chiedersi quanti di questi boss siano clandestini o regolari residenti in Italia. Nazzaro ci spiega che quasi tutti hanno ricevuto regolari permessi di soggiorno o di residenza, ma senza risultare criminali. Svolgevano regolari attività commerciali, come negozi, per non destare sospetti. “Spesso” ci ha spiegato “si dà la colpa di episodi terribili come l’uccisione delle due ragazze italiane alla mafia nigeriana, ma si tratta di episodi di criminalità comune, loro stanno attenti a rimanere nascosti”. In sostanza, “non si infiltrano negli appalti, nella corruzione ma non per questo bisogna fare distinzioni. Quando c’è mafia c’è una persona sfruttata e quella dobbiamo difendere”.