L’Italia è in ansia
, come un “virus” che distrugge da dentro qualsiasi cosa: dai rapporti, alla fiducia, passando per la politica e il lavoro: è quanto emerge dall’ultimo Rapporto Censis 2019 che prova ad inquadrare nella sua 53esima edizione i più significativi fenomeni socio-economici del Paese «nella fase di eccezionale trasformazione che stiamo vivendo da un decennio». Una «società ansiosa macerata dalla sfiducia», viene definita l’Italia nelle pagine stilate dai ricercatori del Censis: i problemi sono tanti e non sempre “distinguibili” in un’analisi che di natura è generale e generalizzata, ma nell’occhio di insieme che getta il Rapporto Censis 2019 si può riscontrare «la solitaria difesa di se stessi degli italiani ‒ esito del furore di vivere e di stratagemmi individuali per difendersi dalla scomparsa del futuro ‒, le responsabilità collettive eluse, ma anche i grumi di nuovo sviluppo». Dalla crisi economica costante, l’ansia per il futuro e la sfiducia verso il prossimo hanno portato «anno dopo anno ad un logoramento» sfociato da una parte appunto in «stratagemmi individuali di autodifesa» e dall’altra in «crescenti pulsioni antidemocratiche», facendo di fatto crescere l’attesa «messianica dell’uomo forte che tutto risolve». È infatti il 48% degli italiani ad attendere ancora un uomo forte al potere che non debba, addirittura, «preoccuparsi di Elezioni e Parlamento».
RAPPORTO CENSIS 2019: L’ITALIA È IN ANSIA
Nello stesso Rapporto Censis 2019 si scopre come il 62% degli italiani sia convinto che al netto dell’incertezza e dell’ansia che regnano sovrane nella nostra epoca, comunque non si debba uscire dall’Europa (il 25% vuole invece una Italexit) anche se poi il 32% si dice del tutto a favore alla riattivazione delle dogane alla frontiere interne della Ue. Il 49% invece le considera un ostacolo alla libera circolazione di merci e persone; insomma, anche sul fronte comunitario l’incertezza regna incontrastata, o quasi, secondo il Rapporto 2019. Sul fronte del lavoro, l’aumento dell’occupazione nel 2018 (+321mila lavoratori) viene vissuto come un “bluff” nel 2019, «non produce né reddito né aumenta crescita»; nelle “istantanee” che invece vengono scattate dal Censis, interessante i dati su social e smartphone, anche qui “complici” nel dare un’idea di profonda fragilità delle nuove generazioni e degli stessi adulti di fronte al futuro che avanza. Il 25,8% di chi possiede uno smartphone non esce di casa senza il caricabatteria al seguito; oltre la metà (il 50,9%) controlla il telefono come primo gesto al mattino o l’ultima attività della sera prima di andare a dormire. Il commento del Rapporto è spietato, «la diffusione su larga scala dei telefonini ‘intelligenti’ nell’arco di dieci anni abbia finito con il plasmare i nostri desideri e i nostri abitudini». Lato social invece, i compulsivi sono per il 22,3% “ottimisti” mentre al 24,3% “pessimisti”: «Facebook (48,6%) raggiunge l’apice del seguito tra gli utenti “esibizionisti” (pubblicano spesso post, foto e video per esprimere le proprie idee e mostrare a tutti quello che fanno). I “pragmatici” (usano i social per contattare amici e conoscenti) si definiscono poco pessimisti (14,6%) e più disorientati (30,7%). Mentre gli “spettatori” (guardano post, foto e video degli altri, ma non intervengono mai), sono poco pessimisti (17,1%)», conclude il Rapporto Censis (qui il testo integrale)