“Hanno arrestato il colpevole è evidentemente una gaffe”, esordisce Bruno Vespa nel docufilm Io ricordo piazza Fontana. Il giornalista, allora 25enne, fu il primo a dare la notizia in Tv del fermo di Pietro Valpreda, affrettandosi ad apostrofare l’uomo come “colpevole”. L’indizio, la prova? “Un tassista ha accompagnato un giovane nei pressi del luogo della strage”. Quel giovane, a quanto pare, era proprio Valpreda, all’epoca un ballerino ingaggiato dalla Rai. L’azienda (o chi per essa), aveva intimato a Vespa di tacere sulla sua professione. “Mi chiesero: ‘Non dire che è un ballerino’. Il fatto che la Rai avesse firmato un contratto con un anarchico avrebbe dato scandalo; ci avrebbero chiuso”. A cinquant’anni dalla strage, Vespa ricorda quell’episodio con un sorriso. E si giustifica: è vero, Valpreda è stato assolto, ma lui personalmente fu molto elegante e delicato, nel definirlo semplicemente “colpevole”. “I giornali lo chiamavano ‘mostro’”, ricorda il ragazzo. (agg. di Rossella Pastore)
Pietro Valpreda tra i sospettati
Il nome di Pietro Valpreda emergerà durante la prima fase delle indagini sull’attentato di Piazza Fontana del ’69. Le autorità sono convinte infatti che gli anarchici siano i responsabili dell’attacco e per questo non impiegheranno troppo tempo prima di accendere le luci sullo scrittore. Riuscirà a dimostrare la propria innocenza solo nell’85, grazie ad un’assoluzione piena che smentirà l’ipotesi che fosse l’autore della strage. “Assoluzione con formula piena per non aver commesso il fatto”, chiederà il Procuratore generale, ricorda Il Corriere della Sera. Le parti civili ed in particolare l’avvocato Odoardo Ascari tuttavia si opporranno all’assoluzione di Valpreda: “Altri quattro Pubblici Ministeri si sono susseguiti in questa vicenda: da Occorsio, convinto della colpevolezza dell’anarchico, a Lombardi, che chiese l’insufficienza di prove; da Porcelli, favorevole all’ergastolo, fino al Procuratore Generale della Cassazione, anche lui certo delle responsabilità di Valpreda”. Per tanti anni il ballerino e poeta verrà considerato come l’accusato numero uno per la strage milanese, un peso fin troppo difficile da sopportare per il diretto interessato. Ancora prima del processo, Valpreda infatti verrà ricoverato al Policlinico per via del morbo di Buerger di cui è affetto. L’ordine verrà dato dal Presidente d’Assise Orlando Falco, per via delle condizioni di salute sempre più problematiche del detenuto. Ritornerà a Regina Coeli circa una quindicina di giorni più tardi, nonostante l’opposizione dei suoi difensori.
Pietro Valpreda, non basterà l’alibi per…
Non basterà un alibi a salvare Pietro Valpreda dalla terribile accusa di essere l’autore della strage di Piazza Fontana. Persino Rachele Torri, che confermer la sua versione dei fatti, ovvero che quel giorno si trovasse in casa sua con la febbre alta, diventerà oggetto d’indagine da parte dei giudici. “Il giudice Istruttore dottor Cutillo e il PM dottor Occorsio non le credono. Sono convinti che l’alibi offerto dalla prozia per il pomeriggio della strage sia falso”, scrive all’epoca Il Corriere della Sera. A confermare le presunte menzogne della Torri sarà la dichiarazione di Cornelio Rolandi, un tassista che riconoscerà Valpreda come l’uomo che ha trasportato quel giorno fino in via Santa Tecla, munito di una borsa sospetta. Non sarà solo il giorno dell’attentato ad essere messo tuttavia sotto analisi, ma anche quello successivo. Secondo la famiglia del ballerino infatti, Valpreda si sarebbe trovato a casa con la febbre fino a due giorni dopo l’attentato, mentre la soubrette Ermanna Ughetto riferirà di aver cenato con lui il giorno successivo alla strage, a Roma. Oggi, giovedì 12 dicembre 2019, Io ricordo Piazza Fontana analizzerà la tragedia grazie al punto di vista delle vittime, seguendo inoltre le stesse piste percorse in quegli anni dalle autorità italiane. Un momento difficile anche per lo stesso Valpreda, che dopo due anni di attesa in carcere, senza alcuna notizia sulla data del processo, minaccerà di fare lo sciopero della fame: “Ancora pochi giorni di attesa, poi incomincerò a digiunare. Smetterò quando avranno stabilito la data per il processo o continuerò fino a morire”. Il calvario però è appena iniziato: l’anno successivo, in occasione della terza serie di udienze presso la corte d’Assise di Catanzaro, il difensore Guido Calvi chiederà ai giudici di porre l’attenzione sul giallo dei verbali scomparsi, quelli redatti in occasione del primo interrogatorio del suo assistito e comprensivi della prima deposizione
del tassista Rolandi.