LE RICHIESTE SINDACALI
Nel corso del consiglio territoriale pensionati La Spezia Cisl è stato deciso di organizzare un presidio davanti alla Prefettura della città ligure, con l’obiettivo di sostenere le iniziative contro le misure di riforma pensioni varate dal Governo. “Si tratta di dare finalmente al Paese una legge di civiltà che aiuti le persone e le famiglie ad affrontare il dramma della non autosufficienza; di allargare la platea dei beneficiari della 14esima mensilità oltre il limite attuale dei mille euro; garantire la piena rivalutazione delle pensioni di importo sino a sette volte il trattamento minimo”, sono le parole del Consiglio territoriale riportate da gazzettadellaspezia.it. La Segretaria nazionale Cgil, Ivana Galli, intervenendo al direttivo della Cgil Sicilia, ha evidenziato, come riporta il sito di Rassegna sindacale, che “al Sud, come nel resto del Paese, buste paga e pensioni leggere producono il crollo dei consumi. Su questo, occorre intervenire. Con buste paga e pensioni più pesanti ripartono i consumi e si favorisce la ripresa”.
LE PAROLE DI GHISELLI
Roberto Ghiselli spiega a pensionipertutti.it che per il dopo Quota 100 “Cgil, Cisl e Uil propongono la possibilità di andare in pensione per tutti a 62 anni con 20 anni di contributi o con 41 anni di contributi senza alcun vincolo di età o penalizzazione. Inoltre prevedono la possibilità di veder riconosciuto un anno di contributi in più per ogni figlio o per ogni 5 anni dedicati ad un famigliare non autosufficienti”. Il Segretario confederale della Cgil evidenzia anche che i sindacati, sul fronte della riforma pensioni, ritengono che “a chi si trova nelle condizioni di disoccupazione, invalidità o chi ha fatto lavori più pesanti, vanno riconosciuti ulteriori benefici in termini di età di pensionamento o di valore della pensione”. Senza trascurare un’altra istanza: “Per chi fa lavori discontinui o a basso reddito, come i part-time, va inoltre garantita una pensione di garanzia che gli consenta di raggiungere comunque una pensione dignitosa di almeno 1.000 euro al mese”, un progetto non facile da concretizzare.
LA PROPOSTA DI PENSIONATI D’ITALIA
I Pensionati d’Italia in Fratelli d’Italia, come spiega il loro coordinatore nazionale Valfredo Porega dalle pagine del corrierequotidiano.it, propongono misure di riforma pensioni per “elevare a 1.000 euro mensili tutte le pensioni inferiori a tale importo, e una rivalutazione delle altre”, ricordando “l’importanza del ruolo del pensionato nella società di oggi, sicuramente un valido aiuto per la famiglia, i figli e i nipoti”. Intanto c’è soddisfazione tra i Vigili del fuoco dopo la decisione del Governo di stanziare 65 milioni di euro per loro nella manovra. Studio1000.it riporta le dichiarazioni di Roberto Lisi, Segretario provinciale di Taranto del sindacato Conapo: “Esultiamo per l’accordo raggiunto nel vertice di governo. 65 milioni di euro nel 2020, 125 nel 2021 e 165 strutturali dal 2022 per adeguare le retribuzioni e il sistema previdenziale dei vigili del fuoco a quello delle forze di polizia, che si aggiungono alle risorse per il normale rinnovo del contratto di lavoro, è il più grande stanziamento mai ricevuto dai Vigili del Fuoco”.
LE MISURE CON IMPEGNO ECONOMICO DELLE IMPRESE
Attraverso un decreto del ministero dell’Economia e delle finanze sono stati lasciati invariati i requisiti pensionistici per il 2021 e il 2022. Stante la minima variazione dell’aspettativa di vita, è stato quindi deciso che l’età pensionabile resta a 67 anni. Il Sole 24 Ore evidenzia come questo decreto influisca anche sull’accesso alla pensione tramite i fondi bilaterali di solidarietà, come quelli del credito o del settore assicurativo, tramite il contratto di espansione, da poco operativo e tramite l’isopensione, una misura introdotta con la riforma pensioni targata Fornero. Dunque per i prossimi tre anni non ci saranno variazioni nei requisiti di accesso a queste tre misure, che richiedono un impegno economico delle imprese. In questo senso il quotidiano di Confindustria ricorda che il datore di lavoro “dovrà mettere a budget 54 mesi di provvista comprensivi di contributi di emolumento mensile (per isopensione e fondo), mentre nel caso del contratto di espansione risparmierà versando solo la provvista mensile senza contributi, integrando per giunta nei primi 24 mesi il valore della Naspi”.
ESODATI E APE SOCIAL, LE SPERANZE RIMASTE
Con un post sulla propria pagina Facebook, Tommaso Nannicini esprime delusione e disappunto per il fatto che gli emendamenti in tema di riforma pensioni che aveva presentato siano stati bocciati. Ricordando che “la politica, come la vita, è fatta di scelte”, il Senatore del Partito democratico evidenzia che “sulle pensioni per le persone in difficoltà, esodati e Ape sociale, si è fatta semplicemente la scelta sbagliata”. Dal suo punto di vista, dopo questa brutta notizia, “ci sono solo due speranze. La prima: un ravvedimento (operoso) del governo nel weekend, mentre scrive il maxi emendamento da sottoporre al voto di fiducia lunedì. La seconda: calendarizzare da gennaio il mio disegno di legge n.1010, che giace al Senato dal 5 marzo 2019, per avviare la discussione su una riforma strutturale delle pensioni che dia risposte alle categorie deboli per sempre, senza dover elemosinare interventi ogni anno”. Vedremo se l’esecutivo inserirà o meno nel maxi-emendamento le misure auspicate da Nannicini e da molti italiani.
BOCCIATI GLI EMENDAMENTI DI NANNICINI
In tema di riforma pensioni c’è da segnalare che gli emendamenti alla manovra presentati da Tommaso Nannicini in tema di esodati e Ape social sono stati bocciati. È stato lo stesso senatore del Partito democratico a comunicarlo e la notizia è stata riportata via social da Mauro D’Achille amministratore del gruppo Facebook Lavoro e pensioni: problemi e soluzioni. C’è rabbia e delusione per la decisione presa dalla commissione Lavoro del Senato, che ha bocciato anche altri emendamenti in tema di previdenza, come quello che mirava a rendere possibile l’accesso a Opzione donna tramite il cumulo contributivo gratuito: cosa oggi non ancora possibile. Italia Oggi spiega invece che è stato approvato un emendamento che rende possibile riscattare buchi contributivi, per chi ha iniziato a lavorare dal 1996, fino a dieci anni tramite la cosiddetta pace contributiva, che attualmente ha un limite di 5 anni riscattabili. In questo modo ci sarebbe la possibilità di avvicinare il traguardo pensionistico per alcuni lavoratori.
RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI BRAMBILLA
Con un intervento su ilpuntopensionielavoro.it, Alberto Brambilla avanza la sua proposta per una riforma pensioni post-Quota 100, con una flessibilità frutto di “un intervento definitivo e strutturale, dando ai cittadini delle certezze con regole semplici e valide per tutti”. Secondo il Presidente di Itinerari Previdenziali, “mantenendo i requisiti per la pensione di vecchiaia a 67 anni di età, indicizzata all’aspettativa di vita, e almeno 20 di contribuzione, quello che si potrebbe fare è sostituire le varie Quota 100, opzione donna, Ape sociale e agevolazioni varie, da un lato, estendendo ad altre categorie professionali i fondi esubero (che, sul modello di quanto fatto già fatto da banche e assicurazioni, sarebbero completamente finanziati da imprese e lavoratori, dunque a costo zero per la collettività) e, dall’altro, consentendo un pensionamento flessibile con 64 anni di età, sempre indicizzata, con almeno 39 anni di contributi, di cui non più di 3 figurativi”.
QUOTA 103 SENZA DIVIETO DI CUMULO
Brambilla specifica che nel contempo dovrebbe restare stabile “la pensione anticipata, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e uno in meno per le donne, rigorosamente svincolati dall’aspettativa di vita”, eliminando anche il divieto di cumulo. Dal suo punto di vista, “nei primi anni, si spenderebbe certo forse qualcosa in più ma, a regime, questa ‘Quota 103’ dovrebbe costare meno di Quota 100 anche perché, trattandosi di pensioni prevalentemente contributive, non si farà altro che restituire quanto versato”.