La sterlina ha reagito bene al risultato delle elezioni inglesi confermando un andamento che durava da qualche settimana e cioè da quando si era capito che Boris Johnson era in netto vantaggio. Tutto ovviamente deve essere interpretato alla luce della Brexit e delle assunzioni che il mercato oggi fa. Questa è ovviamente anche l’unica interpretazione possibile delle elezioni di giovedì: Boris Johnson ha vinto avendo impostato tutta la campagna elettorale sull’uscita dalla Gran Bretagna dall’Ue, facendone, nei fatti, un secondo referendum. Ci conforta in questa analisi la sovrapposizione pressoché perfetta tra i seggi guadagnati dai conservatori e il successo del leave in quei collegi nel referendum del 2016. Nessuno riuscirà a convincerci che nelle roccaforti labour dove si festeggiava per la morte della Thatcher non abbiano votato Corbyn perché “troppo di sinistra”.
Torniamo alla “sterlina”. Il mercato ci sembra sconti in prima battuta due elementi. Il primo è che dopo tre anni estenuanti si intravede la fine dell’incertezza sull’appartenenza all’Unione europea della Gran Bretagna. Oggi sappiamo che una delle cause principali dello stallo, la risicata maggioranza nel Parlamento inglese, è venuta meno. La seconda è che l’accordo commerciale tra Europa e Regno Unito non sarà, almeno per i “mercati”, l’apocalisse che è stata prospettata per anni e che evidentemente non terrorizza gli inglesi. L’Unione europea è palesemente in difficoltà per l’evoluzione dell’economia globale, per il “protezionismo” americano, per la nuova natura bilaterale dei rapporti diplomatici. Sappiamo che la Francia ha un approccio negoziale più rigido di quello tedesco, è meno ricattata nel nuovo contesto, ed è difficile immaginare che la Germania voglia aprire un altro fronte caldissimo con i dati che escono sulla sua produzione industriale. Nessuno in Europa ha interesse a infliggere alla Gran Bretagna un accordo “punitivo” che tornerebbe indietro moltiplicato in termini di destabilizzazione economica e forse politica. Sinceramente tra i due “nuovi” per modo di dire, concorrenti quello messo male “politicamente” è l’Unione europea.
Il terzo elemento è che la Gran Bretagna può fare quello che vuole. Ha una sua banca centrale che compra il suo debito, una sua valuta, suoi rapporti commerciali, ecc. È, in sostanza, sovrana, stabile e ha rapporti internazionali solidi. Può fare quello che vuole. Tutto ciò sui mercati viene apprezzato. Pensiamo solo al fatto che l’America di Trump chiuderà l’anno con un deficit a due cifre e il dollaro ai massimi. Le follie che si sentono a queste latitudini su austerity, sovranità condivisa e famiglia europea sui mercati contano solo per i Paesi sotto tutela, a sovranità limitata e messi in condizioni di essere ricattati dai propri concorrenti. È chiaro a tutti insomma che se la banca centrale italiana, la Bce, o la politica fiscale o quella valutaria sono controllata da tedeschi e francesi per l’Italia la conclusione è una sola.
Ci sono poi una serie di questioni di “lungo periodo”. La Prima è che la Gran Bretagna non può non essere un concorrente politico per l’Unione europea. Ci hanno detto che fuori dall’Ue non c’è futuro, non c’è alcun orizzonte possibile al di fuori dell’alfa e dell’omega della storia mondiale e con l’Unione europea che “sconfigge” il nazismo e domani avrà sconfitto Cartagine e l’esercito di Serse. Immaginiamo solo cosa possa accadere se la Gran Bretagna fuori dall’Unione sta meglio di prima e possa fare meglio per i suoi lavoratori di tanti cittadini europei. La Gran Bretagna poi che approccio può avere nei confronti di un “blocco continentale europeo”? Tendenzialmente ostile. L’Unione europea così come è oggi con un modello economico tutto esportazioni che i tedeschi non riescono a voler cambiare nemmeno nel 2019 e con la Francia che vuole il dominio politico che spinte centrifughe può produrre? Certo ci sono sempre le riforme…
Da ultimo vorremmo sottolineare un aspetto evidente. Le “manifestazioni” oceaniche pro remain sempre più numerose di quelle per il leave, i sondaggi sulle nuove maggioranze degli inglesi pentiti per l’esito del referendum e persino le analisi che davano uno scontro all’ultimo voto cosa sono? I giornali non capiscono la realtà o non la vogliono raccontare? Oppure non ci si capacita che la gente si trovi male in progetti calati dall’alto, fatti nonostante o contro la volontà della gente e palesemente “infiltrati” dai “mercati”? Sui mercati non c’è “il mercato”, sui mercati c’è la grande finanza e i nuovi monopoli e, a quanto pare, la gente se può vuole un po’ di protezione, un po’ di protezionismo, un po’ di confini. Quando ancora, ovviamente, ci si ostina a perpetuare la barbarie del voto popolare.