Credo occorra mettere in relazione le conclusioni del Consiglio europeo del 12-13 dicembre a Bruxelles con la conferenza stampa, la prima del suo mandato, tenuta a Francoforte dalla nuova Presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde per cogliere il senso di quello che sta avvenendo in materia di politica monetaria europea e aspetti a essa connessa.
È limitativo e un po’ provinciale attribuire all’abilità negoziale dell’Italia la decisione del Consiglio europeo di proseguire la trattativa sulla revisione dell’accordo intergovernativo del 2011 sul Meccanismo europeo di stabilità e di non fissare una data per la firma dell’accordo riveduto e corretto. È probabilmente in corso una partita molto più importante e che richiede molta più attenzione: una nuova mappatura e forse un augurabile consolidamento delle organizzazioni intergovernative e non comunitarie (quindi, non soggette all’indirizzo e al controllo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali) nate, più o meno frettolosamente, sull’onda della crisi del 2011 che minacciò di travolgere Grecia e Irlanda, prima, e Portogallo e Spagna, poi.
Christine Lagarde è stata molto chiara: ha parlato di “revisione a tutto campo” delle politiche della Bce. Tale “revisione” – ha precisato – coinvolgerà non solo lo staff della Bce, ma anche il Parlamento europeo, il mondo accademico, la società civile perché “non siamo qui a predicare il nostro Vangelo”. Ha anche aggiunto che verranno soppesati “tutti gli strumenti della cassetta degli attrezzi”. Non si tratterà, quindi, di esaminare e in qual misura utilizzare politiche monetarie “non convenzionali” come il Quantitative easing, ma anche l’insieme degli strumenti istituiti tramite accordi intergovernativi per tamponare crisi grandi e piccole.
Tra essi il maggiore è indubbiamente il sistema europeo di vigilanza finanziaria (Sevif) che è stato istituito dall’Unione europea nel 2010, attraverso una serie di regolamenti, per sopperire alle lacune emerse dalla crisi del 2008. L’istituzione di tale sistema di vigilanza è stata comunicata agli Stati membri dell’Ue con la direttiva 78 del 24 novembre 2010. Il Sevif è composto da diverse autorità di vigilanza, ovvero organi specifici competenti in determinati settori di mercato: l’Eba (European Banking Authority), autorità europea di vigilanza sul mercato bancario; l’Eiopa (European Insurance and Occupational Pensions Authority), autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali, l’Esma (European Securities and Markets Authority), autorità europea per gli strumenti finanziari e i mercati. Inoltre, il Sevif si avvale del Cers (Comitato europeo per il rischio sistemico), un ulteriore organo ausiliario appositamente previsto per il controllo, la prevenzione e l’identificazione del rischio, responsabile della vigilanza macro-prudenziale del sistema finanziario europeo.
Il Mes non è parte del Sevif, ma è nato nello stesso clima in cui sono state istituite le altre organizzazioni intergovernative e al pari di esse non è soggetto a indirizzi, né a controlli del Parlamento europeo o dei Parlamenti nazionali. La revisione rende permanente il Mes e lo mantiene al di fuori delle istituzioni europee. Al CesIfo di Monaco di Baviera – uno dei maggiori centri di ricerca tedesco, quello più ascoltato dalla Cancelliera Angela Merkel – lo chiamano “un asteroide” nel firmamento dell’Ue. Dall’accordo iniziale, ed emergenziale, per il Mes il testo della bozza di revisione non elimina, né modifica due aspetti critici (artt. 34 e 35) che già nel 2011-2012 sollevarono perplessità: l’obbligo di “segretezza” dei componenti del consiglio dei Governatori, del consiglio d’amministrazione (e di dirigenti e funzionari) e la loro immunità di giurisdizione per atti compiuti nell’espletamento dei loro compiti Mes. Al limite, a un Ministro (tali sono i componenti del Consiglio dei Governatori) è vietato consultarsi con colleghi di governo o riferire in Parlamento su temi Mes. In effetti, questi aspetti preoccupano i nostri partner dell’unione monetaria molto di più di quelli relativi a chi fa l’analisi della “sostenibilità del debito sovrano” che sono al centro dei pensieri di politici e dei banchieri italiani.
Il dibattito interno sul Mes ha in un certo qual modo oscurato quello più profondo sul completamento e riassetto dell’unione monetaria. Non si tratta solamente di completare l’unione bancaria con l’assicurazione europea sui conti corrente e di dare avvio all’unione dei mercati dei capitali, ma di rivedere se l’assetto attuale delle varie organizzazioni intergovernative create negli anni della crisi iniziata nel 2008 è ottimale, se si può operare un consolidamento, migliorare efficienza ed efficacia.
Non è un compito facile perché – lo scriveva già Gunnar Myrdal negli anni Cinquanta del secolo scorso – le organizzazione intergovernative hanno una forza inerziale contro il cambiamento. È un compito che la revisione dell’accordo Mes e il principio di una nuova stagione alla Bce danno l’opportunità di iniziare.