A Le Iene si è tornati a parlare nella puntata di ieri della cosiddetta sindrome aerotossica. L’inviato Alessandro Politi ha condotto il telespettatore nel mondo di quelli che sarebbero i danni causati dai fumi tossici nella cabine degli aerei. L’inviato ha spiegato che l’aria che si respira in aereo potrebbe contenere delle tossine in quanto passando attraverso i motori, in caso di perdite di olio e lubrificanti, questa andrebbe a finire dritta nei nostri polmoni. Ma perchè nessuno, fino ad oggi, ne ha mai parlato? Al momento occorre però sottolineare come non ci siano degli studi che possano dimostrare scientificamente tale fenomeno ed i suoi presunti effetti negativi. Molte testate giornalistiche però, si sono occupate del caso e al centro del dibattito sono finiti proprio i sistemi di aereazione degli aerei di linea. Le turbine impiegate per far volare il mezzo permettono di far entrare aria frontalmente, utile non solo per far funzionare i motori ma anche per fornire aria stessa nella cabina. Chiaramente le turbine hanno bisogno di manutenzione con olio sintetico che può raggiungere i 450 gradi. In caso di micro perdite però, l’aria potrebbe essere contaminata dalle sostanze tossiche presenti. Politi ha provato a sentire coloro che lavorano costantemente su questi mezzi: dai piloti alle hostess. C’è chi ha negato e chi si è limitato a rispondere di non poter parlare in quanto ha firmato un contratto. Tuttavia, dopo il precedente servizio non sono mancate le segnalazioni a Le Iene.
SINDROME AEROTOSSICA: PERCHÉ IN ITALIA NON SE NE PARLA?
Uno steward ha contattato Le Iene commentando: “Mi fa strano che ci siano persone, addirittura piloti, che dicano che non lo sanno”. “Per me è proprio un discorso di omertà. Se fai questo mestiere ti è capitato sicuro” sostiene lo steward a Politi, riferendosi ai possibili sintomi. “Le compagnie ti fanno anche tanta pressione psicologica, anche nelle policy aziendali c’è scritto di non parlare dell’azienda”. E sempre al programma, era stato un pilota a sostenere di non poterne parlare in quanto avrebbe firmato un contratto. All’estero le cose però vanno diversamente perché piloti e hostess sembrano confermare la presenza di un problema. Ma perché in Italia si fa fatica a parlarne apertamente? Secondo alcune testimonianze anonime, le compagnie aeree avrebbero trovato un modo per nascondere ciò che accade realmente: “Il pilota se c’è un ‘fume event’ deve riportarlo, l’escamotage che hanno trovato è di chiamarlo ‘smell event’. Così l’aereo può rivolare”, ha spiegato una hostess. In caso di fume event, cioè quando l’olio delle turbine di mescola all’aria nelle cabine, l’aereo deve stare fermo almeno 100 ore ma in pratica ciò non accade mai. A far preoccupare è la telefonata di un ingegnere italiano che ha raccontato di aver lavorato in un’azienda italiana: “Occupandomi essenzialmente di manutenzione motori e del sistema di areazione, quindi del collegamento tra il velivolo e la cabina, i condotti di olio e aria arrivavano in condizioni abbastanza pietose. Non garantivano più l’impermeabilità”. Ma alla domanda precisa se l’olio possa finire in cabina mischiato all’aria, lui però replica di aver firmato clausole di segretezza. E cosa dicono, infine, i produttori di aerei sulla sindrome aerotossica? “Ci sono degli odori, ma oggi tutti i sistemi di aerazione sono certificati e vengono controllati molte volte dalle autorità”.