La fiducia che manca

Il virus della frattura, presente in Gran Bretagna, come si è visto in questi giorni, si è diffuso in tutta Europa ed è arrivato fino agli Urali

Johnson è un istrione, un politico che non manca di opportunismo, ma non certo stupido. E nel suo primo discorso di fronte al numero 10 di Downing Street, dopo essere stato dalla Regina, ha fatto un richiamo all’unità e ha auspicato che il Regno Unito si liberi dall’arida discussione sulla Brexit (di cui è stato in parte protagonista). Johnson sa che la maggioranza assoluta di 365 deputati non significa una clamorosa vittoria per i sostenitori della Brexit, né la rimarginazione delle ferite di una società profondamente divisa.

L’ampia maggioranza ottenuta dai conservatori a Westminster ha diverse cause. Il sistema elettorale maggioritario del Paese offre un plus di rappresentanza ai vincitori. Corbyn ha portato il Partito laburista al più grande disastro dagli anni ’80: ha perso consensi nell’Inghilterra centrale e settentrionale, dove tradizionalmente aveva la sua riserva di voti. Le opzioni eccessivamente di sinistra del leader laburista non si sono collegate con le nuove preoccupazioni del suo elettorato. Il “Get Brexit Done” di Johnson è stato sicuramente decisivo, ma non è stata l’unica variabile. I conservatori hanno ottenuto più di sei punti per il sostegno dei sostenitori dell’uscita dall’Unione europea che non avevano votato per loro prima. I laburisti hanno perso dieci punti dei brexiters che li hanno abbandonati. Ma non tutti gli elettori conservatori sono necessariamente brexiters e non tutti i laburisti remainers. Ammettiamo, per un momento e per semplificare, che sia così e che le elezioni siano state un referendum: il voto popolare per Johnson è del 43,6 per cento, solo un punto in più rispetto al 2017, quando i conservatori hanno ottenuto il 42,4 per cento. Probabilmente un nuovo e autentico referendum porterebbe a una nuova divisione in due parti quasi uguali.

Unità. Recupero dei legami. Johnson sa che questa è la sfida. Unità della Scozia con il resto del Regno Unito. E questo vale anche per l’Irlanda del Nord. Recuperare i legami di Londra con il nord dell’Inghilterra, quelli delle diverse classi sociali e degli inglesi con la realtà. Di quest’ultimo aspetto si parla poco.

La crisi territoriale della Scozia è imminente. Il Snp (il Partito nazionalista scozzese) ha ottenuto una vittoria schiacciante e i suoi leader stanno già chiedendo un nuovo referendum. Se il Regno Unito si separa dall’Unione europea, a causa del risultato di un referendum, perché non si può abrogare l’Atto di Unione del 1707 che ha reso la Scozia parte del Regno Unito con un altro referendum? È il virus della frattura. E bisognerà vedere cosa accadrà nell’Irlanda del Nord, dove i partiti nazionalisti (remainers) hanno ottenuto più seggi degli unionisti.

Non è possibile sconfiggere il virus della frattura se non si recupera una certa fiducia nella realtà. Non è strano ascoltare davanti a una buona tazza di tè, in una conversazione con esponenti colti ​​delle classi medie e alte del Regno Unito, la giustificazione della Brexit come un bisogno imperativo di recuperare una vita semplice. La vita com’era prima che la burocrazia europea rovinasse tutto. E in queste conversazioni è inutile spiegare che la Brexit, nel migliore dei casi, suppone una riduzione del Pil tra il 5 e il 7 percento, che il mondo è cambiato, che non c’entra Bruxelles ma la globalizzazione, che l’Europa è un legame concreto e reale, con cui si condividono una storia e una cultura. È inutile perché non è possibile combattere con i dati un pregiudizio che incolpa l’altro per ciò che sta accadendo, perché la paura, l’incertezza, il risentimento hanno riempito tutto.

È il virus della frattura che si è diffuso in tutta Europa e che è arrivato fino agli Urali. Molti polacchi e ungheresi sono disposti a pensare che l’Unione europea è colpevole del fatto che i loro figli stanno perdendo il meglio delle loro tradizioni, il meglio della loro storia e dei loro valori cristiani. Gli costa molto ammettere che la storia è lo spazio in cui si proiettano le frustrazioni del presente e che la tradizione e i valori sono scomparsi prima che facessero caso ai “burocrati di Bruxelles”. Molti russi hanno anche accettato la fake new secondi cui l’Occidente gli ha rubato quel vertice politico e sociale che l’Unione Sovietica avrebbe presumibilmente portato loro. Qualcosa di simile si può trovare nel discorso di Salvini e degli indipendentisti catalani. È il segreto degli estremi in Spagna, Vox e Podemos. Vox: il “consenso progressista” ha rubato le nostre essenze. Podemos: la “casta, il capitale” ci ha impoveriti e derubati della rappresentatività.

I ragionamenti economici e politici sono inutili per ricostruire i legami, in particolare quello con la realtà come opportunità, come curiosità verso le nuove cose che il presente può portare. Il risentimento e la paura sono pre-politici. La fiducia anche.

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