Sarà la storia di Tiziana Cantone ad aprire il ciclo di documentari di inchiesta della serie “In quanto donne – Storie di ordinaria violenza”, in onda nella prima serata di oggi su Real Time. Tiziana, giovane donna 32enne di Mugnano di Napoli, si suicidò il 13 settembre 2016. Il suo corpo fu ritrovato senza vita nella sua tavernetta, dove si uccise con un cappio al collo. Una decisione, quella della Cantone, presa in seguito ad una vera e propria gogna che era stata costretta a subire sui social e non solo, dopo la diffusione di alcuni suoi video privati finiti online. Tiziana tentò di farsi giustizia con varie denunce la sua voce passò inascoltata e solo dopo la sua morte quelle stesse denunce sono state archiviate. Ad oggi non è ancora noto il nome dei responsabili che diffusero online quei video hard inducendo Tiziana a subire un vero e proprio linciaggio psicologico che la indusse, poco alla volte, alla drammatica decisione di togliersi la vita. Una forma di violenza anche questa, trasformata in una gogna mediatica che ha finito per travolgere inevitabilmente Tiziana fino al tragico epilogo. Un caso di revenge porn che solo di recente, grazie all’attuazione del cosiddetto Codice Rosso viene affrontato con una maggiore attenzione rispetto a quanto avvenuto nei confronti della 32enne napoletana, che ha visto nella morte la sola soluzione possibile di fronte al silenzio subito anche da parte della Giustizia.
TIZIANA CANTONE, LE PAROLE DELLA MAMMA
La ricostruzione della terribile vicenda con protagonista Tiziana Cantone sarà resa possibile grazie al racconto della madre, Maria Teresa Giglio, la quale oggi continua senza sosta a combattere affinché la tragedia della figlia possa diventare un simbolo. “Un rapporto d’amore dovrebbe dare serenità, gioia. Invece Tiziana stava male”, racconta la donna nel promo del documentario di Real Time riferendosi alla relazione tra la figlia e Sergio Di Paolo. “Anche se in quella cantina dove si è tolta la vita Tiziana era da sola, moralmente, a tirarle il cappio intorno al collo sono stati l’ex fidanzato e quelli che ne hanno approfittato”, ha sempre sostenuto la madre, come riferisce Vesuviolive.it. Il riferimento era quasi certamente a tutti coloro – organi di stampa e non – che hanno contribuito alla diffusione del video hard. Non è un caso se oggi proprio la signora Giglio, nel ricostruire la vicenda, commenta: “Questa lapidazione mediatica ormai era finita nel tritacarne del web. Con lei la giustizia ha fallito in pieno”. Sempre la madre al quotidiano Il Mattino aveva raccontato quella storia tra Tiziana e Sergio: i due vissero insieme per circa un anno, tra il 2014 ed il 2015. “Una notte, poi, Tiziana bussò a casa. Era ubriaca, sconvolta come non mai. Mi chiese di dormire da noi. Mi disse tra le lacrime che aveva litigato con il suo fidanzato. Mi raccontò che avevano fatto alcuni giochetti, e che tutto era stato ripreso con una videocamera o un telefonino. I video erano finiti in rete: subito erano diventati virali”, raccontò la donna, che aggiunse dell’altro: “Tiziana mi confidò che il fidanzato l’aveva costretta a girare questi video con altri partner in più occasioni, perché provava piacere. L’unica concessione, consisteva nel fatto che Tiziana potesse scegliere il partner”.
LA GRANDE FRAGILITÀ DI TIZIANA
La scoperta della diffusione del video fu per Tiziana Cantone la svolta definitiva. Già in passato la ragazza aveva tentato il suicidio, come rivelò anche la madre: “La prima volta accadde a dicembre del 2015. Ebbe una telefonata animata con il suo ex. Ingerì alcol e barbiturici, ma il 118 intervenne in tempo e lei si salvò”. Il secondo episodio avvenne qualche mese dopo, quando tentò di lanciarsi nel vuoto dal balcone dell’abitazione del suo convivente. Una fragilità enorme, quella di Tiziana, in parte dovuta anche dall’assenza del padre. “Non lo ha mai visto e per qualche periodo, a venti anni, è stata schiava dell’alcol. Abbiamo dovuto curarla con degli specialisti, ma in cuor mio sapevo che rimaneva fragile”, raccontò la madre. Quella fragilità emerse proprio in quel giorno di settembre di tre anni fa. “A tre anni dalla morte è assurdo che in Italia nessuno faccia niente”, tuona oggi la madre che continua a battersi affinché la legge sul Revenge Porn possa essere completata e affinché possano esserci nuove regole per l’uso dei social. “Ancora oggi c’è chi li posta – ha raccontato la madre di Tiziana in riferimento ai video della figlia – e i miei legali stanno lavorando. Tiziana rivive anche attraverso questa lotta che ha iniziato lei contro i colossi del web […]. È stato già condannato Facebook e ora la sua voce sono io, anche se l’hanno uccisa nell’anima fino ad ucciderla nel corpo perché non reggeva più quella gogna mediatica, fatta di merchandising, meme, parodie, su di lei si è fatto un commercio senza limiti”.