Il caso di Alfredo Cappelletti torna al centro di Un Giorno in Pretura, nella puntata di oggi, venerdì 20 dicembre, in onda alle 23.10 su Rai3 e dal titolo “Il lato oscuro del buon maestro”. Roberta Petrelluzzi riprende esattamente da dove si era interrotta la precedente puntata, ripercorrendo quanto avvenuto il 13 settembre 1998, quando Elisabetta, figlia dell’imprenditore milanese, si recò insieme all’amico del padre, Alessandro Cozzi, nell’ufficio della Innova Skills in via Malpighi, scoprendo così l’assurda quanto sospetta morte del genitore. Cappelletti fu rinvenuto con una coltellata conficcata nel petto ma quello che inizialmente fu considerato un caso di suicidio (e per questa ragione archiviato), ben presto si riaprirà, complici anche le continue perplessità della famiglia, rivelando un inaspettato colpo di scena. E’ il 2011, 13 anni dopo il “suicidio” di Alfredo Cappelletti, quando l’amico e socio Alessandro Cozzi fu accusato del delitto di Ettore Vitiello.
ALFREDO CAPPELLETTI, NUOVO DELITTO 13 ANNI DOPO
La seconda vittima, anche lui imprenditore come Cappelletti, era titolare dell’agenzia di formazione e lavoro di Milano. I rapporti con il giornalista Cozzi erano nati in seguito ad un progetto per la realizzazione di corsi di formazione, un lavoro finanziato dalla Regione Lombardia per 34mila euro. Cozzi però non aveva ancora corrisposto la sua metà e questo rappresentò il motivo del contendere. Il giornalista raggiunse l’imprenditore nel suo ufficio dove si consumò il delitto, poi confessato dallo stesso Cozzi. Ancora una volta l’arma del delitto fu un grosso coltello da cucina. Per quel delitto l’assassino reo confesso fu condannato a 14 anni di reclusione ma le indagini portarono gli inquirenti a notare numerosi punti in comune con una morte avvenuta molti anni prima e che vide ancora volta coinvolto proprio Cozzi. Da qui la nuova incriminazione a suo carico in seguito alla riapertura del cold case che nel luglio 2017 portò alla condanna all’ergastolo in primo grado a carico dell’ormai ex giornalista e conduttore tv.
LE CONDANNE
“Per vent’anni i familiari di Cappelletti hanno portato il peso di un suicidio mai avvenuto, di una morte che ti riempie di domande e aggiunge dolore”: così il legale di parte civile, avvocato Luciano Brambilla commentò a caldo la sentenza della Corte d’Assise di Milano che condannò all’ergastolo Alessandro Cozzi per il delitto di Alfredo Cappelletti, quasi 20 anni dopo. Nel febbraio scorso, come rammenta Corriere.it, è giunta anche la seconda condanna a carico di Cozzi: in Appello la condanna all’ergastolo è stata cancellata e sostituita dalla pena a 24 anni di reclusione in seguito all’esclusione dell’aggravante della premeditazione. “Così è meglio di una assoluzione. Almeno farà qualche anno in galera”, aveva commentato la moglie della vittima. La Corte d’Assise d’Appello aveva accolto parzialmente la richiesta del sostituto pg Maria Grazia Omboni, chiedendo la conferma della condanna all’ergastolo. Come emerso nelle motivazioni di primo grado, nei giorni precedenti al delitto Cozzi “aveva cercato di accreditare segnali di particolare malessere della vittima” per orientare le indagini verso il suicidio. “Volevano farci credere che si fosse trattato di un suicidio, ma mio marito non ha mai voluto togliersi la vita”, aveva tuonato la moglie. “Alfredo era il mio amico, il mio mentore, con lui condividevo l’intimità cristiana. Anche quella domenica eravamo andati a messa insieme. Non lo avrei mai ucciso”, si è invece giustificato Cozzi, respingendo le accuse. Questa l’ultima carta dello stimato professionista, integerrimo educatore familiare, buon maestro e uomo di chiesa.