LE PAROLE DI PACIFICO (ANIEF)
In tema di riforma pensioni vanno registrate le parole di Marcello Pacifico, riportate da orizzontescuola.it, a seguito dell’approvazione della Legge di bilancio e in vista del 2020. “L’Italia non può continuare a costringere a rimanere al lavoro addirittura chi ha versato più di quarant’anni di contributi. Quota 41 anni di contributi è il minimo che si possa approvare. Nella scuola, inoltre, bisogna assolutamente riconoscere il fatto che l’insegnamento comporta in percentuale molto elevata il burnout, con costi sociali in progressiva crescita: ancora di più perché l’Oms ha inserito recentemente il burnout nell’elenco dei disturbi medici. È bene, dunque, che l’insegnamento venga collocato nella lista delle professioni gravose, oggi limitate a 11 lavori, così da fare accedere i docenti all’Ape Social, la quale permette di anticipare l’accesso al pensionamento di quasi quattro anni, senza particolari decurtazioni, rispetto ai 67 anni introdotti con l’assurda legge Fornero”, spiega il Presidente nazionale dell’Anief.
LE CRITICHE E LE DIFESE DEGLI ANZIANI
In un articolo pubblicato su Panorama viene indicato come personaggio dell’anno “l’Anziano italiano. Anziano con la a maiuscola, perché gli si deve rispetto. Almeno qui. Dalle altre parti, infatti, in questi ultimi 12 mesi lo hanno attaccato tutti: gli hanno detto che ha rovinato il mondo, che è colpevole dell’inquinamento del pianeta, che ai suoi nipoti ha dato troppo benessere, però che nello stesso tempo è stato anche troppo avaro, che sta rubando i soldi delle pensioni, che sta rubando il futuro, che non deve votare, che non sa pensare al domani e che è un maledetto egoista. Come dimostra il fatto che non ne vuol sapere di morire”. Parole dure che proseguono anche con una critica ai centri studi economici, in cui si rimarca la necessità di interventi di riforma pensioni dovuti anche al fatto che ci sono troppi pensionati. Studi che dimenticano “il piccolo particolare che, per chi ha lavorato 35 o 40 anni, la pensione non è un regalo. È un diritto conquistato con il sudore della fronte”.
PENALIZZATO IL PART-TIME VERTICALE
Il tema delle pensioni continua ad essere oggetto di discussione a maggior ragione dopo l’approvazione della Manovra. A far discutere, per esempio, è la sparizione dal Testo del provvedimento che prevedeva il riconoscimento dei periodi di sospensione ai fini dell’anzianità contributiva per gli addetti a tempo parziale verticale ciclico. La reazione della Filcams CGIL, con le parole di Maria Grazia Gabrielli, non si è fatta attendere: “Tra le promesse e gli impegni non mantenuti dalla legge Finanziaria ce ne è una che è ancora più inaccettabile perché penalizza prevalentemente le donne, il lavoro più fragile per ore lavorate e condizioni di reddito. Il governo e la maggioranza, dopo averlo presentato, hanno bocciato l’emendamento che prevedeva il riconoscimento dei periodi di sospensione ai fini dell’anzianità contributiva per le lavoratrici ed i lavoratori con contratto a part time verticale ciclico”. La segretaria generale Filcams ha ricordato che “Questa richiesta della Filcams e della Cgil, unitamente alle altre organizzazioni sindacali va avanti da svariati anni, da quando la Direttiva europea n.97/81/CE e successivamente, nel 2010, una sentenza della Corte di giustizia europea ha riconosciuto e disposto la non discriminazione contributiva per i lavoratori a tempo parziale ciclico. Da allora i governi che si sono succeduti e i vari presidenti dell’Inps, non hanno fatto nulla di concreto per recepire questa sentenza, nonostante le richieste delle organizzazioni sindacali e i vari incontri nei quali abbiamo denunciato la condizione paradossale di queste lavoratrici e lavoratori che devono lavorare almeno 50 anni per maturarne 40 di anzianità contributiva per l’accesso alla pensione”. Il sindacato chiede dunque “al governo, alle forze politiche che lo sostengono e al Presidente dell’Inps di mantenere gli impegni presi e di consegnare le dovute soluzioni. È certo che intensificheremo le vertenze legali per far riconoscere un diritto che l’Europa, la Corte di giustizia europea e molti tribunali italiani hanno sancito e su cui l’Italia è inadempiente”. (agg. di Dario D’Angelo)
IL VANTAGGIO DI QUOTA 100
In un articolo su quotidianomolise.com, Silvana Di Benedetto evidenzia che quanti hanno presentato domanda per usufruire di Quota 100, la misura di riforma pensioni utilizzabile da quest’anno, “hanno recuperato la libertà di scegliere se andare o meno in pensione per le motivazioni più disparate (familiare disabile, figli che vivono lontani e hanno bisogno di aiuto o semplicemente godersi la meritata pensione) senza dover diventare dei relitti per farlo. Gli stessi, però, sono anche penalizzati perché percepiranno una pensione di importo inferiore per tutta la vita e perché dovranno aspettare più anni per percepire il Tfr”. Per l’esperta previdenziale, “è ingiusto farli sentire colpevoli perché sarebbe colpa loro se i giovani non trovano lavoro e non avranno mai una pensione”. Dal suo punto di vista, “tutti gli stipendi che avrebbero percepito coloro che hanno aderito alla ‘Quota 100’, o decideranno di farlo negli anni futuri, dalla data del pensionamento a quella in cui avrebbero avuto il diritto di farlo con i requisiti della Legge Fornero, dovranno confluire in un Fondo per l’occupazione giovanile” nel settore pubblico.
RIFORMA PENSIONI, IL CONVEGNO DEI SENIORES FI
Venerdì scorso i Seniores di Forza Italia hanno organizzato a Morciano di Romagna un convegno dal titolo “Giù le mani dalle pensioni. Giustizia per i pensionati”. Come riporta tribunapoliticaweb.sm, l’idea che è stata avanzata dai forzisti è quella di “rifondare l’Italia partendo dalle pensioni”, con l’idea “di impegnare tutto il centrodestra nella dura battaglia, affinché le pensioni da lavoro non vengano più aggredite come hanno fatto gli ultimi governi di centrosinistra e l’attuale governo in carica”. Durante il convegno è stato ricordato come la riforma pensioni con Quota 100 “non risolve affatto i problemi, rappresentando in realtà una misura di assistenzialismo puro che crea squilibri nel mondo del lavoro ed aumenta in modo spropositato i costi per lo Stato”.
L’ATTENZIONE ALLA RIVALUTAZIONE DEGLI ASSEGNI
L’attenzione dovrebbe quindi essere data alla piena rivalutazione delle pensioni e all’eliminazione dei tagli previsti con il contributo di solidarietà. Questo perché “i pensionati sono i nuovi poveri di cui nessuno parla ed a cui nessuno propone un aumento di pensione o anche solo un adeguamento ai costi della vita. Anzi per evitare che facciano sentire la loro voce, l’ultima provocazione di qualche politico è stata addirittura quella di togliere loro il voto. Occorre, quindi, porre al centro della politica la tutela degli anziani, considerato che una società che invecchia deve assolutamente valorizzare queste risorse”. Anche perché “le pensioni dei nonni sono anche un sostegno fondamentale per tante famiglie e servono pure a garantire lo sviluppo sociale e la crescita dei nipoti”.