Il Continente latinoamericano sta attraversando un periodo di crisi interne di molti Stati che ne fanno parte: da circa un mese prima l’Ecuador, quindi il Cile e la Bolivia hanno vissuto momenti drammatici. Ma anche altre nazioni non stanno affatto bene, pur se recentemente sia il Brasile che il Perù sono uscite da situazioni difficili, connesse soprattutto con un passato di scandali di corruzione che ne hanno marcato, per lungo tempo, il futuro.
Odebrecht in Perù ha provocato una crisi senza precedenti nella sua storia, descritta non solo con le dimissioni a raffica di politici immischiati nelle indagini, ma pure con quelle di Presidenti ed ex, culminate con il suicidio di Alan Garcia, che per ben due volte aveva occupato la carica, dapprima vestendo i panni del progressista rivoluzionario, quindi quelli del liberalista convinto. In Brasile invece la crisi provocata sia dallo stesso caso Odebrecht (estesosi a molti Paesi del Continente) che dal famoso Lava Jato ha prodotto una catena di arresti, processi e condanne che hanno coinvolto tutti i vertici dei vari partiti, provocando una situazione tale che, una volta applicata la regola della fedina penale pulita per poter esercitare la carriera politica e partecipare a elezioni, ha prodotto, tramite il vuoto causato, la vittoria del solito “Uomo della Provvidenza”, Jair Bolsonaro, che, dapprima acclamato come il cavaliere liberatore, ha commesso tali e tanti errori da risultare poco amato anche da chi gli aveva dato il voto.
In Argentina invece il ritorno del peronismo al potere, in una formazione (Movimento “Frente de Todos”) che unendo due anime opposte si sta rivelando ogni giorno l’esatto contrario di quello che gli argentini pensavano, ancora una volta, di aver eletto. Memori delle misure prese da Macri nei suoi 4 anni di potere, che hanno in pratica colpito la classe media, immergendo il Paese in una crisi profonda, il voto ad Alberto Fernandez sembrava indicare (come promesso dallo stesso candidato) un’inversione di tendenza che invece, già nella prima settimana dal suo insediamento, ha rivelato essere l’esatto contrario, colpendo con misure di tassazione incredibili proprio la classe media lavoratrice e, come al solito ai 4 angoli del mondo, i pensionati. Il tutto però fatto passare come un piano di emergenza solidale, quando invece (complice anche un Fmi che pare non conoscere bene il Paese applaudendo le misure) le classi più agiate si sono viste premiate, insieme a quelle più povere che però hanno avuto l’ennesima elemosina politica come premio. Per non parlare delle classi sia politica che legislativa e della giustizia che non hanno visto toccato sia pure un minimo dei loro lucrosissimi privilegi.
Maradona, l’amico di Cuba e del Venezuela, ricevuto con tutti gli onori alla Casa Rosada, rivela quale sia, nella realtà, la politica del nuovo Governo: portare alla sparizione la classe media, con la stessissima manovra che ha portato il Venezuela di Chávez al delirio della dittatura di Maduro. Anche in Argentina si vuole istituire una polizia del popolo, oltre a una giustizia che, sempre sotto le mentite spoglie di indipendente, è in pratica occupata, come la sicurezza d’altronde, da militanti di un gruppo ultrakirchnerista denominato “Giustizia legittima”, già un controsenso nel suo nome.
Ma la situazione potrebbe precipitare a dei livelli inimmaginabili perché il 41% dei cittadini che non hanno votato l’attuale Governo, nonostante il diktat di 180 giorni durante i quali l’opposizione non potrà farsi sentire in Parlamento dato che il Presidente assumerà, vista la situazione di conclamata emergenza (i tremendi debiti con il Fmi e uno Stato finanziariamente ingovernabile), il controllo totale a livello decisionale dello Stato, si stanno organizzando per una serie di proteste in manifestazioni che, se dovessero riuscire come si pensa, darebbero un segnale fortissimo di instabilità anche civile dell’intera Argentina.
Insomma, presto potrebbe replicarsi il milione di persone che, radunatesi più di un mese fa nella Plaza Italia di Santiago del Cile, hanno costretto il Presidente Piñera a prendere misure concrete in favore non solo di una più marcata democrazia nel Paese (referendum in aprile per dare una nuova Costituzione ed eliminare quella di ispirazione pinochettista), ma anche di una giustizia sociale più incisiva con l’innalzamento delle tasse alle classi più abbienti (quindi non alla sola classe media come in Argentina) e la decurtazione del 30% degli stipendi e delle spese della politica. Insomma, un supposto progressismo “nazional popolare” che in Argentina colpisce la classe media e salva quella alta e un supposto Governo liberista che invece fa delle vere riforme progressiste. Ma l’Argentina ha ancora la possibilità di “pareggiare” il conto, dimostrando, come in Cile, che una protesta pacifica sommata a una vasta partecipazione possono cambiare le cose.
La partecipazione sembra ormai rimasta l’unica difesa, a livello mondiale, di popoli che vogliono continuare ad avere importanza nel restaurare processi di democrazia vera in nazioni dove spesso poteri politici, a base di messaggi e slogan altamente bugiardi, pretendono cancellarla.