Nuovo appuntamento con Il Gran Varietà, il programma condotto da Maurizio Costanzo e Lisa Marzoli in onda oggi, 6 gennaio, in seconda serata su Rai1. Protagonista della puntata, il Giandomenico Fracchia di Paolo Villaggio, una delle maschere più longeve del mondo del cinema e della televisione che hanno contribuito senz’altro ad accrescere la fama del suo interprete. Insieme al ragionier Ugo Fantozzi e al professor Kranz, infatti, il personaggio di Fracchia ha accompagnato Villaggio per gran parte della sua carriera. Carriera che – a dire il vero – era iniziata in un posto ben lontano dalle macchine da presa. Passato alla storia come attore, scrittore, comico e sceneggiatore, Paolo Villaggio nasce il 30 dicembre 1932 a Genova. Dopo il liceo, si iscrive a giurisprudenza, ma abbandona ben presto gli studi per dedicarsi a svariati impieghi. Nel 1954, al Lido, incontra la futura moglie Maura Albites, da cui avrà i figli Elisabetta e Pierfrancesco. Negli anni 60 viene assunto dalla Cosider, una delle più importanti industrie impiantistiche dell’epoca. All’interno dell’azienda, il suo ruolo è quello di addetto all’organizzazione di eventi aziendali, come la festa di Natale e la cerimonia di premiazione dei dipendenti meritevoli. È in questo contesto che matura l’idea di mettere nero su bianco quello che vede, tutte le stranezze e i capricci dei dipendenti che ritroviamo puntualmente in Fracchia e nelle altre sagome nate dalla sua estrosissima penna. Oltre a imporsi come scrittore, però, Fantozzi si distingue ben presto in qualità di attore al fianco soprattutto di Federico Fellini. Nel corso degli anni, prende parte anche a numerose produzioni televisive. Muore il 3 luglio 2017 all’età di 84 anni.
Le ultime parole di Paolo Villaggio
Poco prima di morire, Paolo Villaggio ha rilasciato un’intervista che è un po’ il suo testamento. Le dichiarazioni sono state raccolte e riportate da Repubblica: in quest’occasione, Paolo ha ammesso di avere diverse paure, alcune anche un po’ stravaganti. La prima? “Di fingere di essere più intelligente di quello che sei”. La seconda? “Di finire la vita”. Riguardo a quest’ultima, Villaggio ha detto: “Man mano che ti avvicini al Grande Evento – morire è un evento formidabile – ti viene proprio quell’angoscia. Ora ho quasi 85 anni. Quanti me ne restano? Cosa dura la vita? Finisce per tutti. Anche per i più grandi, come Franz e Fjodor. È un pensiero che ti fa venir voglia di gridare aiuto: come si fa a non morire subito? A pensare di non esserci più dopodomani. A pensare di non avere più questa libreria dietro le spalle. Quando leggi Kafka senti proprio questa voce dentro di te che urla: ‘Non subito! Non subito!’. In ogni caso approfitto di questa intervista per dare qualche consiglio. Leggete Kafka. Ma anche i russi”. Il tono è drammatico; o, per meglio dire, tragicomico. “Far ridere è una macchina infernale”, ha spiegato in proposito Villaggio. “Perché il giorno in cui ti rendi conto di non far più ridere perché hai i capelli bianchi, perché hai la pancia, ti viene una grande paura di morire”.