La Casina Vanvitelliana di Bacoli è uno dei luoghi più suggestivi che offre Napoli e i suoi dintorni e, nonostante da tempo solamente l’opera di volontari e associazioni ha cercato di tenere aperto questo edificio che si affaccia sul Lago Fusaro, si tratta di un piccolo gioiello inserito all’interno del più ampio Parco omonimo concepito da Luigi Vanvitelli (1700-1773) e che da molti è considerato uno dei più fulgidi esempi dell’architettura tardo-settecentesca: è ubicato infatti su una piccola isoletta che si specchia nel lago di cui sopra questo casino reale risalente all’età borbonica e che era un tempo riserva di pesca e di caccia di Ferdinando IV di Borbone e che l’allora re fece realizzare a partire da un disegno dell’architetto e pittore partenopeo nel 1782. Scopriamo quale è la storia della Casina Vanvitelliana e di uno degli scorci più belli dei Campi Flegrei che, in maniera però erronea, viene scambiata da molti per via di una forte somiglianza con la graziosa casetta in cui abitava la Fata Turchina nello sceneggiato televisivo di “Pinocchio” (1972) firmato da Luigi Comencini.
LA CASINA VANVITELLIANA A BACOLI
La Casina Vanvitelliana a Bacoli (comune di circa 26mila abitanti che fa parte della Città Metropolitana di Napoli) nacque nel 1782 come un piccolo casino da caccia su un’isoletta poco distante dalla riva -ora collegata alla terraferma da un ponte in legno ma che un tempo necessitava di una barca a remi- sul Lago Fusaro, conosciuto anche come Acherusio e che si formò per via della chiusura di un prospiciente tratto di mare nei pressi di Cuma. Come accennato, progettato da Vanvitelli (uno dei massimi esponenti del Rococò e celebre per la realizzazione della Reggia di Caserta su impulso di Carlo III) fatto poi costruire da Ferdinando IV, questo grazioso edificio che al tramonto si offre alla vista dei turisti per uno scorcio paesaggistico davvero romantico ha avuto già nel corso della sua storia degli illustri ospiti e visitatori come ad esempio Gioacchino Rossini, Wolfgang Amadeus Mozart, l’imperatore Nicola I di Russia e in epoca più recente il capo dello Stato Luigi Einaudi, i cui ritratti peraltro sono esposti nelle stesse stanze della casina reale. Al suo interno purtroppo oggi c’è poco di quello che era l’arredamento originale a parte pochi elementi quali un lampadario e il camino sui quali ricorre peraltro quella conchiglia che era il simbolo dei Borbone.
UN GIOIELLINO DI ETA’ BORBONICA SUL LAGO FUSARO
Oggi la Casina Vanvitelliana non è in condizioni propriamente smaglianti al di là dei lavori di ristrutturazione e recupero a cui è stata sottoposta alcuni anni fa ma conserva ancora un indubbio fascino, tanto che nel recente passato aveva destato scandalo lo stato di abbandono in cui si trovava (tanto che si fa fatica ad immaginare lo sfarzo che caratterizzava le sue stanze) non solo l’edificio ma pure lo stesso Parco: ad ogni modo ancora oggi si può notare come il casino sia un piccolo gioiello dal punto di vista architettonico mentre la sua pianta è formata da tre diversi corpi ottagonali che si intersecano vicendevolmente e che poi si restringono quasi a formare una sorta di pagoda sull’acqua. Inoltre al suo interno un tempo vi erano i dipinti del “Ciclo delle stagioni” del pittore tedesco Jakob Philipp Hackert di cui sono rimasti solamente dei bozzetti. La visita alla Casa Vanvitelliana, pur tra mille difficoltà, oggi è possibile grazie all’impegno di alcuni volontari ma per conoscere in dettaglio orari e giorni di apertura, nonché i costi del biglietto per visitarla, si può fare riferimento al sito ufficiale e ai consueti canali social collegati, ricordando che in caso di condizioni meteo proibitive l’intero sito potrebbe diventare inaccessibile.