LA COMMISSIONE PER SUPERARE LA LEGGE FORNERO
In un’intervista al Fatto Quotidiano, Nunzia Catalfo ribadisce che Quota 100 “non può essere revocata” e spiega che il tema della riforma pensioni “è una delle nostre priorità massime. Abbiamo istituito le due commissioni, sui ‘lavori gravosi’ e sulla ‘separazione tra assistenza e previdenza’. Inoltre ho intenzione di formare una Commissione di esperti per la riforma definitiva della Legge Fornero”. Una decisione su quali concrete misure prendere in tal senso verranno prese, spiega la ministra del Lavoro, solo dopo che si avranno i dati elaborati dalle commissioni, specie quella sui lavori gravosi. Catalfo evidenzia poi che la commissione sulla riforma pensioni sarà composta dal Mef, dall’Inps e dalle parti sociali, oltre che da alcuni esperti. La ministra ha anche già in mente dei nomi, come Stefano Giubboni, Roberto Riverso, Giovanni Geroldi. “La insedieremo a gennaio”, conclude, facendo capire che quindi nei prossimi mesi si potranno avere già delle ipotesi di intervento sul sistema pensionistico italiano.
LE PAROLE DI DURIGON
Claudio Durigon torna a difendere la riforma pensioni con Quota 100 evidenziandone gli effetti positivi sul mercato del lavoro. Effetti su cui si è a lungo dibattuto nei mesi scorsi. “Ancora una volta i dati Istat confermano come Quota 100 sia stata determinante per la crescita del mercato del lavoro. In un anno abbiamo avuto infatti 285 mila occupati in più rispetto all’anno precedente. Numeri importanti che assumono maggior rilievo considerato che il nostro Paese registra purtroppo una crescita pari allo zero”, sono le parole dell’ex sottosegretario al Lavoro riportate da latinaoggi.eu. L’esponente della Lega ricorda anche che “le domande di Quota 100 sono state quasi 230 mila e quasi 200 mila italiani sono riusciti ad andare in pensione, favorendo così un ricambio generazionale fondamentale per liberare nuovi posti di lavoro”. Dal suo punto di vista, quindi, “chi ancora attacca Quota 100 e fa finta di non vedere gli effetti positivi che questa misura ha portato al Paese non vuole il bene degli italiani”.
IL NO DELLA CGIL A QUOTA 102
La Cgil respinge l’ipotesi di una riforma pensioni all’insegna di Quota 102. “Le ipotesi di riforma previdenziale che prevedono l’obbligo di avere un numero alto di contributi non possono essere accettate, come quella definita quota 102, con 64 anni di età e 38 di contributi, ancor peggio se accompagnate dal ricalcolo contributivo di tutta la carriera lavorativa. Interventi simili non consentirebbero l’accesso alla pensione anticipata alla maggior parte delle persone, in particolare quelle più deboli sul mercato del lavoro, a partire da giovani e donne”, spiega il Segretario confederale Roberto Ghiselli. Dal suo punto di vista, come riporta il sito di Rassegna sindacale, “qualunque ipotesi di uscita anticipata, che per noi deve essere possibile dai 62 anni, deve vedere un requisito contributivo che non superi i 20 anni e deve valorizzare previdenzialmente i periodi di lavoro discontinuo, povero, gravoso o di cura”, “oltre a garantire l’uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall’età”.
IL REPORT SUL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO
Mentre si continua a parlare di una riforma pensioni all’insegno di Quota 102, con l’innalzamento quindi del requisito anagrafico di Quota 100 a 64 anni dai 62 attuali, Leopoldo Gasbarro in un articolo sul Giornale ricorda quanto è scritto sul sistema previdenziale italiano nel report Melbourne Mercer Global Index. Per il nostro Paese, “il report suggerisce di 1) continuare ad aumentare la copertura del sistema pensionistico; 2) continuare a far crescere il tasso di partecipazione al mondo del lavoro, ampliando la partecipazione in età matura; 3) limitare l’accesso a benefit previdenziali prima del pensionamento; 4) ridurre l’ammontare del debito pubblico, per il suo impatto diretto sul primo pilastro pensionistico”. Nella ricerca si legge anche che “attraverso un approccio maggiormente diversificato al sistema pensionistico, che tenga conto di pilastri previdenziali costruiti anche a livello individuale, il sistema Paese garantirebbe maggiore sostenibilità del benessere finanziario per i singoli”.
LA NOTA DEL LI.SI.PO
In tema di riforma pensioni, Antonio de Lieto, Segretario generale del Libero Sindacato di Polizia, evidenzia come sia “sotto gli occhi di tutti la crescente povertà dei pensionati, il crescente disagio di tutte le persone non autosufficienti che sono sempre più dimenticate dalle Istituzioni, da subito necessitano politiche sociali che sappiano affrontare i reali problemi della gente. I pensionati non sono dei ‘rami secchi’ e non pesano sulle spalle di nessuno, ricevono, solo in parte, quello che hanno versato in anni di pesante contribuzione”. Il sindacalista sottolinea come “da troppo tempo i pensionati sono dimenticati da tutti i Governi che si sono succeduti, forse perché non sono in grado di scioperare, di bloccare servizi ecc. ecc.”. Dal suo punto di vista “è indispensabile un’inversione di rotta, le ragioni dei pensionati devono essere tenute nella dovuta considerazione. Non è credibile che da oltre 20 anni i pensionati non abbiano un aumento vero delle loro pensioni, troppe volte misere, inadeguate, insufficienti”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA
Con un lungo articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Alberto Brambilla avanza un proposta di riforma pensioni per il dopo Quota 100. Dal suo punto di vista ci sono dei vincoli di cui tenere conto: una soluzione che come somma non dia meno di 100, la situazione di conti pubblici, evitare che le garanzie per lavoratori con problemi di salute ma non invalidi, o che svolgono attività gravose pesino sulla collettività. Il Presidente di Itinerari previdenziali evidenzia poi che esistono due tipologie di lavoratori: quelli che hanno il sistema contributivo puro e quelli che sono nel sistema misto. Brambilla passa poi alla sua proposta, spiegando che “per prima cosa occorre prevedere le stesse regole e le stesse protezioni per le due platee di lavoratori, il che significa regole uguali ed estensione dell’integrazione al minimo anche ai contributivi, cioè a quelli che oggi con i loro contributi finanziano gli assegni degli attuali pensionati”.
LA PROPOSTA PER IL DOPO-QUOTA 100
Bisognerebbe quindi accantonare dall’anno prossimo 500 milioni l’anno per far sì che nel 2045 ci siano 15 miliardi “per sostenere le pensioni di quelli che hanno iniziato a lavorare dal 1/1/1996”. Come seconda cosa bisognerebbe prevedere una flessibilità a 64 anni di età con 37/38 di contributi, con al massimo due o tre anni di contribuzione figurativa, e l’uso dei fondi di solidarietà per anticipi fino a 5 anni. Infine, bisognerebbe bloccare “l’anzianità contributiva a 42 anni e 10 mesi per i maschi e un anno in meno per le femmine, eliminando l’adeguamento alla speranza di vita”, con sconti contributivi per le madri pari a 8 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di tre anni, e una riduzione di un quarto di anno per ogni anno lavorato prima dei 20 anni per i precoci.