I “mercati” continuano a salire nonostante il rallentamento economico, nonostante il moltiplicarsi delle tensioni commerciali e geopolitiche da ultimo riesplose in Medio Oriente. Il sistema è instabile e l’unica certezza è che debba trovare un nuovo equilibrio che non può essere quello attuale. I mercati salgono perché le banche centrali continuano a inondare i mercati di liquidità e più si sperimenta che normalizzare il quadro attuale, tornando a prima del 2008, è impossibile, più si prolunga lo schema. Scommettere contro i mercati, “shortare” le azioni è impraticabile.
È l’oro, come si è giustamente notato, a segnalare la consapevolezza dei rischi che lo schema, spinto sempre più oltre il limite, salti e produca effetti imponderabili. Se lo schema saltasse si aprirebbero cambiamenti radicali e probabilmente violenti. Le banche centrali stampano e tengono su tutto, dalle obbligazioni alle azioni; i rendimenti negativi obbligano a prendere rischi. Ma l’instabilità del sistema non diminuisce affatto. Anzi.
Potremmo dire in prima battuta che una rottura si produrrebbe se i mercati perdessero fiducia nelle banche centrali o se queste raggiungessero i limiti posti dalle politiche monetarie comunque ancora “convenzionali”. È per questo forse che i temi del giorno variano da politiche monetarie non convenzionali fino al controllo dei capitali; si fanno ipotesi che anche solo un paio di anni fa erano assolutamente eretiche. Aggiungete il fatto che nessuna banca centrale probabilmente vuol passare per quella che fa saltare il sistema; le pressioni sulla Bce e sulla Germania che frena sono destinate ad aumentare. È abbastanza chiaro che se la Bce non segue la Fed e la Bank of Japan l’euro andrebbe sotto grandissimo stress. Uno scenario che probabilmente nell’immediato non vuole nessuno.
La “normalizzazione” delle politiche monetarie non andrà particolarmente di moda, per usare un eufemismo, nel 2020. Quello che andrà di moda saranno discussioni “eretiche” mentre proseguirà la spinta per “eliminare il contante” con lo scopo di rendere più immediato per gli Stati indebitati, tutti senza quasi esclusione, la “presa” sui risparmi. L’animale più debole di tutti in questo contesto è l’Unione europea: un’area incapace di qualsiasi azione perfino appena fuori dai propri confini, dilaniata dagli squilibri e dalle diffidenze interne e dalle diverse priorità di “politica estera” degli Stati membri.
Se si prendono in considerazione cambi di scenario “generazionali” o la rottura di un sistema che dura da decenni, la coesione e la stabilità interna sono decisivi. Diventano non scontati elementi, come l’indipendenza energetica, che oggi stupidamente consideriamo ininfluenti. Immaginate cosa voglia dire in questo scenario dover far funzionare un sistema industriale con i pannelli solari e l’eolico, senza nucleare essendosi liberati perché obsolete delle risorse tradizionali che funzionano. Non è “l’Europa” per la cronaca il rifugio a cui l’Italia si può aggrappare; quando si parla di Europa si parla al massimo di Francia e Germania con le loro agende politiche e di politica estera che si dovrebbe leggere con attenzione.