Mentre le banche centrali e in particolare la Fed continuano a stampare tenendo a galla i mercati, rimane la domanda su chi stimolerà l’economia nel 2020 evitando la recessione o semplicemente attutendo gli effetti del rallentamento economico. Gli effetti delle politiche monetarie tradizionali sulla “economia reale” sono sempre meno incisivi e quindi la domanda sulla crescita globale rimane; le preoccupazioni emergono, per esempio, nell’andamento del prezzo del petrolio dopo eventi che hanno sicuramente aumentato il rischio in Medio Oriente.
Per ora e per quello che si può vedere, il peso ricadrà ancora una volta sulle spalle degli Stati Uniti come dal 2008 in poi. La componente del commercio del Pil cinese è in calo; la Cina vuole spostare la crescita dal commercio in favore di consumi e investimenti e questo aggiunge problemi per l’economia globale e in particolare per gli esportatori. La sua agenda interna ed esterna non produrrà uno stimolo dell’economia globale. L’Unione Europea rimane ostinatamente convinta del proprio modello, la sua banca centrale opera al di fuori del suo mandato e continua a vivere sulle spalle dei propri partner commerciali continuando a produrre surplus che politicamente sono insostenibili. Le sue regole fiscali, a questo punto, sono palesemente inadeguate, sorpassate e figlie di un mondo che probabilmente è scomparso nel 2008. È un approccio che solleva più di una questione sulla fiducia che i Paesi membri, in particolare la Germania, hanno davvero sul progetto.
Alla fine non rimane nessuna alternativa, nel breve periodo, se non quella di spingere ancora una volta sui già tiratissimi deficit americani, commerciale e statale, sperando che la Fed possa continuare a stampare e abbia munizioni sufficienti per qualsiasi cosa si potrà produrre nei prossimi trimestri. Il consumatore americano, esangue, e la Fed, con molte meno munizioni del 2008, ancora una volta proveranno a sostenere la crescita. Uscire dai problemi di oggi però con le politiche monetarie “tradizionali” sembra impossibile, come sembra suggerire la rapidità con cui la Fed è corsa ai ripari a settembre; non è possibile sgonfiare la bolla senza generare conseguenze gravi. L’inflazione, assente, non è una soluzione in un contesto che rimane assolutamente deflattivo.
In questo scenario bisogna scegliere con molta attenzione i propri alleati; la “politica” e la stabilità dei sistemi sono un fattore chiave in un contesto che alla fine genererà cambiamenti di scenario molto importanti. Assistiamo a cambiamenti geopolitici che fino a cinque anni fa sarebbero stati impensabili e rimaniamo convinti che si possa continuare ad andare avanti come sempre. L’Unione Europea non è in grado di essere un attore terzo; prevalgono le politiche estere dei singoli Stati, come si vede ancora una volta in questi giorni in Libia. Geopolitica e sistemi finanziari al limite sono intrecciati e si dovrebbe davvero avere chiari quali siano i fattori in gioco.