Sulla prima pagina di un importante quotidiano, ieri mattina, il titolo “Autostrade, ultima offerta” campeggiava vicino a quello che riferiva della decisione della Corte costituzionale di non ammettere una proposta di referendum sulla normativa elettorale. Una scelta giornalistica non inopportuna, anzi: le due vicende – entrambe di primo rilievo nell’attualità italiana – sono certamente accomunate dal tema della legalità democratica corrente nel Paese. Ciò che i politologi chiamano “stato di diritto” e i giuristi “Costituzione materiale” nella vita repubblicana.
L’ultimatum di Autostrade per l’Italia è lanciato e argomentato in una lunga intervista rilasciata al quotidiano dal neo-amministratore delegato Aspi, Roberto Tomasi. Nel titolo virgolettato il manager lancia un allarme (“La revoca della concessione sarebbe la fine”), sollecita “pace” con il governo Conte-2 e offre un piano straordinario di “investimenti”. Non c’è il dettaglio di quest’ipotesi di piano: i 7,5 miliardi di grandi lavori (anzitutto nella messa in sicurezza della rete) e i mille potenziali nuovi assunti (a fronte del rischio occupazionale per 7mila dipendenti) sono riportati separatamente altrove e non da fonte diretta Atlantia-Aspi.
Il crollo del Ponte Morandi – alla base del “caso Autostrade” – è menzionato nel testo una sola volta: viene definito dal manager “una tragedia assoluta” e “uno spartiacque”; ma non c’è alcun riferimento ai 43 morti. Atlantia (capogruppo quotata di Aspi) e la famiglia Benetton (principale azionista) compaiono solo in una domanda, sulle presunte “responsabilità di quanto è accaduto”: Tomasi – Ceo di una controllata – non ha difficoltà a rispondere in breve “A me spetta solo immaginare il futuro di Autostrade”. No comment anche sulla questione – molto dibattuta – degli aumenti dei pedaggi regolarmente concessi al gruppo Atlantia anche in anni di inflazione molto bassa. Nell’intervista – così come negli altri contenuti a corredo – non c’è alcun riferimento a eventuali richieste di “scudi giudiziari” eventualmente ricomprese nell'”ultima offerta” di Aspi.
L’uscita di Tomasi è certamente un momento di prima importanza – e di oggettiva trasparenza – in una vicenda che si pone effettivamente come uno dei periodici “spartiacque” che segnano i rapporti fra politica ed economia in una grande economia di mercato del G7 come l’Italia. È stata certamente uno “spartiacque” nel nostro Paese, la privatizzazione di Autostrade: decisa nel 1997 da un governo di centrosinistra a beneficio di una giovane dinastia che sembrava incarnare al massimo un “nuovo capitalismo democratico” italiano.
In questi stessi mesi, negli Stati Uniti, un gigante globale come Boeing è da dieci mesi impegnato in uno scontro frontale con l’amministrazione Trump e l’agenzia federale di controllo sull’aviazione Faa sullo stop imposto al B737 Max 8: ultimo nato nella scuderia Boeing, ma già protagonista di due crash con 346 morti. Dennis Mullenburg, il Ceo Boeing che aveva lanciato il B737 Max 8 e che ha gestito la crisi seguita agli incidenti e al bando mondiale al volo per l’aereo, è stato rimosso alla vigilia di Natale. Nei fatti – hanno riferito i media internazionali – il board e i grandi azionisti hanno preso atto del fallimento di una strategia improntata da Mullenburg sul semplice utilizzo muscolare del potere lobbistico di un’azienda che nella sua storia ha costruito il B29 che bombardò Hiroshima, il Jumbo Jet e parti della navicella lunare Apollo.
Ora a Seattle perfino i parcheggi per i dipendenti sono stati sgombrati per far posto a molte decine di B737 Max 8 prodotti ma non ritirati dalle compagnie che li avevano ordinati. Dall’inizio dell’anno le linee di montaggio sono state fermate, mettendo in potenziale esubero centinaia di dipendenti. Dal giorno del grounding, nel marzo 2019, il titolo Boeing ha perso circa un quarto del suo valore a Wall Street. Le attese più ottimistiche guardano ora a un nuovo via libera per giugno, ma gli osservatori più realisti ritengono difficile che Trump esponga la sua amministrazione a un rischio così elevato prima delle presidenziali di novembre. Il processo di “riabilitazione” del B737 Max continua intanto a essere accompagnato da un flusso di indiscrezioni mediatiche che confermerebbero gravi problemi di progettazione e responsabilità poco dubitabili da parte della Boeing.
Mullenburg sta comunque lasciando il gruppo – in cui ha operato tutta la sua vita – con un pacchetto d’uscita stimato fra gli 80 e i 90 milioni di dollari, subito oggetto di polemica L’ex amministratore delegato di Atlantia e Aspi, Giovanni Castellucci, si è dimesso dal gruppo lo scorso settembre: tredici mesi dopo il crollo di Genova. Gli è stata riconosciuta una buonuscita di 13 milioni di euro, che ha incassato però solo in parte. Il pagamento della seconda rata di un “pacchetto” comunque subordinato al non emergere futuro di responsabilità civili o penali per il manager, è stato sospeso prima di Natale da Atlantia: anche se non è scattata nel frattempo alcuna clausola legale.
P.S.: Il giorno prima, sulla “cover” dello stesso quotidiano, spiccava il titolo di una lunga conversazione del fondatore con papa Francesco. Si poteva leggere in un sommario virgolettato: “La Chiesa sarà sempre al fianco de poveri e dei deboli contro i ricchi e potenti”. Alcuni anni fa lo stesso quotidiano fu in prima linea nella battaglia civile seguita al rogo in cui persero la vita 6 operai nello stabilimento torinese della ThyssenKrupp. Sono due notazioni esclusivamente legate all’osservazione dell’evoluzione dello “spirito del tempo” attraverso il prisma dei grandi media nazionali. Non sono e non vogliono assolutamente essere un giudizio sul lavoro dei giornalisti: sempre duro, in Italia come altrove. Essi, anzi, continuano soltanto a impegnarsi nel loro lavoro, nonostante ostacoli e difficoltà crescenti, quando raccontano i fatti e gli “spirits” di ogni tempo quotidiano. I giornalisti pongono domande: fornire risposte rimane responsabilità piena di altri.