Emilia-Romagna (nome composto che già evoca l’ombra di un contrasto). L’aria che si respira in questi ultimi giorni di elezioni, sotto la superficie delle risse e dei gossip mediatici, o delle raffiche di statistiche incomprensibili, ha qualcosa di tragico.
Dicono: Esagerato! Risposta: No, non è un’esagerazione, e per spiegarne il perché basti dire che, comunque vadano le elezioni, si tratta della fine di questa tranquilla e bonacciona “Repubblica Democratica Tedesca”, dunque della fine di un’epoca.
Dicono: Esagerazione doppia, e quasi una bestemmia! Come si può osar di paragonare quel regime schiacciasassi e schiaccia–anime con una regione prospera, civile e democratica?! Risposta: il linguaggio è una forma di conoscenza che va al di là delle singole parole. L’espressione è iperbolica, sissignore; e si può anche ammettere che l’analogia sia un po’ forzata. Ma tutte le analogie sono leggermente forzate, senza che per questo perdano nulla della loro energia conoscitiva. Perché le iperboli, le analogie, le metafore ecc. sono gli strumenti degli scrittori. I quali dovrebbero – il tempo è più che venuto – andare al contrattacco verso l’atmosfera di compatimento se non di disprezzo che circonda gli intellettuali (rimasti quasi completamente invisibili durante questa campagna elettorale).
La verità è che i poeti e simili persone sono, fra altre cose, interpreti indispensabili della politica, proprio con quei loro strumenti delle iperboli analogie metafore e via dicendo; perché anche questi sono mezzi d’indagine della realtà sociale.
Dunque torniamo per un momento, senza chiedere scusa, al paragone con la DDR. Tutti sanno che, a Berlino, la differenza fra la ex-zona Est e la ex-zona Ovest è ancora palpabile, in tanti dettagli. Ma forse non tutti sanno (almeno, alcuni di noi lo ignoravano) che ci sono ancora a Berlino alcuni anziani signori e signore i quali continuano a trascorrere tutta la loro esistenza nella zona Est senza mai sentire il bisogno di recarsi nella zona Ovest. Saranno pochissimi, certamente: ma è lecito chiedersi che significhi questo tipo di esistenza auto–confinata; che cosa significhino le vite per le quali, in un certo senso, il Muro non è mai caduto.
Allora, ecco l’analogia (“forzata” solo nel senso che fa forza contro la barriera dei luoghi comuni): c’è chi ha trascorso tutta la vita, e si prepara a concluderla, in una città come Bologna (qui rappresentativa di tutta la Regione) la quale da 70 anni, a parte la parentesi 1999–2004 – eccezione che ha confermato la regola – vive sotto lo stesso regime politico.
Dicono, con la tipica (?) bonarietà bolognese: E con ciò? Bologna, con l’Emilia-Romagna e altre Regioni, ha vissuto pacificamente e dottamente per secoli (con alcuni incidenti di percorso) sotto lo Stato Pontificio! Vero: e infatti, questa atmosfera da Stato Pontificio si è trasmessa tranquillamente – saltando al di là del fascismo e dello Stato unitario, e ignorando le baruffe (anti)clericali – al regime (post/para)comunista dell’ultimo settantennio. Dicono (e cominciano a scaldarsi): Embè? Che ci vedi di male tu, scrittorello-untorello? E lo scrittore timidamente risponde: Nulla di male, per carità; ma qualcosa di un po’ bruttino, qualcosa che respira un’aurea mediocritas, questo sì che lo sento.
Dicono: Guarda, se volevi parlare di estetica potevi dirlo subito, così ce ne andavamo a dormire. Risposta: Un momento, un momento. Chi ha detto che l’estetica sia cosa soltanto per artisti e professori? L’estetica (la bellezza) è una dimensione fondamentale della vita; è uno degli elementi che distinguono, in quello che ci circonda, l’aria buona da quella cattiva; fa parte insomma (per usare un termine alla moda) della nostra ecologia di cittadini. E qui, in questa Regione che è l’ultima inter pares (prima fra le regioni del Centro, ultima fra le regioni del Nord), è da un bel po’ che si respira un’aria alquanto viziata; ed è venuta l’ora di arieggiare gli ambienti. Intere esistenze passate sotto lo stesso regime politico hanno un effetto negativo sulla qualità di vita: la qualità dei cittadini così come la qualità dei governanti.
Allora, qual è la “tragedia”? È che ormai l’hanno capito tutti, che un cambiamento (altro che continuità!) sarà inevitabile. Una parte di loro è triste per un passato che non tornerà più; e tutti poi, da qualunque parte stiano, sono comprensibilmente preoccupati se non spaventati, come accade di fronte a qualunque grande mutamento. Perché una cosa è certa: che l’estetica della vita (cioè il ritmo, lo stile, il sapore della vita) qui cambierà. Se vincono (di misura) i rappresentanti del regime, si troveranno ad amministrare una Regione ribollente di scontento, dove tanti hanno finalmente scoperto la possibilità di dire: No. Se vincono (com’è probabile) gli altri, dovranno lavorare dentro quello che in larga parte sarà un paesaggio punteggiato da trabocchetti e pozzi avvelenati. Che Sant’Apollinare, patrono dell’Emilia–Romagna, protegga la sua Regione.