Allarme foreign fighters in Lombardia: «È la regione più interessata dal fenomeno». Nonostante la calma apparente, è alto il livello di guardia. Lo spiega Il Giorno, che ha intervistato Francesco Marone, ricercatore Ispi e professore di Politica internazionale all’Università di Pavia. Il pericolo riguarda chi ha raggiunto il Medio Oriente e potrebbe provare a rientrare in Italia, poi ci sono gli aspiranti foreign fighters che non sono riusciti a partire. Loro sono pronti a colpire per l’Isis. A loro si aggiungono gli estremisti lombardi arrestati e condannati, ma presto torneranno in libertà dopo aver scontato la loro pena. E poi ci sono quelli “cresciuti” in carcere insieme ad altri fondamentalisti. Dall’antiterrorismo assicurano che «la guardia non si è abbassata». Infatti sono stati contati 26 foreign fighters che hanno vissuto in Lombardia, di cui 11 tra Milano e l’hinterland, su circa 125 con legami con l’Italia. Una decina, secondo l’ultimo dossier Ispi su dati dell’antiterrorismo, sarebbero rientrati. «Oggi pochi foreign fighters legati all’Italia sono ancora in Siria ed Iraq. Meno di dieci sono di nazionalità italiana», si legge nel rapporto in questione.
ISIS, ALLARME FOREIGN FIGHTERS IN LOMBARDIA: RISCHIO RADICALIZZAZIONE IN CARCERE
Uno dei primi estremisti a uscire dal carcere nel giro dei pochi mesi potrebbe essere Nadir Benchorfi, marocchino arrestato nel dicembre 2016 perché si disse disponibile a compiere un attentato per l’Isis nel centro commerciale di Arese. Condannato a 4 anni di carcere, sta finendo di scontare la pena. «Noi abbiamo sempre sostenuto che si trattava di un mitomane non di un terrorista. Di certo il fatto che tutti i condannati vengano messi nello stesso carcere, a Sassari, non aiuta percorsi di recupero. Probabilmente una volta scontata la pena verrà espulso», ha dichiarato il suo legale, l’avvocato Francesco Laganà, a Il Giorno. E infatti nel carcere di massima di sicurezza di Sassari è allarme per il rischio di radicalizzazione. Uno dei problemi per l’Italia è la prevenzione: «La nostra intelligence funziona, quello che ancora manca è la prevenzione perché l’Italia, finora risparmiata dagli attentati, tra qualche anno potrebbe trovarsi nelle condizioni di Francia, Germania e Belgio», ha concluso il ricercatore Francesco Marone.