Gli ultimi sondaggi politici stilati da Agorà prima del voto delle Elezioni Regionali in Emilia Romagna e Calabria non possono non soffermarsi sul “terremoto” che è stata la giornata di ieri con le dimissioni da capo M5s di Luigi Di Maio. È stato chiesto agli elettori intervistati tra il 22 e il 23 gennaio se fosse stato giusto che il Ministro degli Esteri abbia fatto un passo di lato, tra l’altro a 4 giorni dalle Regionali così decisive in Emilia e Calabria. Ebbene, il 59% dell’elettorato ha risposto “sì”, mentre solo il 32% avrebbe voluto continuasse Di Maio alla guida del Movimento (il 9% non sa/non vuole rispondere). Se però la stessa domanda viene posta agli elettori del Movimento, è curiosa la risultanza dei sondaggi: solo il 21% appoggia l’uscita di scena dell’ex leader, il 43% sta con Di Maio mentre è ben il 36% a dire di non voler rispondere o comunque di non sapere cosa avrebbe dovuto fare Di Maio davanti alla crisi del suo partito, la fuga dei parlamentari verso il Gruppo Misto e l’imminente, probabile, sconfitta in entrambe le Elezioni Regionali.
TECNÈ (20 GENNAIO): LE INTENZIONI DI VOTO
Mentre si avvicinando a grandi passi le Elezioni Regionali in Calabria e Emilia Romagna domenica prossima, la politica viene “sconvolta” dalle dimissioni del leader M5s Luigi Di Maio e sono in parte anche i risultati dei sondaggi politici di questi mesi ad aver contribuito – assieme alla crisi di leadership, lo scollamento con la base e la fuga dei parlamentari verso Lega e Gruppo Misto – alla momentanea uscita di scena del Ministro degli Esteri dalla reggenza del Movimento 5 Stelle. Osservando gli ultimi dati emersi il 20 gennaio scorso durante la puntata di Quarta Repubblica con i sondaggi politici Tecnè si può confermare il trend in crescita del Centrodestra che spera di capitalizzare anche nell’imminente doppio voto di domenica, magari proprio approfittando delle tensioni nazionali di cui soffre il Governo Conte-2: la Lega, seppure in calo rispetto ad alcuni mesi fa, resta il primo partito con il 31,8% di preferenze (una forbice, guardando anche gli ultimi altri sondaggi nazionali, che vede Salvini tra il 29% e il 33%). A seguire il Partito Democratico, in costante stallo al 19,5% e attraversato dal rebus di cosa fare dopo il voto in Emilia Romagna qualora vinca o perda il forte candidato Bonaccini: al terzo posto, in crollo totale anche di consenso, il Movimento 5 Stelle che non riesce ad andare oltre al 15,3% e che rischia – come profetizzato dal senatore espulso Paragone – di finire sotto il 10% nelle due Elezioni Regionali di Calabria ed Emilia Romagna.
SONDAGGI TECNÈ (20 GENNAIO): I SEGGI COL PROPORZIONALE
Per la restante parte delle intenzioni di voto prodotte dai sondaggi politici Tecné, da segnalare il 7,9% di Forza Italia che resiste nonostante la crescita netta di Salvini e Meloni, e per l’appunto Fratelli d’Italia al 10,8% e in costante ascesa rosicchiando consenso all’alleato della Lega. L’istituto demoscopico ha poi provato ad effettuare, tenendo questi dati delle intenzioni di voto (che comprendono anche un complessivo 14,7% di volti per tutti gli altri partiti riuniti assieme, da Italia Viva ad Azione di Calenda, passando per Toti, Europa Verde, +Europa e LeU) un calcolo sugli effetti del proporzionale vista la nuova legge elettorale del Germanicum in fase di produzione nel Governo Conte-2. Ebbene, la Lega si riscopre forte ma non autonoma e avrebbe bisogno dell’alleanza con Berlusconi e Meloni per poter avere la maggioranza di Camera e Senato dopo l’eventuale voto anticipato: secondo il calcolo effettuato dai sondaggi Tecné (con la nota metodologica che recita “la distribuzione dei seggi è stata fatta sulla base dell’ipotesi di un collegio unico nazionale che attribuisce rispettivamente 626 e 396 seggi alla Camera dei Deputati. Sono esclusi dal riparto proporzionale 4 seggi a tutela delle minoranze linguistiche della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige. Sono invece considerati nel riparto nazionale i 12 deputati attualmente eletti nella circoscrizione dell’estero”) Salvini ad oggi avrebbe 233 seggi, 80 per FdI e 58 per Forza Italia, in tutto un 371 seggi alla Camera e maggioranza stabile. Il Pd con i suoi 143 seggi, il M5s con i suoi 112 e gli altri partiti con 4 seggi finirebbero così all’opposizione; medesima la situazione al Senato, con 148 seggi alla Lega, 50 a Meloni e 37 a Berlusconi, in tutto 235 seggi a Palazzo Madama. Di contro, Pd con 90, M5s con 71 e altri partiti con 4 rimarrebbero sempre all’opposizione.