Mentre la pandemia di coronavirus scoppiata in Cina continua ad avanzare inarrestabile, generando ansia e preoccupazione nel mondo intero, una domanda sorge spontanea: le informazioni relative al contagio fornite dalle autorità di Pechino sono attendibili? Come ai tempi della Sars nel 2003, sta infatti emergendo più di qualche dubbio sulla trasparenza del governo cinese nel condividere dettagli e particolari sulla reale situazione domestica, che sono quanto mai d’interesse per tutta la comunità internazionale.
Gli ultimi aggiornamenti ufficiali parlano di oltre 170 morti e 7.700 infetti. Da Wuhan, invece, fonti riconducibili a cittadini italiani venutisi malauguratamente a trovare nella città epicentro della pandemia, parlano di un bilancio di gran lunga più spaventoso. I morti sarebbero finora ben 9mila, mentre i contagiati più di 70mila: se questi numeri, che circolano tra la stessa popolazione locale, sono veri solo in minima parte, quella effettuata dal governo cinese non sarebbe disinformazione? Non si tratterebbe di un comportamento a dir poco irresponsabile, visto che in gioco c’è la vita del resto degli abitanti del pianeta?
“La capacità di diffusione del coronavirus sembra diventare più forte”, si è limitato a dichiarare il ministro della Sanità, Ma Xiaowei, in una conferenza stampa. Ma cosa intende quando sostiene che “non sono ancora chiari i rischi della sua mutazione”? Il virus potrà trasformarsi in un incubo ancora peggiore? Le autorità del regime sanno qualcosa che non vogliono dire?
Di scarsa credibilità è la versione che vuole sia stato un animale, nello specifico un serpente, a fungere da mezzo di diffusione dell’infezione. Non sarebbe forse opportuna una maggiore chiarezza da parte del governo cinese sulle origini della pandemia? Soprattutto per smentire l’ipotesi che sta prendendo sempre più piede, secondo cui il virus sarebbe stato creato appositamente in un laboratorio militare basato a Wuhan, quale potenziamento del virus della Sars.
Il lungo periodo d’incubazione del virus, che va dai 10 ai 14 giorni, non rende possibile rilevarne in tempi brevi la sintomatologia (febbre, tosse, problemi respiratori). Per questo motivo, lo scienziato a cui andrebbe attribuita la paternità del virus sarebbe risultato negativo ai primi test, tanto da diffondere l’infezione una volta uscito dal laboratorio. Fantasie? Probabile, ma alimentate dall’atteggiamento di ambiguo “riserbo” mantenuto da Pechino.
Quel che è certo, secondo un’analisi del “Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie”, pubblicata sul New England Journal of Medicine, è che la trasmissione del virus da uomo a uomo è cominciata già alla metà di dicembre, ovvero precedentemente alla notifica ufficiale dei primi casi di contagio. Pechino ha quindi temporeggiato prima di svelare al mondo la minaccia che si è venuta a creare all’interno del suo stesso territorio.
Poco o nulla, inoltre, trapela su quel che accade davvero nelle località maggiormente colpite dal flagello. A Wuhan sembra di stare in un film, dicono le fonti italiane. Le vie di uscita e d’ingresso sono presidiate da posti di blocco composti da militari che hanno l’ordine di sparare a chiunque tenti di entrare e uscire dalla città.
Le strutture sanitarie sono collassate e per far fronte all’emergenza è in via di costruzione, a tempi di record, un nuovo ospedale con capacità di mille letti. L’avvio della costruzione di un secondo ospedale con un numero di letti ancora maggiore dovrebbe essere imminente.
Al di fuori di Wuhan, nella provincia di Hunei, risultano completamente paralizzate anche altre città, dove vivono 70 milioni di persone, più della popolazione italiana. Qui lo stato d’allerta è passato da 3 a 1 e vige il coprifuoco, insieme al divieto di utilizzare qualsiasi tipo di trasporto a motore.
Sulla situazione a Pechino e Shangai, è possibile reperire un maggior numero d’informazione da fonti ufficiali, sia cinesi che internazionali. In ambo le megalopoli, morti e contagiati sono in crescita, anche se le cifre comunicate restano nell’ordine delle decine e delle centinaia, e la riapertura di scuole e asili è stata posticipata.
Al contempo, qualsiasi forma di trasporto pubblico sarebbe stata bloccata, ma di ciò non viene fatta menzione in comunicati stampa e dichiarazioni pubbliche. Forse per non confermare l’impressione di una Cina completamente paralizzata, fornita dalla sospensione delle celebrazioni del capodanno e dello svolgimento di varie competizioni sportive, tra cui il campionato di calcio.
Dalla Cina al resto del mondo il passo è breve. In Europa, sono 10 i casi d’infezione sin qui accertati: 5 persone in Francia, 4 in Germania e uno in Finlandia. l’Italia è stata finora risparmiata, ma montano sia tensione che confusione. Smentiti dalle verifiche epidemiologiche i presunti casi di Pistoia, Napoli, Parma e Roma, a tenere banco è la vicenda della nave da crociera con oltre 7mila passeggeri ferma al porto di Civitavecchia per volontà del sindaco, oppostosi al via libero allo sbarco giunto dalla capitaneria.
I primi test su due passeggeri di nazionalità cinese sono risultati negativi, ma il sindaco vorrebbe attendere l’esito degli esami definitivi prima che tutti coloro che si trovano sull’imbarcazione possano scendere a terra. Un periodo di quarantena di circa 2 settimane attende invece sicuramente la cinquantina di cittadini italiani che si trovano tuttora a Wuhan e torneranno in patria “entro 48/72 ore […] con un aereo civile sotto l’egida militare”, ha affermato il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri.
Come deve reagire l’Italia di fronte a una simile emergenza? In primo luogo, mantenendo la calma. A tal fine, i viaggi in Cina andrebbero altamente sconsigliati, ma non proibiti come hanno fatto Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, con la sospensione dei voli da parte Lufthansa, British Airlines e American Airlines. Soprattutto, il governo italiano deve garantire ai cittadini un’informazione costante e corretta, in modo da contrastare le fake news incombenti, che stanno generando solo panico tra la popolazione. Esattamente il contrario di quanto fatto finora dalle autorità di Pechino.