Passate le elezioni regionali in Emilia e Calabria, le componenti più favorevoli all’immigrazione del governo Conte potrebbero agire su più fronti: modifica o cancellazione dei decreti sicurezza voluti da Salvini quando era ministro dell’Interno, e regolarizzazione di 700mila extracomunitari irregolari presenti in Italia. Intanto in questo mese di gennaio si registra un incremento degli sbarchi pari al 700 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre le sardine hanno chiesto la cancellazione del Memorandum Italia-Libia. Mauro Indelicato, giornalista, esperto di Libia, segue il dossier migratorio per IlGiornale.it.
Facciamo innanzitutto il punto sul numero degli sbarchi. Com’è la situazione?
I dati del Viminale confermano un trend in deciso rialzo sul fronte degli approdi in Italia: dal 1° gennaio ad oggi nel nostro paese sono sbarcati 1.273 migranti a fronte dei 155 arrivati nello stesso periodo del 2019.
Un’impennata del 700 per cento.
E da qui ai prossimi giorni potrebbero esserci ulteriori approdi. Va ricordato che nel mese di gennaio del 2019 il governo in carica era il Conte 1. Rispetto allo stesso periodo del 2018 il numero è ridotto, visto che nei primi 30 giorni di quell’anno arrivarono nel nostro paese 4.062 migranti.
Gli ultimi due fatti eclatanti riguardano le navi Ocean Viking, 403 immigrati sbarcati a Taranto, e Open Arms, con 282 immigrati a bordo, che preme per l’assegnazione di un porto. Quali sono le tue osservazioni?
I due episodi dimostrano che dalla Libia le partenze sono riprese con maggior vigore. Da un lato il clima mite in quasi tutto il mese di gennaio ha aiutato, ma ritengo che ad incrementare i flussi sia l’impossibilità della Guardia costiera libica di operare come prima.
Colpa della crisi libica?
Sì, il governo di Al Sarraj è in difficoltà, controlla sempre meno territorio e non è in grado forse di controllare al meglio il mare. Anche dal Viminale negli ultimi giorni hanno segnalato un funzionamento ad intermittenza della Guardia costiera di Tripoli.
Come commenti l’archiviazione di Casarini e Marrone e la definizione data dal pm Patronaggio di “quadro normativo non sempre chiaro” in cui operano le forze militari italiane?
La linea della procura di Agrigento sembra prendere di mira proprio il quadro normativo instauratosi a ridosso del caso Mare Jonio. In qualche modo i magistrati vorrebbero indicare che le leggi entrate in vigore in quel momento, in cui ad essere in sella era il governo Conte 1, non sarebbero né chiare e né consone a risolvere i problemi legati all’immigrazione. Una valutazione che ha tutta l’aria di essere più politica, per adesso. Occorrerà vedere se a questa valutazione politica si aggiungerà anche un risvolto giudiziario. Per adesso Patronaggio stesso ha smentito qualsiasi coinvolgimento nelle indagini dei finanzieri, rei secondo la procura di aver dato un ordine senza alcuna base giuridica, tuttavia l’indagine potrebbe andare avanti.
E per quanto riguarda la posizione di Casarini e Marrone?
C’è un aspetto importante: secondo i magistrati, Casarini e Marrone avrebbero agito senza altre alternative, in quanto né la Libia e né la Tunisia sono da considerare dei porti sicuri. Quest’ultimo elemento potrebbe rappresentare un importante precedente giuridico.
Il governo Conte 2 è stato varato sulla base di un programma di radicale discontinuità con la linea Salvini in tema di politica migratoria. Perché i “decreti sicurezza” sono ancora in vigore?
Perché andare contro questi decreti alla vigilia delle elezioni regionali avrebbe potuto significare un vero e proprio suicidio politico sia per il Pd che, soprattutto, per M5s. I grillini poi, almeno con Di Maio in sella, erano molto preoccupati dell’erosione del consenso a destra.
C’è un dato che chiama in causa direttamente l’ex ministro dell’Interno, che ha sempre detto di avere drasticamente ridotto i morti in mare: l’elaborazione dell’Ispi sul rapporto tra morti in mare e sbarcati in Italia nel periodo Minniti-Salvini-Lamorgese.
Sono numeri che dimostrano come la pericolosità delle traversate nel Mediterraneo non diminuisce quando diminuiscono i flussi: chiunque parte dalle coste africane rischia di rimanere vittima del mare, il rischio zero ci sarà soltanto quando si riuscirà a bloccare l’immigrazione irregolare affidata a trafficanti e scafisti.
Esiste “un accordo che di fatto ci rende complici” della morte, hanno detto ieri le sardine: è il Memorandum Italia-Libia, che dovrebbe essere formalizzato a giorni. Cosa contiene questo accordo e qual è il problema?
Il memorandum è, in buona sostanza, un’intesa tra Roma e Tripoli volta alla collaborazione sul tema dell’immigrazione e, in particolare, sulla possibilità di affrontare l’emergenza in modo comune. Il problema, di fondo e già ben noto nel 2017, è che la controparte libica non è ben definita: il governo di al Serraj non controlla nemmeno il corridoio del palazzo presidenziale, dunque la Guardia costiera di Tripoli altro non è che un insieme di milizie dove non mancano personaggi ambigui, come dimostrato dal caso del trafficante Bija. Ed a volte i nostri contributi ed i nostri soldi non finiscono nelle mani del governo libico, bensì delle milizie.
Come rispondiamo a questa situazione?
Purtroppo l’Italia, non da ora ma da anni, non ha una strategia organica nel paese nordafricano ed è costretta ad aggrapparsi all’interlocutore di turno.
Torniamo al Memorandum.
Il principio del Memorandum è giusto e condivisibile, il problema come si può capire è la sua applicazione. L’attuale governo il 2 febbraio rinnoverà il memorandum automaticamente e del resto, per la legge della realpolitik, non può fare altrimenti: senza rinnovo, ci sarebbe un clamoroso definitivo strappo con al Serraj. E l’Italia non se lo può permettere.
Qual è la situazione delle basi di partenza dei migranti e qual è il grado di contezza della situazione da parte italiana?
Le forze locali in Libia sono in difficoltà, appaiono assorbite dalla guerra contro Haftar e controllano sempre meno le coste. Al Viminale lo sanno, ma a livello mediatico se ne parla poco o si preferisce non farlo.
Sembra che il governo sia pronto ad una maxi-regolarizzazione di immigrati. Ieri lo ha detto anche La Stampa. In che relazione sta questo provvedimento con la politica migratoria del Conte 2?
Potrebbe far parte della cosiddetta “fase 2” del Conte 2: ossia dare un impulso decisivo, visto che le regionali sono superate, alla richiesta, da parte dell’area a sinistra del Pd, di maggiore discontinuità rispetto alle politiche del Conte 1.
(Federico Ferraù)