Filippo Sensi è il portavoce di Matteo Renzi e prima lo era di Paolo Gentiloni. Nonostante la sua grande visibilità, lo scorso mercoledì, in occasione dell’esame delle norme contro il bullismo, ha voluto raccontare la sua drammatica esperienza personale. L’uomo prima era sovrappeso e, intervistato per il Corriere della Sera, svela che questo outing non gli è costato particolarmente: “No, la parte del vittimista non fa per me: ho semplicemente pensato che valesse la pena presentare un ordine del giorno per isolare all’ interno della questione del bullismo due temi su cui negli ultimi anni sta crescendo la consapevolezza: il “fatshaming” e il “bodyshaming”. Io ovviamente ho parlato del mio tema personale, perché sono sempre stato grasso, però questo riguarda tutti, chi è piccolo, chi è alto alto… Ognuno ha le sue caratteristiche che possono essere un impedimento nel corso della vita”.
Filippo Sensi: “Io bullizzato da piccolo perché ero grasso”
Filippo Sensi quindi, ha deciso di prendere la parola per raccontare la sua storia: “Pensavo che la mia storia potesse essere utile. E lo è stato, come ho potuto riscontrare subito dopo il mio intervento. È come se si fosse aperta una porta emotiva: tanti colleghi sono venuti a raccontarmi la loro esperienza personale o quella di amici e familiari. È stata una specie di liberazione per tutti. All’ inizio l’ Aula era distratta poi piano piano si è creato un altro clima, di silenzio e attenzione, perché parlavo di una cosa che mi riguardava ma riguardava anche ognuna delle persone presenti”. Di seguito Sensi, ha anche spiegato come la bullizzavano quando era piccolo: “Sono sempre stato grasso e come tutti i ragazzini grassi ero inseguito da battute, a volte dallo scherno e dalla derisione. È normale che chi è stato sovrappeso abbia subito mortificazioni. Mi chiamavano “manzo”. Ma a volte può essere più mortificante della gang di bulli il non riuscire ad allacciare una cintura sull’ aereo, oppure dover andare in giro a cercare taglie che non ci sono, o lo sguardo di chi ti vende un paio di pantaloni pensando “guarda che per te non ci sono””.