L’APERTURA DEL GOVERNO
Il confronto di oggi tra Governo e sindacati ha lasciato soddisfatte Cgil, Cisl e Uil. Le tre confederazioni, come riporta Adnkronos, hanno infatti fatto sapere che l’esecutivo ha aperto “all’ipotesi di costruire una pensione contributiva di garanzia per i giovani con carriere discontinue e precarie avanzata dai sindacati” nell’ambito della riforma pensioni complessiva che si vuole condurre in porto. Per Luigi Sbarra, Segretario generale aggiunto della Cisl, “il governo ha riconosciuto la richiesta unitaria circa la necessità di una pensione contributiva di garanzia”. Il suo omologo in Uil, Pierpaolo Bombardieri fa sapere di ritenere “importante che il governo condivida la nostra richiesta che fino ad oggi non aveva mai avuto una risposta ufficiale”. Roberto Ghiselli, Segretario confederale della Cigl esprime soddisfazione per il fatto “che il governo non si sa presentato con un testo ‘prendere o lasciare’, ma si sia impegnato a valutare le nostre idee e sia disponibile al confronto”. Resta comunque da capire concretamente in che cosa si tradurrà l’apertura dell’esecutivo.
LE PAROLE DI DAMIANO
Cesare Damiano ribadisce di essere contrario, a differenza di quanto sostengono gli esponenti di Italia Viva, all’abolizione della riforma pensioni con Quota 100 prima della scadenza naturale prevista alla fine del 2021. “Dal primo gennaio del 2022, per evitare il ritorno allo scalone di 5 anni della legge Monti/Fornero, andrebbe introdotto un criterio di flessibilità strutturale che consenta di andare in pensione in anticipo, rispetto agli attuali 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia. Soprattutto se si svolgono lavori usuranti e gravosi”, aggiunge l’ex ministro del Lavoro, secondo cui è altresì giusto individuare un nuovo sistema di silenzio assenso per l’adesione ai fondi pensioni, “perché la loro funzione sta cambiando. In futuro potrebbero non più integrare una buona pensione, ma contribuire a renderla dignitosa, visto il rischio, soprattutto per i giovani, di avere pensioni povere”. Dal suo punto di vista, “l’adesione alla previdenza complementare dovrebbe addirittura diventare obbligatoria”.
LE PROPOSTE DELLE ACLI
Durante un convegno organizzato dalla Fap-Acli, Roberto Rossini ha parlato delle proposte in tema di riforma pensioni delle Acli, che prevedono “la reintroduzione del principio di flessibilità per tutti i lavoratori e tutte le tipologie di pensionamento, anche di vecchiaia, generalmente appannaggio delle categorie più deboli: donne e lavoratori precari”; “pensione di inclusione nel sistema contributivo, cioè un trattamento di garanzia che assicuri, in presenza di uno stato di bisogno economico, un reddito dignitoso e che darebbe attuazione ai principi costituzionali previsti dall’articolo 38 della Carta”; “abolizione di ogni livello soglia di importo pensionistico minimo quale condizione per l’accesso alla prestazione”. Come riporta l’agenzia d’informazione Sir, per il Presidente delle Acli “attualmente il sistema previdenziale è capovolto: giovani, precari e lavoratori ‘fragili o non stabili’ e donne non hanno l’attenzione che meriterebbero. Le regole attuali sono a favore dei più ricchi, che possono permettersi di andare in pensione anticipata”.
OGGI CONFRONTO SUI GIOVANI
Riprende oggi il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni avviato lunedì scorso. “Il tavolo odierno si occuperà in particolare della pensione contributiva di garanzia per i giovani per cercare di assicurare loro ‘assegni dignitosi’ con cui lasciarsi alle spalle carriere discontinue, precariato e lavori mal pagati. Un dossier che vede un intento comune tra il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo e Cgil, Cisl Uil ma la partita non è semplice”, spiega il sito di Rassegna sindacale, che ricorda come lunedì prossimo si tornerà invece a parlare di flessibilità pensionistica, tema sicuramente più caldo, sul quale non mancano proposte di diverso segno. Quanto al futuro pensionistico dei giovani, da tempo si parla di istituire una pensione di garanzia, ma più recentemente si è anche parlato di istituire un fondo pubblico previdenziale presso l’Inps con il compito appunto di occuparsi delle future prestazioni dei giovani. Ipotesi, quest’ultima, non gradita ai sindacati. Non resta quindi che attendere l’esito dell’incontro odierno.
TAGLIO VITALIZI, IL RISCHIO DI UN PASSO INDIETRO
La riforma pensioni riguardanti i trattamenti dei senatori rischia, come noto, un passo indietro con la cancellazione del taglio dei vitalizi. Sul tema Giorgia Meloni, in un post su Facebook, ricorda come Fratelli d’Italia sia stato il primo partito “a portare in Parlamento la battaglia per abolire le pensioni d’oro e i vitalizi. Lo abbiamo fatto con una convinzione: non ci sono cittadini di serie A e di serie B ed è compito dello Stato garantire un trattamento il più equo possibile a tutti. E che sia un dovere della politica e di chi rappresenta le Istituzioni dare l’esempio”. Dal suo punto di vista, “tanti passi in avanti sono stati fatti in questi anni e sarebbe sbagliato tornare indietro. Per questo, se il Senato della Repubblica dovesse decidere di ripristinare i vitalizi per gli ex senatori, ci troveremmo di fronte al ritorno di un privilegio fuori dalla storia e che non ha nessuna ragione d’essere. Soprattutto in un tempo nel quale si fatica a trovare lavoro e le giovani generazioni non hanno nessuna certezza di arrivare ad una pensione, figuriamoci decente”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CELASCHI
“Finalmente i pensionati hanno sentito delle parole confortanti, anche se per ora si tratta soltanto di parole. Vogliamo vedere fatti concreti”. Sono queste le parole con cui Guido Celaschi, Presidente dell’Associazione nazionale anziani e pensionati aderente a Confartigianato, ha commentato l’ipotesi di intervenire non soltanto con una riforma pensioni, ma anche una revisione del sistema fiscale per andare incontro a chi è già in quiescenza. Per Celaschi, “quella di una più adeguata tassazione dei trattamenti pensionistici è una delle nostre rivendicazioni più importanti. E questo per due ragioni. La prima è perché i pensionati italiani sono tra i più tassati in Europa: ad esempio su una pensione annua di circa 20.000 euro lordi (tre volte il minimo), in Italia si pagano quattro mila euro di Irpef (il 20%), mentre la media in Europa è del 13%”.
LA COMPENSAZIONE PER I PENSIONATI
La seconda ragione è che “ridurre il carico fiscale sugli assegni previdenziali è una questione di equità, visto che i pensionati subiscono paradossalmente una tassazione più pesante rispetto ai lavoratori dipendenti per effetto delle detrazioni più basse. Eppure si tratta di 16 milioni di persone. E la Legge di Bilancio riducendo il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, ma non per i pensionati, ha compiuto un’ulteriore sperequazione”. Per il Presidente dell’Anap, quindi un intervento di questa natura sarebbe “una forma di compensazione per la pesante perdita del potere d’acquisto delle pensioni che si è registrata in questo ultimo decennio per effetto sia degli interventi penalizzanti sulla perequazione sia proprio della pressione fiscale, soprattutto a livello locale”.