Come può pensare il governo italiano, nel febbraio 2020, di far trapelare sui quotidiani domenicali un aumento dell’Iva sui conti di alberghi e ristoranti?
Il Paese è virtualmente di nuovo in recessione, dopo un decennio di stagnazione. L’Azienda-Italia è ferma: le famiglie non consumano e tengono i risparmi liquidi in banca; le imprese non investono, non assumono, non chiedono più neppure credito. La fiducia nel futuro è tornata ai minimi: e a questo hanno contribuito in misura decisiva tre mesi caotici sul fronte della politica finanziaria seguiti da un mese di “resistenza” della maggioranza di governo in Emilia-Romagna.
Dall’officina del Mef guidato da Roberto Gualtieri è uscita una manovra vuota di sviluppo e carica di nuove tasse. Un budget che Fmi e Fitch hanno sostanzialmente bocciato. L’agenzia di rating ha perfino pronosticato al Conte 2 una fine anticipata se non correggerà in fretta la rotta dell’assistenzialismo in deficit, della pura e semplice redistribuzione invece che dello stimolo alla ripresa del prodotto.
Il settore turistico è uno dei settori–chiave per l’Azienda-Paese: le statistiche registrano il 6% del Pil e dell’occupazione (più che in Francia e Germania), oltre a un contributo strutturalmente attivo alla bilancia dei pagamenti. E ora l’effetto coronavirus rischia di prendere di mira questo pilastro del Made in Italy.
Dalla trattoria domenicale al ristorante stellato, dalla pensione di riviera romagnola al resort esclusivo, dal bed–and–breakfast al mega-hotel delle città d’arte di Firenze e Venezia oppure di Milano: c’è tutta l’Italia sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda di questo mercato. L’aumento dell’Iva per finanziare l’abbattimento delle aliquote basse dell’Irpef rischia di fare perdere molto a tutti: anche l’erario. Ed è singolare che lo stesso Pd che quattro anni ha voluto il piano Industria 4.0 – un taglio mirato delle tasse che gravano sulle imprese produttrici di meccatronica di cui hanno beneficiato anche le imprese acquirenti, con saldo positivo per ogni grandezza macro – oggi si avventuri su una strada di politica economica completamente opposta: anzitutto in controtendenza rispetto a come stanno operando tutti i Paesi di Ue e G7.
Sul Sussidiario è già stata espressa ogni perplessità su un approccio di politica finanziaria ideologico e per questo autolesionista: per il Paese e perfino per la maggioranza giallorossa. Giulio Tremonti, che ha trascorso lunghi anni al Mef, ha già parlato di “partita di raggiro” fra Iva e Irpef. Di certo, per molto meno la Ue gli avrebbe mandato un “avviso di garanzia” in tempo reale. Oggi invece il commissario agli Affari economici, l’ex premier Pd italiano Paolo Gentiloni, resta muto: ma non sembra certo solidale e benevolente la Commissione von der Leyen che lo lascia tacere.
PS: in Italia il settore dell’hospitality è soggetto a evasione fiscale in misura non marginale. In esso, fra l’altro, è storicamente presente una zona di “tolleranza fiscale” – fra diritto e fatto – a cavallo del no-profit. Poiché tale zona si è consolidata nel tempo sotto la responsabilità politica di governi di ogni colore, la questione rimane per lo più nell’ombra del dibattito pubblico. Ora il governo Conte 2 – che ha posto la lotta all’evasione fra le sue insegne – sembra intenzionato a puntare sul settore una fotoelettrica che difficilmente sembra poter lasciare nell’ombra zone di “tolleranza”. Come minimo sembra difficile che la questione dell’equità fiscale resti nell’ombra nel dibattito pubblico se alla larga maggioranza di ristoranti e alberghi italiani venisse imposto di incorporare nei prezzi l’Iva rialzata mentre a una minoranza di strutture di ospitalità venisse consentito di continuare a non pagare le tasse o quasi.