Vera Gemma, la figlia del grande attore Giuliano Gemma, si è raccontata tra le pagine del Fatto Quotidiano, mettendo in luce tutta la sua complessità. Non è un caso se la stessa si è definita una “sopravvissuta”, detto con un tono tutt’altro che orgoglioso. Lei, che ha dovuto combattere con i suoi demoni interiori ma anche con i numerosi pregiudizi. I suoi esordi sono stati a teatro: “Ho recitato ovunque: dalle cantine underground di Roma ai palchi ufficiali”, ha spiegato, ricordando la presenza al suo fianco di Valerio Mastandrea e Chiara Noschese. Proprio Mastandrea fu per Vera una illuminazione. “Se ho una capacità, è quella di intuire il talento, ed è una qualità ereditata da mia madre”, ha commentato. Vera ricorda poi gli anni felici, quelli vissuti in una villa alle porte di Roma, dove la domenica era riservata agli ospiti: “mamma preparava il pranzo, e il cinema italiano si ritrovava da noi. Da Sergio Leone alla commedia sexy con la Fenech o la Bouchet, fino a star internazionali come Ursula Andress”. Lei, racconta, si sentiva affascinata da tutto, “e mi sentivo frustrata perché messa in disparte. Io volevo affermare la mia personalità in mezzo ai divi”, racconta. Eppure era incompresa da tutti, ad eccezione di Sergio Leone: “mi regalava sguardi e attenzioni, come se avesse intuito in me un potenziale; mentre per gli altri ero una bambina rompicoglioni”.
VERA GEMMA: LA FRUSTRAZIONE E L’ARRIVO IN AMERICA
A differenza sua, la sorella di Vera Gemma avrebbe invece rifiutato tutto ciò che ha a che fare con lo spettacolo. “Già allora era molto più bella di me, e sempre le domandavano se voleva diventare attrice, mentre a me quell’ interrogativo non lo poneva nessuno”, racconta oggi la figlia di Giuliano che ha ammesso di aver sofferto terribilmente: “Pensavo ‘Questi non hanno capito un cazz*: lei è bella, ma il talento sono io'”. Nonostante questo andava sui set ma per lei era il culmine della frustrazione. ben presto ha compreso che il cinema è solo fantastico e così, spiega, “da adolescente ho iniziato a scappare e cercare altri mondi, fuggivo in borgata, mi infilavo nelle realtà più degradate e pericolose per aggiornare i miei parametri”. Vera ha raccontato di essere andata ovunque ci fosse perdizione, poi per sperimentare è andata in California dove ha trovato un elevato livello artistico ed ha iniziato a lavorare, raccogliendo materiale e parlando con artisti. “Mi piaceva la sensazione di essere un desiderio irraggiungibile, vivevo una sensazione di forza, di dominio, di superiorità. Una Dea”, racconta. Lei, che a casa non si è mai sentita all’altezza dell’idea di perfezione che ruotava attorno al padre. Ma, ammette, non soffriva la bellezza del genitore, “ne restavo incantata e non mi sono mai abituata, ogni volta che lo vedevo mi stupivo”.
IL RAPPORTO CON ASIA ARGENTO
Nel corso dell’intervista Vera Gemma ha dedicato ampio spazio proprio al padre Giuliano ed al rapporto ritrovato: “ci siamo ritrovati negli ultimi anni, quando ho realizzato un documentario dedicato a lui, una sorta di dichiarazione d’ amore mai espressa prima, e po’ per l’ egocentrismo d’ attore e un po’ per la sensibilità da genitore, abbiamo iniziato a parlare tanto. Come mai prima”, ha spiegato. Il padre morì poco dopo e quel documentario ha assunto un’importanza maggiore. Lei si ritiene una sopravvissuta? “Tante volte, a partire dal dolore per la morte di mia madre: cinque anni di malattia, con lei che non mi ha mai preservata da nulla, cruda nelle sue verità”, dice. “E poi sono sopravvissuta a una serie infinita di situazioni pericolose nelle quali mi infilavo”, racconta. Lei che non si è mai posta alcun limite, unendola così al mondo di Asia Argento. “Ce lo diciamo sempre: ‘Madonna che cul* a essere ancora vive'”, commenta. Parlando di Asia, con la quale sarà protagonista a Pechino Express, ammette: “Con lei ho la sensazione di avere una persona al mondo, almeno una, che mi capisce”. Nonostante questo confida di essersi anche dissociata da alcuni aspetti della sua vita e sulla sua battaglia sul #MeToo. Ma certi traumi, spiega, gli ha vissuti insieme a lei. “Ero con lei al Festival di Toronto quando Weinstein ci inseguiva dappertutto e noi scappavamo disperate”, spiega. Ma lei fu risparmiata dalle molestie: “era fissato solo con Asia, a me spettava il ruolo di carabiniere atta a proteggerla”.