Per combattere il coronavirus e per impedire che la pandemia si diffonda, le autorità cinesi hanno predisposto la disinfestazione della moneta (lo yuan). Una decisione saggia e opportuna perché niente passa di mano in mano al pari delle banconote. In Italia nel confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni è in corso un remake di un’antica leggenda metropolitana: si chiama separazione tra assistenza e previdenza e serve a truccare i conti pubblici e ad allontanare il virus delle riforme, per consentire ai lavoratori la facoltà di andare in quiescenza il più presto possibile.
In sostanza il teorema è il seguente: la spesa pensionistica di natura previdenziale (le pensioni IVS, Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) è in equilibrio per quanto riguarda il rapporto tra entrate contributive e spesa. Il problema, invece, è quello dell’assistenza (le cui prestazioni sono finanziate dalla fiscalità generale) che negli ultimi anni impiega risorse crescenti. In realtà, si tratta di un gioco delle tre carte, perché se si osserva il settore dal lato dell’ammontare della spesa si arriva a una conclusione banale: la spesa pensionistica è quello che è e viene sostenuta in parte attraverso i contributi (che sono ormai imposte di scopo), in parte mediante i trasferimenti dal bilancio dello Stato. Tanto che si usa definire assistenza non solo le prestazioni di cui al primo comma dell’articolo 38 Cost. (“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”) che hanno effettivamente un carattere assistenziale (gli assegni sociali e le prestazioni a tutela dell’invalidità civile), ma tutte quelle che, con interventi successivi, sono state poste a carico dello Stato, perché gli istituti previdenziali non erano in grado di finanziarle altrimenti.
Grazie a Itinerari Previdenziali e alle sue pubblicazioni (nei giorni scorsi la Fondazione di Alberto Brambilla ha presentato il settimo Rapporto sul bilancio del sistema previdenziale) siamo in grado di rappresentare in una sintesi garante della trasparenza a quali oneri sono finalizzati (i dati si riferiscono al 2018) i trasferimenti dello Stato.
Oneri pensionistici: 72.738 milioni di euro, con un lieve aumento di 39 milioni rispetto ai 72.699 del 2017.
Nel dettaglio: l’importo a carico della GIAS (Gestione Interventi Assistenziali) per l’anno 2018, trasferito alle gestioni a copertura degli oneri pensionistici, pari a 72.738 milioni di euro, è relativo: alle gestioni pensionistiche per 35.824 milioni di euro quali si debbono aggiunge 9.355 milioni delle gestioni ex Inpdap; copertura delle spese per gli assegni sociali, le pensioni sociali e le relative maggiorazioni erogate nell’anno per 4.837 milioni; gli oneri pari a 17.991 milioni di euro destinati alla Gestione degli Invalidi civili e 4.316 milioni di euro relativi ai deficit di esercizio delle gestioni dei dipendenti di alcuni Fondi Speciali Inps (spedizionieri doganali, addetti alle imposte di consumo, lavoratori portuali di Trieste e Genova e lavoratori ex FF.SS.); altre spese.
Oneri di mantenimento del salario: 7.129 milioni di euro (- 938 milioni rispetto agli 8.067 dello scorso anno); la variazione è riconducibile alla riduzione dei contributi accertati per la copertura dei trattamenti di integrazione salariale straordinari e mobilità;
Interventi a sostegno della famiglia 5.835 milioni di euro (+6,4% rispetto a 5.485 milioni dello scorso anno); l’incremento è collegabile alla copertura dei maggiori oneri per le indennità triennali (bonus bebè) di cui all’articolo 1, commi 248 e 249 della legge n. 205/2017 e per l’intervento “premio alla nascita” (L. 232/2016);
Prestazioni economiche derivanti da riduzioni di oneri previdenziali (TBC e Maternità) 540 milioni di euro (-7,4% rispetto ai 583 milioni del 2017), flessione riferibile al contenimento del contributo destinato a garantire le erogazioni;
Sgravi e altre agevolazioni contributive 17.821 milioni di euro (-15,2% rispetto ai 21.014 milioni del 2017). La notevole riduzione è connessa alla normativa vigente nell’anno in materia di contribuzioni a carico dello Stato per le nuove assunzioni con contratti a tempo indeterminato di cui alle leggi n.190/2014, n.208/2015 e al D. Legislativo n.151/2015;
Altri interventi 1.603 milioni di euro (-30,4% rispetto ai 2.302 milioni del 2017).
Insomma, pare proprio che lo Stato faccia la sua parte e rispetti gli impegni anche perché il bilancio della GIAS deve essere in pareggio. Questa struttura del bilancio dell’Inps è stata prevista (sia pure con successive modifiche) dalla legge n.88 del 1989. La fatidica e salvifica separazione non è dunque una novità.