Il Governo lavora alla messa a punto di un provvedimento per contenere gli effetti del coronavirus sul sistema economico italiano. Il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, ha detto che il pacchetto di misure, che con tutta probabilità conterrà interventi a sostegno del credito per le imprese, sarà pronto nei prossimi giorni. Intanto il titolare del dicastero di via XX settembre, Roberto Gualtieri, ha firmato un decreto per sospendere i versamenti delle imposte in 11 comuni (tra cui Codogno, Casalpusterlengo e Vo’) fino al 31 marzo. Il ministro ha anche annunciato di aver concordato con l’Abi la sospensione delle rate dei mutui sempre per questi paesi del lodigiano e della provincia di Padova. Abbiamo chiesto un commento alle mosse dell’esecutivo a Luigi Campiglio, Professore di Politica economica dell’Università Cattolica di Milano.
Professore, cosa ne pensa di quanto il Governo ha finora messo sul tavolo e di quello che conta di fare?
Prima di rispondere mi lasci fare una premessa. La politica in generale, e la politica economica che ne segue, può accelerare l’estinzione del virus, che di per sé è lunga. E deve anche pensare al dopo, a quando l’epidemia sarà passata. L’esperienza cinese, in cui non è ancora chiaro se sia stato raggiunto o meno il picco di contagi, ci dice che la politica medico-sanitaria è destinata a durare nel tempo. Qui come in Cina, poi, le aree colpite sono tra le più produttive e aperte agli scambi commerciali. Credo che quel che ha funzionato lì possa funzionare anche qua. Tuttavia si ha la netta impressione che lo sforzo economico prodotto in Cina, da noi manchi.
Mi sembra che il suo giudizio sul decreto emanato non sia positivo…
Non è che dichiarare esenti dal versamento di imposte e rate sui mutui abitanti e imprese di alcuni comuni fino al 31 marzo giovi più di tanto. Occorre un sostegno molto più forte su due piani. Il primo è quello sanitario, perché le manovre finanziarie degli ultimi dieci anni anni hanno colpito in particolare la sanità e l’istruzione. Nella sanità pubblica c’è un grande impegno delle persone, ma appare evidente che oggi paghiamo ciò che non è stato fatto negli anni passati, a livello di trasferimenti e non solo di investimenti. La situazione potrebbe essere affrontata meglio sul piano medico se ci fossero le risorse. Questo aiuterebbe anche a ridurre i “tempi di recupero”.
Qual è invece il secondo piano su cui occorre un intervento più deciso?
Chi abita in quella che è stata già ribattezzata “zona rossa” deve poter guardare da qui a fine anno: una sospensione dei pagamenti fino al 31 marzo non risolve i problemi dei cittadini, che penseranno già a inizio aprile, quando bisognerà pagare anche gli arretrati. Siccome è come se tutto si fosse fermato, allora bisogna dare un orizzonte di sospensione che vada quanto meno oltre l’estate.
Non pensa che ci sia anche un problema “geografico” degli interventi, cioè che si dovrebbe andare oltre gli 11 comuni citati nel decreto?
Esiste un “triangolo”, che grosso modo è quello che si potrebbe disegnare unendo Milano, Vicenza e Modena, importante dal punto di vista economico, che dovrebbe essere difeso a tutti i costi. Lì c’è il cuore produttivo del Paese. Vanno tutelate le imprese con interventi ad hoc nell’ambito del credito, ma anche con un sostegno economico laddove esistono obiettive difficoltà, perché già senza coronavirus il primo trimestre di quest’anno era destinato a non essere positivo.
Che tipo di sostegno economico bisognerebbe mettere in campo?
Ce ne possono essere molti, ma non dimenticherei che questo triangolo economico è cresciuto grazie a una forte imprenditorialità che poggiava su una crescita della domanda interna. Quando una delle imprese riusciva ad avere successo sul mercato “locale”, allora si proponeva in ambito nazionale e internazionale. Questo avveniva in virtù del fatto che esisteva ed esiste una cooperazione fra imprese che adesso è probabilmente ancora forte, ma che potrebbe indebolirsi se la domanda interna dovesse venire a mancare. Ecco che allora che il fronte delle imprese sarebbe più forte se la popolazione fosse più robusta dal punto di vista della capacità di reddito.
Quindi servirebbero misure specifiche per i cittadini e le famiglie: potrebbero essere maggiori sussidi per chi è senza lavoro e sgravi fiscali per chi ha un’occupazione?
Sì, assolutamente. Il problema è che fondamentalmente, in modo graduale perché tutto è iniziato nel 2008, il potere d’acquisto degli italiani è diminuito. Siamo diventati più poveri. Il reddito disponibile pro capite oggi è ancora quello di vent’anni fa. Abbiamo quindi bisogno che questo preziosissimo pezzo del Paese continui a funzionare bene.
Sta parlando di interventi che richiedono risorse importanti, anche per garantire maggior credito.
La Bce ha fatto di tutto e di più per creare opportunità per erogare prestiti, ma il risultato è che non vengono concessi alle attività produttive che ne hanno bisogno. Occorre fare in modo che il denaro arrivi alle imprese con una qualche forma di assicurazione, magari con fondo garantito dallo Stato, per evitare che si crei una nuova situazione di crediti inesigibili. Inoltre, occorre che anche l’Europa faccia la sua parte. Finora non ha fatto sentire la sua voce, ma è fondamentale, visto anche quel che sta accadendo ai cittadini italiani in altri Paesi Ue. Francia e Germania dovrebbero fare in modo che venga rafforzata un’Europa pacifica. Bisogna essere consapevoli che l’Ue rischia di essere indebolita e che occorre evitare che ci sia una crisi europea. Lo strumento per farlo non è isolare e lasciare sola l’Italia. Non voglio dare indicazioni operative, più che altro perché la situazione è troppo fluida per dire esattamente cosa fare. Mi lasci però aggiungere una cosa.
Prego.
Questa vicenda del coronavirus, a mio parere, sta mostrando che gli Stati esistono ancora e che c’è stato un eccesso di globalizzazione. Non immagino certo l’autarchia, ma sono convinto che esistono delle comunità nazionali, che hanno un loro capitale sociale e che fra loro cooperano. È da qui che l’Europa può ripartire.
(Lorenzo Torrisi)