Quello delle negoziazioni è un mondo complesso e affascinante che da anni è oggetto sia di miei studi e ricerche, sia di mie consulenze e docenze. Una delle esperienze che più mi continua ad arricchire è data senz’altro dai master one-to-one che il mio team ed io organizziamo esclusivamente per CEO e presidenti di grandi aziende. È interessante poter analizzare, in retroscena o in diretta, in che modo queste persone gestiscono negoziazioni complesse nei confronti sia di stakeholder esterni, sia dei propri collaboratori.
Dopo numerose e approfondite osservazioni è stato quindi possibile stilare un elenco dei principali errori che caratterizzano le negoziazioni svolte dai suddetti “capi”. Il primo errore è dovuto alla superbia derivante dalla loro posizione che li conduce a non dedicarsi a sufficienza alla propria preparazione in vista di una negoziazione. Durante alcune esercitazioni con dei CEO ho infatti notato che se chiedo loro quanto tempo pensano di avere a disposizione per prepararsi a una negoziazione contro un membro del mio staff, essi tendono a indicare come necessario un tempo di studio delle informazioni molto inferiore a quello reale, a volte addirittura la metà.
Con figure quali manager e dipendenti, invece, ho riscontrato il fenomeno opposto: essi fanno di tutto per ottenere quanto più tempo possibile per prepararsi, a volte chiedendone addirittura troppo. Si ritiene infatti, sbagliando, che un responsabile di qualunque settore, avendo già visto numerose negoziazioni, sia in grado di prepararsi in molto meno tempo rispetto agli altri. Tuttavia, un vero esperto non necessariamente si prepara in meno tempo, riesce piuttosto, grazie a un metodo fatto proprio, a stimare con precisione la quantità di tempo che gli occorre per essere preparato al meglio.
Il secondo macro-errore che ritengo caratterizzi in particolare i “grandi capi” è quello di ambire a chiudere una negoziazione a tutti i costi, senza accettare un no come risultato. A confermare e certificare questo fenomeno ci pensa una ricerca pubblicata dall’Harvard Business Review, nella quale vengono analizzate le trattative condotte dai CEO di alcune delle più grandi aziende americane, dimostrando come essi concludano spesso affari con un prezzo superiore a volte anche del 30% di quello a cui avrebbero altrimenti concluso i loro rispettivi manager. Ritengo che questo fatto sia dovuto, in parte, alla necessità da parte di un CEO di “mostrare lo scalpo” della controparte e, in parte, al suo terrore di tornare da una trattativa a mani vuote subendo di conseguenza il giudizio dei collaboratori per non essere stato in grado di arrivare a un accordo.
Il terzo ma più importante errore è quello di pensare di non aver bisogno di un training sulla negoziazione. La mia esperienza mi porta a dire che il modo migliore per far capire loro che tutti possono migliorare, e di molto, le proprie competenze negoziali è quello di proporre loro un’esercitazione durante il primo incontro dei master, ma non contro di me o un altro senior, bensì contro una giovane associate. Puntualmente, la loro grande esperienza viene sconfitta da una metodologia ben precisa che la associate, spesso nemmeno trentenne, ha imparato e fatto propria.
Per concludere, vorrei spezzare una lancia a favore di un aspetto più che positivo che caratterizza il lavoro e il training con grandi CEO, ovvero la loro determinazione a volersi riconfermare i numeri uno dopo una prima bruciante sconfitta negoziale. Non è un caso, infatti, che in ciascuna azienda con cui lavoro la prima persona che proponiamo di formare sia proprio il CEO, in quanto diventerà poi il più grande e serio sponsor di un apprendimento completo e metodologico sulle modalità con cui condurre una negoziazione.